“Life” di Boy George & Culture Club
Boy George torna insieme ai suoi Culture Club a cent’anni dall’ultimo album. E come degli attempati signorotti inglesi farebbero, si sono presi una crociera alla ricerca di avventure esotiche, dal reggae caraibico al funk del nuovo continente. Sempre bello rivedere vecchi amici.
“Iridescence” di Brockhampton
I Brockhampton sono anche degli ottimi rapper, ma hanno un problema: iridescence è un po’ Tyler, The Creator, un po’ NSync, un po’ Kanye, un po’ 21 Pilots, un po’ Eminem. Insomma, è un po’ troppe cose per non sembrare frutto di un bisogno disperato di esserci a tutti i costi, più che di essere.
“Bunny” di Matthew Dear
La musica nera del Deep South americano, la club culture e una sbandata che dura ormai da anni per il Brian Eno dei Talking Heads: Matthew Dear ha cucito splendidamente insieme tutte queste cose. Era facilissimo sbagliare, ma un paio di mani esperte non l’ha permesso.
“Dose Your Dreams” Fucked Up
I veterani del pogo di Toronto pubblicano un’opera di 18 canzoni incastrata nel Seventies Rock. Il tempestoso growl del frontman Damian Abraham potrebbe essere a volte esagerato, ma il senso di avventura è innegabile.
“Fino a Qui” Tiromancino
Quando si fa un album con quattro inediti e 12 nuove versioni sembra sempre una via di mezzo tra una trovata pubblicitaria e un album di Natale fuori tempo. Ma questo disco no: perché i featuring (da Jovanotti a Calcutta) stupiscono e funzionano, e i singoli non sono solo dei riempiposto.
“Exile” di Luca D’Alberto
Se deve metterci il suo nome, Luca D’Alberto preferisce fare tutto da sé e farsi carico delle responsabilità in caso di errore. Ma non ce n’è bisogno: Exile è un disco luminosissimo, un meraviglioso scintillare strumentale, votato alla sperimentazione neoclassica
“Daqa’iq Tudaiq” Jerusalem In My Heart
Musica tradizionale araba e hipsterismo elettronico canadese convivono in uno dei più affascinanti viaggioni della psichedelia contemporanea. Daqa’iq Tudaiq (il terzo del progetto) è un disco perfetto per cadere in trance davanti al laptop.
“Bottle It In” di Kurt Vile
Il guitar hero dell’indie, Kurt Vile, è un maestro nel creare dei fingerpicking rilassanti, con un tono sarcastico e stravagante; Bassackwards è un paradiso di pigrizia di 10 minuti e Loading Zones esalta le sue capacità di trovare dei buoni parcheggi.
“Young Paint” Young Paint
Un progetto a due mani (quelle di Actress, producer inglese) e una periferica, quella di Young Paint, intelligenza artificiale in grado di imparare e rielaborare suoni a partire da un modello (in questo caso un disco di Actress del 2008). C’è davvero bisogno di ascoltarlo per capire che è una figata?
“C’est la Vie” di Phosphorescent
Mentre il folk psichedelico e le chitarre hawaiane sono efficaci nel distendere i nervi, tante piccole scelte banali si accumulano fino a farlo sembrare un disco generico da radio Rock FM statunitense. Piacevole, ma incolore.