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«Sanremo prende 5 milioni all’anno dalla RAI e non si sa dove vanno a finire»

Enzo Mazza, CEO della Federazione Industria Musicale Italiana, fa il punto sul Festival: «L’Ariston è un “attrezzo” vintage, la città di Sanremo è disorganizzata, gli artisti si esibiscono a fronte di un rimborso di 55 mila euro» che non copre le spese sostenute dalle case discografiche
teatro Ariston sanremo

Foto: Roberto Finizio/Getty Images

Da tempo Enzo Mazza, CEO della Federazione Industria Musicale Italiana che rappresenta le maggiori case discografiche (e non solo) italiane, chiede l’adeguamento delle strutture della città di Sanremo a una Festival diventato sempre più grande. Considera l’Ariston «inadeguato per fare un evento come Sanremo», auspica la costruzione di una nuova struttura in grado di ospitare un Festival che attira una platea sempre più vasta («ci sono state 15 mila richieste di biglietti a fronte di circa 1000 posti a disposizione»), non vede in città migliorie nonostante Sanremo prenda «5 milioni all’anno dalla RAI», spiega che gli artisti si esibiscono a fronte di un rimborso spese (insufficiente) dato alle case discografiche pari a circa 55 mila euro.

Lo ha detto a RTL 102.5 facendo il punto dopo un’annata del Festival felicissima dal punto di vista degli ascolti e della ricaduta sulle classifiche, ma che avendo visto un aumento degli addetti ai lavori e una grandissima partecipazione fuori dall’Ariston ha secondo Mazza messo ancora più in luce certi problemi.

«Il primo punto caldo è il Teatro Ariston, che è un attrezzo, se vogliamo chiamarlo così, vintage sicuramente importante per il Paese e per ciò che rappresenta, ma assolutamente inadeguato per fare un evento come è diventato Sanremo. Tenete conto che quest’anno c’erano 30 artisti. In più, nella serata delle cover del venerdì, c’erano gli ospiti dei 30 artisti e la situazione, anche a livello di sicurezza, era effettivamente molto preoccupante. Tutti quelli che sono stati al Teatro Ariston sanno cos’è, è una bomboniera degli anni ’50, ha caratteristiche sue e diventa oggi, con tutto ciò che ruota intorno all’evento e le persone che ruotano intorno al Festival, un luogo difficile da gestire».

«In più, si somma tutta la disorganizzazione della città: alberghi, traffico, impossibilità di portare gli artisti alle prove. Tutto questo è esploso in un’annata che ha visto una tantissima partecipazione anche fuori dall’Ariston, intorno al palco dove fanno gli eventi, ma potete immaginare cosa accade a chi lì deve lavorare».

Per quanto riguarda i rimborsi spese agli artisti, dice Mazza, «si tratta di contributi spese alle case discografiche, quindi non sono dei cachet per gli artisti. Gli artisti non hanno un cachet, si esibiscono a fronte di un rimborso alle case discografiche che è attorno ai 55 mila euro, più qualche rimborso ulteriore come ad esempio per la serata del venerdì, che è assolutamente irrisorio rispetto agli impegni che vengono assunti dalle case discografiche, perché la serata del venerdì è un evento di spettacolo ma non è un evento discografico, non è che dai questi duetti nascano delle opere discografiche oppure c’è un’utilità dal punto di vista del mercato». Mazza stima che i costi a carico delle case discografiche siano il doppio del rimborso ricevuto. «C’è un impegno che è aumentato negli anni perché sono aumentate anche le persone che ruotano intorno».

«Non chiediamo di cambiare la città, ma di fare interventi che sono necessari da 30 anni. Da quanto vado al festival si parlava di una nuova struttura per fare il Festival e questo non avviene mai. La città di Sanremo prende 5 milioni all’anno dalla RAI per una convenzione, non si sa dove vanno a finire perché ristrutturazioni della città non ci sono, il nuovo palazzetto per gli eventi non c’è, quindi ci chiediamo a che cosa serva questo flusso di denaro se non viene utilizzato per rinnovare la città, per renderla più appetibile. Ci sono state 15 mila richieste di biglietti a fronte di circa 1000 posti a disposizione. Ci sarebbe anche un pubblico di giovani che seguirebbe l’evento».

Costruire una struttura più capiente avvicinerebbe Sanremo a eventi come Eurovision. «I fischi a Geolier venivano da una sala prevalentemente fatta da adulti perché quello è il pubblico di Sanremo, e probabilmente i fischi non sarebbero arrivati se sotto al palco ci fosse stato un pubblico più giovane. Immaginate Eurovision o X Factor, che possono recuperare il pubblico e soprattutto sono eventi innovativi. Qui si sono rinnovati tutti, si è rinnovata la discografia, si è rinnovata la radio, si è rinnovata la RAI. L’unico che non si rinnova è Sanremo».

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