Che Robert Smith non faccia musica che segue le buone regole dello streaming è evidente. Basta ascoltare Alone, il singolo col quale i Cure hanno lanciato l’album Songs of a Lost World, in cui la voce del cantante si sente dopo quasi tre minuti e mezzo.
Ora, in un’intervista rilasciata ad Annie Mac e Nick Grimshaw per il podcast Sidetracked, Smith ha spiegato che non ascolta musica sulle piattaforme. «Compro supporti fisici, CD e vinili. Non ascolto musica streaming per una questione di principio, non l’ho mai fatto. Ho una sola connessione Internet a casa ed è collegata a un laptop. Lo accendo, faccio quel che devo fare, lo spengo. Non lo considero una fonte di musica. In verità ascolto la radio, diciamo che sono un po’ all’antica».
Smith ascolta musica anche con gli iPod. «Ne ho tantissimi su cui ho appiccicato degli adesivi, così quando ne prendo uno al buio so che musica contiene. Là dentro c’è roba adatta a ogni stato d’animo. C’è tanta musica che ascolto e che ha anche un significato profondo per me, che mi ricorda momenti e persone, ma non in modo nostalgico».
Nello stesso podcast Smith, che ha 65 anni, dice a proposito del fenomeno pop dell’anno Charli XCX che «è fantastico il modo in cui ha preso piede, ma non è musica che di per sé ascolterei. Se voglio sentire qualcosa dopo aver bevuto un paio di birre, ascolto musica che significa qualcosa per me, come la disco anni ’70, tipo Donna Summer, Chic o Sister Sledge, cose del genere». Sarebbe quindi «un po’ strano e falso se dicessi che la Brat summer mi ha appassionato o che seguo Chappell Roan perché non è roba pensata per me. Quel che hanno fatto è fantastico, ma sarei disonesto se dicessi che le ascolto a casa».
Detto questo, «chiunque vada là fuori e faccia qualcosa ha il mio appoggio, davvero. Odio la gente che se ne sta lì a criticare. Quando sei giovane devi riuscire a sviluppare la capacità di incassare quel tipo di critica. Il mio modo di farlo era pensare che era meglio essere me stesso che chiunque altro. È così che mi sono fatto scivolare addosso le critiche». E a proposito delle recensioni a cinque stelle ricevute dai Cure: «Quando le leggo penso: perché, cosa abbiamo fatto in passato che non valesse cinque stelle?».