Claudio Baglioni che lascia a piedi Francesco De Gregori dopo che è sceso dall’auto a spingere, «rigido come un pupazzo». È uno degli aneddoti che il cantautore di Strada facendo racconta oggi sul Corriere della Sera in un’intervista ad Aldo Cazzullo.
De Gregori «disse in un’intervista, a Re Nudo o al Mucchio Selvaggio, di voler “inquinare il mare tranquillo e tranquillizzante di Mino Reitano e Baglioni”. Io gli risposi, non da una rivista alternativa ma da Sorrisi e Canzoni, che neanche Buonanotte fiorellino era un inno rivoluzionario. Ci fece incontrare un impresario di Cesena, Libero Venturi».
I due diventano amici e vanno «a Jesi a sentire un cantautore allora sconosciuto, Angelo Branduardi. Poi passammo a Cesena dall’impresario, a rifornirci di qualche soldo, e decidemmo di proseguire per un nostro on the road, c’era anche un amico fotografo, Luciano, detto Lucky. De Gregori voleva andare a Parigi. Io li portai in montagna, sulla Marmolada. La macchina si fermò, gli altri scesero a spingere, ripartimmo. Dopo un paio di chilometri mi resi conto di aver dimenticato De Gregori nella neve. Il Principe, in piedi, rigido come un pupazzo, era piuttosto seccato. Il giorno dopo arrivò la notizia della morte di Pasolini, Francesco disse subito: l’hanno ammazzato».
I due hanno anche suonato in piazza del Pantheon, a Roma. ««Pensavamo a un happening; non ci riconobbe nessuno. Provammo con le canzoni più note: un giapponese ci gettò una moneta. E qui le versioni divergono. De Gregori sostiene che ci sono rimasto più male io. Io dico il contrario». Non è l’unica volta in cui Baglioni ha suonato diciamo così in incognito. «In galleria a Napoli» ricorda nell’intervista «racimolai 12.500 lire; e pensai che mio padre mi avrebbe rimproverato per aver fatto soldi in nero. A Grosseto, Elio e le Storie Tese mi iscrissero in incognito a una loro gara di karaoke. Cantai la mia Strada facendo, e fui battuto da due ragazzine che cantavano Tanta voglia di lei».
Per un certo periodo, Baglioni e De Gregori hanno inciso per l’etichetta RCA la cui sede era il ritrovo di cantautori e musicisti in cerca di un’occasione. «Ero timido», racconta Baglioni, «un ragazzo di periferia che non batteva chiodo con le ragazzine. Aspettavano l’occasione, e la nostra sala d’attesa era il bar della RCA. Ti davano un libro da leggere, ti consigliavano un film, e ogni tanto per smaltire i solisti creavano un gruppo: voi sarete i Pandemonium, voi la Schola Cantorum… Passavano Morandi e altri artisti famosi, oppure dall’interfono chiamavano per scherzo: “Il maestro Giuseppe Verdi è atteso in mensa”, “qualcuno ha visto il maestro Donizetti?”. Facevo il corista con le sorelle Bertè, Mia e Loredana, e con Renato Zero, che a differenza mia aveva già qualche soldo in tasca, una volta al cinema Farnese di Roma mi pagò il cinema».
Tornando a inizio carriera, Baglioni racconta di un concorso a Venezia, La Gondola d’argento. «C’era anche Ron. In giuria, i marinai di un nave all’ancora nel porto, cui non importava molto di sentire Notte di Natale: “Dio, tu stai nascendo, e muoio io”. Arrivai ultimo; Ron, penultimo. Meditai di lasciarmi cadere in un canale. Ci salvò un folletto che giocava a cantare l’opera lirica: era Lucio Dalla».