«Fra le varie collaborazioni che ho fatto mi piace ricordare quella con Jovanotti, a New York, per il mio album solista, ma credo che quest’ultima, con Alessandro, sia stata davvero la più particolare» racconta Samuel, mentre parla del lavoro con Mannarino – Alessandro, appunto – per Ultra Pharum, la canzone frutto di questa commistione artistica.
«Red Bull ci ha dato la possibilità di usare il loro studio mobile, a quel punto ho subito deciso di andare in Sicilia, davanti al mare», continua il cantante dei Subsonica. «È stato un sogno che si avvera, poter registrare dove vuoi, dentro uno studio con queste grandi vetrate, lasciandoti ispirare da quello che vedi davanti a te». Durante le registrazioni tra i due artisti è nata una grande amicizia, scandita da tutte le commistioni che i due hanno voluto intrecciare, trovando un ponte tra i loro due suoni.
Samuel, cosa ti piace del collaborare insieme a un altro artista?
Ho sempre pensato che il lavoro insieme a un altro artista debba portare entrambi a uscire dalla confort zone per entrare in luoghi prima sconosciuti, in cui la creatività è più accesa, dove innanzitutto devi inventare un nuovo modo per stare in equilibrio con l’altro. È molto utile fare collaborazioni ricercando questa attitudine e con Alessandro è stato esattamente così: è un processo che raccontiamo anche nella canzone, quando dico “I linguaggi possibili tra le differenze”. Ultra Pharum parla proprio di questo.
Tu e Mannarino provenite da mondi musicali diametralmente opposti. Com’è stato lavorare insieme?
È stato proprio quello il bello: partire da concetti diversi di musica senza farsi condizionare dalla propria identità sonora. Anche se io provengo da un universo più elettronico e lui appartiene al folk, quando si scrive si parte sempre da una chitarra in mano, e così è iniziato. Lui poi ha chiamato alcuni suoi musicisti con gli strumenti acustici, io il mio producer per dargli una veste più ‘da remix’. Così facendo è nata questa canzone ibrida.
Com’è nata l’dea di andare in Sicilia con lo studio mobile?
Appena sono stato contattato da Red Bull ho subito pensato alla Sicilia, che negli ultimi anni ho vissuto in maniere molto ravvicinata, soprattutto Palermo, e per questo ho scelto la costa di Castellammare del Golfo. Il tema centrale di Ultra Pharum è la commistione, l’incrocio tra le differenze, come può essere – ad esempio – l’incorcio fra il mio suono e quello di Mannarino. La Sicilia, poi, è un luogo in cui c’è una grande stratificazione culturale, dove culture diverse si sono incrociate tra loro per millenni, generando una enorme ricchezza artistica ed emotiva. E si sente fortissimo.
Mi pare che uno dei temi della canzone sia l’immigrazione, di cui ogni giorno sentiamo parlare con toni catastrofici. Credi che la musica possa dire la sua?
Ultra Pharum racconta della diversità, di come spesso ci facciamo intimorire dal diverso, quando invece le altre culture sono una ricchezza. Mi piace raccontare l’esempio del sindaco di una cittadina calabrese: vedendo la sua città prosciugarsi, i giovani andavano al nord o all’estero, decise di accogliere tutti i migranti che poteva e affiancarli ai lavoratori locali, assistente idraulico, assistente panettiere ecc. Ora quella città è rinata, diventando una delle zone più ricche e virtuose della Calabria e ora quel sindaco è conosciuto in tutto il mondo. Questo per dire quanto spesso ci facciamo spaventare dal diverso, mentre in realtà dovremmo cercare di analizzarlo come una ricchezza. La musica, poi, è un mezzo potentissimo per raccontare qualcosa e a noi piaceva l’idea di raccontare i linguaggi possibili che esistono fra le differenze, la capacità che qualcosa di diverso possa trasformare in meglio la tua vita.
Se in Ultra Pharum tratti anche di un tema sociale, è sempre più raro che una canzone oggi tratti di certi argomenti al contrario di quanto accadeva in passato, quando la canzone italiana era decisamente ‘politica’.
Io vengo da un mondo musicale che ha sempre trattato temi sociali, perché la società e la politica sono quel meccanismo che noi essere umani abbiamo inventato per stare insieme. Per la mia generazione, quella cresciuta nei centri sociali piuttosto che nelle posse, parlare di politica era come parlare di umanità, cose che ci riguardavano in prima persona, come l’odio o l’amore. Per quanto mi riguarda la musica ha sempre avuto questo ruolo ma, forse, se la musica oggi ne parla meno, forse c’è meno necessità di raccontare questo mondo.
Credi che i giovani artisti di oggi sentano meno l’urgenza della canzone ‘impegnata’?
Non saprei dirtelo, io purtroppo non essendo più giovane (ride) non so cosa potrà accadere in questi termini. Forse è proprio il periodo storico, o forse se ne è parlato troppo in passato. La musica come tutte le forme d’arte vive di una specie di ciclicità, di un onda che sale e scende. Ci sono stati momenti, penso alla fine degli anni ’80, in cui la politica non era neanche presa in considerazione, poi nei ’90 è tornato l’interesse di chiedersi chi ci governa e di come lo fa, com’era negli anni ’70. Ora abbiamo attraversato un periodo un pò più leggero e probabilmente sta tornando un esigenza di chiedersi chi schiaccia i bottoni per noi, perché lo fa e quali convenienze ci siano a farlo, e si tornerà, forse, a parlare di politica e di società anche con la musica.
Quindi dobbiamo aspettarci un Tommaso Paradiso nuovo Francesco Guccini?
Probabilmente (ride). Però bisognerà aspettare per vedere cosa accadrà.
E invece per il tuo futuro, cosa dobbiamo aspettarci? Magari nuove collaborazioni nello studio mobile di Red Bull?
Ora sono al lavoro con Subsonica per il nostro ottavo album, la mia collaborazione al momento è con i miei quattro soci subsonici; stiamo lavorando qui a Torino per costruire quello sarà il nostro futuro. È probabile che nell’album ci sarà anche qualche collaborazione, ma non abbiamo ancora definito di che tipo. Se ci fosse possibilità di tornare a usare studio mobile, magari di nuovo piazzandolo davanti al mare, io ovviamente sarei la persona più felice del mondo e credo anche i miei soci.
Come sta andando questa ‘rimpatriata’ con i Subsonica dopo i vostri lavori solisti?
Da quando esistiamo come band, ognuno di noi ha sempre portato avanti una strada parallela, per cui ci siamo abituati. Io, ad esempio, ho generato Motel Connection o fatto il DJ come Krakatoa, Davide (Boosta, nda) ha suonato con tantissimi artisti in giro per il ondo, Max ha creato Deproducers e Demonology HiFi… Abbiamo da sempre utilizzato la nostra vita solitaria per rigenerare la nostra creatività come band. In questo periodo stiamo scrivendo molto, ad aprile inizieremo a registrare, finiremo l’album con la fine dell’estate e forse, magari, rilasceremo il primo singolo. Ora siamo in quella fase in cui ci stiamo ‘studiando’ fra noi, in cui stiamo miscelando le nostre creatività rimodellate e rivitalizzate per farle viaggiare insieme, in equilibrio.
Ultima domanda: se dovessi scegliere la collaborazione dei tuoi sogni, quale artista sceglieresti?
Uno dei miei artisti italiani preferiti di sempre è Paolo Conte, anche se non credo di essere io il suo artista preferito (ride). Poi penso a tanti giovani, che stanno facendo il bene musica italiana, penso a Willie Peyote o a Cosmo, con cui collaborerei volentieri.