È uscito oggi il nuovo EP dei Santi Francesi, Potrebbe non avere peso, che sarà presentato dal vivo a partire dal 20 novembre in un club tour che porterà il duo piemontese in tutta Italia. L’album contiene sei tracce ispirate dal rock anni Duemila, di ispirazione intima e pensate per essere suonate sul palco.
«Il titolo è nato prima dell’EP e del brano stesso, e spiega un concetto su cui ragioniamo da tempo e che riguarda non solo la musica, ma una certa idea, condivisa da entrambi, della vita. Solo in un secondo momento abbiamo deciso di attribuirlo a questo lavoro e a un brano in particolare», così raccontano Alessandro De Santis e Mario Francese. «Ogni canzone, e quindi parola e suono, è concepita liberamente, senza immaginare un obiettivo o un destinatario. Potrebbe quindi rimanere sospesa, come un’eco. Ma c’è qualcosa di magico che accade quando quei suoni, quei concetti, quelle immagini raggiungono qualcuno: se le canzoni vengono ascoltate, allora sì che acquistano un valore, un peso, una rilevanza, trasformandosi in qualcos’altro. E quel condizionale all’inizio della frase diventa insieme un monito e una salvezza: la differenza la fanno, oggi e sempre, le persone» (leggi qui la nostra ultima intervista con il duo).
Semplificazione, immediatezza, legami. Queste le parole-chiave che legano tutti i brani di Potrebbe non avere peso, che accadono sotto il segno di un condizionale: che «diventa insieme un monito e una salvezza: la differenza la fanno, oggi e sempre, le persone». Concludono i Santi Francesi: «Queste canzoni sono un colpo ben assestato che ci taglia fiato e gambe, ci mette in ginocchio, ci fa portare le mani al petto e ci lascia imploranti di fronte a tutti voi. Queste canzoni chiedono calma, gentilezza e rispetto, e come tutta la musica, chiedono di essere ascoltate. Fino alla fine».
Per accompagnare l’uscita, il regista Massimo Coppola ha scritto e diretto un cortometraggio, anzi, una Conversazione che potrebbe non avere peso, che trovate qui sotto:
Coppola racconta così il progetto e i due artisti: «Alessandro e Mario sono teneri, liberi, spaventati, potenti, gioiosi, intensi; giocano insieme, connessi da un semplice ma sofisticato sistema gravitazionale. Vicini e distanti e distanti e vicini, la forza che li muove – sono mossi, infatti, sembra prescinda dalla loro volontà – e misteriosa, ne intravediamo la forma nei silenzi tra le loro note, e in quei silenzi, quegli spazi, è dolce fluttuare. Questo l’ho scoperto mentre giravamo, fluttuando insieme intorno alle parole; una conversazione in un set essenziale, in bianco e nero, su un divano tra due piante, con due ventenni degli anni venti. Ci è venuto in mente Between Two Ferns di Zach Galifianakis, anche se (temo) facciamo molto meno ridere di lui…».