Pusha T è intervenuto alla Red Bull Music Academy di Berlino per parlare della sua collaborazione con Kanye e della rivalità con Drake che emerge suoi testi. Ecco un estratto dell’intervista.
Com’è stato crescere in Virginia?
Virginia Beach non è una grande città, e penso che sia proprio questo a rendere così speciale tutto quello che viene da lì. È una città militare, quindi interessante se si parla di influenze musicali; ho sempre cercato di tenermi aggiornato su quanto stava accadendo nell’hip hop degli stati del Sud, in quello della bay area, e, naturalmente, a New York. New York ha avuto per me un’influenza importante. La mia era solo una piccola cittadina con un sacco di influenze diverse, e forse lo si può attribuire essenzialmente alla presenza militare.
Come si lavora con Kanye West?
Quando parla di me, mi dice sempre “la tua voce è lo strumento. É come se dovessi ridurre le canzoni al minimo apposta per te, questa volta tu sei lo strumento più di quanto lo sia io”. È come se avesse individuato il sound più adatto a me. In senso musicale ha trovato il nuovo sound di Pusha T. Se oggi pensi a brani come Numbers on the board, Nosetalgia, The games we play, se pensi a Come Back Baby, è lui che ha trovato la formula giusta.
Come si svolge il processo tra te e Kanye nella realizzazione delle registrazioni?
Quello che facciamo, prima di recarci nel Wyoming [dove registrano], è che io vado da solo in giro a parlare con produttori nuovi, giovani, indiscriminatamente, sento qualcosa che mi piace e me lo prendo. Ci aggiungo le rime, lo trasformo in rap, lo lascio lì e lo metto da parte. Quando ho sostanzialmente trovato la voce giusta per il progetto, la giusta direzione e tutto il contesto, lo porto a Ye e gli dico “Hey, ho l’album pronto”. Nove volte su dieci non avrà ascoltato la strofa, magari gli ho proposto io il beat, e lui dirà: “Mhm, questo mi piace” oppure: “Questo non mi piace”, così, con me che scelgo e lui che controlla, scrivo tutto quanto. E poi glielo faccio ascoltare e lui fa: “Ma sì! Abbiamo l’album, finiamolo in fretta”.
È andata così anche per l’ultimo album, Daytona?
In quel momento stavamo facendo un sacco di cose insieme, e lui diceva cose del tipo: “Ehi amico, penso veramente di poterlo migliorare” e io: “Perfetto”, ma io ero pronto a uscire, non stavo più nella pelle. E lui: “Penso proprio di poterlo migliorare”, e io: “Lo sai che sei stato tu a scegliere tutti questi beat e a sottoporre il progetto all’A&R?”, e lui: “Lo so amico mio, ti sto solo dicendo che penso di poterlo migliorare”, bisogna solo andarsene via, come quando si ha bisogno di farsi curare. Avevo l’impressione che stesse solo chiedendo di spostarsi con la testa in un luogo diverso. E io: “Va bene, proviamo. Andiamoci”, e, voglio dire, è successo tutto molto in fretta, in pochi giorni, quattro giorni, una settimana, siamo stati in montagna nello Utah finché non ce l’abbiamo fatta.
Come siete arrivati alla copertina di Daytona?
Stavo girando un video promozionale senza avere ancora la copertina per l’album che sarebbe uscito il giorno successivo. Ho trovato una mia foto, molto bella – mi piace molto – e mi piace l’idea di avere le mie foto sull’album. Io mi piaccio, voglio che mi si veda. Certo, non credo ci siano molte altre domande da fare. Alle 12.00, forse all’una di notte, mi arriva una chiamata ed è lui che mi chiede: “Ehi amico, non sono convinto che questa copertina rispecchi la grandezza di quello che c’è dentro questo album” E io gli rispondo: “Per prima cosa è una mia foto, e sarà meglio che io riesca a rispecchiare la grandezza di quello che c’è dentro questo album, che cosa vuoi dire?”. “No, mi è venuta quest’idea, mi è venuta un’idea, lasciami solo spiegare, ma non lo stiamo facendo uscire proprio adesso, giusto?”
Che cosa mi puoi dire della rivalità con Drake, puoi parlarmene un po’?
È pura competizione. Cioè, lui fa uscire dei dischi con quello che vuole dire e allora si incomincia a darsi battaglia e ci si risponde a suon di metriche. Questo è ciò che faccio. Credo che sia solo un aspetto della competizione, tenere testa e fare quello in cui si crede.