Roberto Vecchioni circondato dalle prostitute di Porta Venezia: «Mi presero a borsettate: “Porco, lasciala stare, ti ha detto di no!”» | Rolling Stone Italia
Ricordi

Roberto Vecchioni circondato dalle prostitute di Porta Venezia: «Mi presero a borsettate: “Porco, lasciala stare, ti ha detto di no!”»

La genesi di ‘Luci a San Siro’ (compresa la versione cantata nel 1971 da Rossano intitolata ‘Ho perso il conto’), l’amore a bordo della 600 grigio topo della canzone, che parla della montagnetta e non dello stadio, una serata movimentata a Milano

Roberto Vecchioni circondato dalle prostitute di Porta Venezia: «Mi presero a borsettate: “Porco, lasciala stare, ti ha detto di no!”»

Roberto Vecchioni

Foto: Fabio Leidi

Intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, Roberto Vecchioni ha raccontato tra le altre cose la genesi di Luci a San Siro, una delle sue canzoni più celebri. Con un aneddoto su una serata movimentata con la ragazza e la Fiat della canzone: “Dammi indietro la mia 600, i miei vent’anni e una ragazza che tu sai”.

Il pezzo nasce al Car, il Centro addestramento reclute dell’esercito a Casale Monferrato. Due giorni prima che il cantautore partisse per il servizio militare, il suo primo grande amore lo aveva lasciato dopo quattro anni.

«Erano tutti preoccupati per me, mi chiedevano: perché sei così triste? Avevo una chitarra, ma non riuscivo proprio a scrivere una canzone su un amore finito. Era un sentimento così forte, mi pareva che le parole non bastassero. Le notti non passavano mai, non dormivo in camerata ma al bar dei sergenti, anche se ero solo aviere semplice…». Fu un commilitone emiliano a convincerlo a scrivere quella canzone. «Era noto perché dedito a sedute autosessuali pubbliche, insomma una vera bestia. Eppure si commosse per la mia storia, e mi disse una frase che ancora ricordo: “Tu devi fare questa canzone, perché questa canzone sarà per sempre”».

Alla fine Vecchioni ha scritto Luci a San Siro durante una licenza, «su un tavolinetto rotondo, con le farfalle sotto il vetro. Cominciando dalla fine: il patto con Milano. Perché io, figlio di napoletani, amo Milano. In Luci a San Siro, Milano è una persona viva, cui propongo uno scambio».

Le luci del titolo «non sono quelle dello stadio, dove andavo a vedere la grande Inter. Sono le luci che scorgevamo dalla montagnola di San Siro, quella innalzata con le rovine delle case bombardate. Andavamo là a nasconderci e a fare l’amore. E poi Settimo Milanese, Sesto San Giovanni, il laghetto di Redecesio vicino all’Idroscalo… strade bellissime, vicende fantastiche».

«Una sera eravamo nel boschetto sui bastioni di Porta Venezia. La storia stava finendo. Lei mi disse di no, che non voleva più farlo, e uscì dalla macchina. Io mi gettai nella rincorsa, e mi trovai circondato dalle prostitute. Non mi ero mai accorto di loro. Mi presero a borsettate: “Porco, lasciala stare, ti ha detto di no!”. Me la diedi a gambe. Lasciai lì la 600, tornai a recuperarla il mattino dopo».

Oltre a dire che «Luci a San Siro è un’anticipazione, un atto di preveggenza di quel che sarebbe stata la mia vita, dominata dall’amore» e a spiegare che i versi “Ricordi il gioco, dentro la nebbia, tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là. Ma stai barando, tu stai gridando, così non vale è troppo facile così” sono ispirati a Orazio, Vecchioni ricorda di avere dato una diversa versione di Luci a San Siro a Rossano, che la pubblicò come Ho perso il conto nel 1971, partecipando a Un disco per l’estate.

«Alla radio passavano 100 canzoni, in finale arrivavano le prime 20. Rossano si qualificò come terzo. In tv però nessuno l’aveva mai visto, e lui peggiorò le cose cantando la prima sera con la barba, la seconda senza. In compenso spopolò un’altra canzone composta da me, e cantata dai Nuovi Angeli: Donna felicità. Il bello è che a quel Cantagiro c’ero pure io, con una terza canzone, La farfalla giapponese. Di cui non si accorse nessuno».

Luci a San Siro (2024 Remaster)

ROSSANO - Ho Perso Il Conto - 1971 (Lo Vecchio-Vecchioni)

Altre notizie su:  Roberto Vecchioni