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Scott Stapp dei Creed, quando sei talmente fatto da aver paura della tua band

Il cantautore ha litigato praticamente con tutti i membri della band, ma è con l’amico di sempre, Mark Tremonti che ha accumulato più acredine
Creed - Foto di Sacha Waldman

Creed - Foto di Sacha Waldman

Le canne delle mitragliette MP5 sono più fredde di quanto aveva immaginato. Scott si era convinto che sarebbe bastato appoggiare i due otturatori contro le tempie perché gli passasse la voglia di farlo, eppure l’unica cosa a cui riesce a pensare, seduto su quel divano, in una casa gonfia di silenzio, è a quanto sia fastidiosamente freddo il metallo che gli leverà l’ultimo respiro di gola. Sul tavolino lo fissa l’etichetta di una bottiglia di Jack Daniel’s, sul fondo c’è una bava di liquido arancione e gli basta far caso all’odore del whiskey per ricordarsi di averne ancora la pancia piena. Ha pensato di scrivere una lettera, ma poi ha lasciato perdere, ha preso una foto del figlio Jagger, e ha sperato che quegli occhi così simili ai suoi gli dicessero qualcosa di abbastanza potente da tirarlo fuori dal pozzo anche quella volta. Si è dato una scadenza: se quando le guance si fossero asciugate avesse ancora sentito il dovere di farlo, avrebbe premuto il grilletto. Ma a un istante prima dell’inevitabile un pensiero si infila sotto la coltre d’alcol che gli appesantisce la testa, ed è più potente di qualsiasi foto o ricordo, una convinzione agghiacciante: quelli della sua band stanno per fregarlo.

Anthony Scott Flippen nasce l’8 agosto del 1973 a Orlando, Florida, e i suoi primi anni assecondano il trito copione delle infanzie problematiche. Un giorno, Scott è seduto con il padre nel soggiorno di casa sua quando, senza fornire una vera spiegazione, il vecchio si alza dal divano e infila la porta di casa per non fare mai più ritorno. Il bambino è ancora troppo piccolo per capire cosa stia succedendo, ma la situazione è abbastanza critica da costringerlo a crescere alla svelta. Nel giro di pochi mesi Scott sviluppa sufficiente fiducia in sé stesso da prendere in mano le redini del carrozzone famigliare e tenerle salde finché sua madre non decide di risposarsi con tale Steve Stapp, un dentista. Scott cede a malincuore il testimone di uomo di casa al padre adottivo e in cambio ottiene molestie e intimidazioni, un cocktail quotidiano in cui il cavadenti mescola in egual parte percosse e precetti religiosi.
L’adolescenza di Stapp è un ottovolante che schizza a tutta velocità toccando alti e bassi, successi scolastici e fughe da casa, trionfi sportivi e sbronze abrasive. La corsa finisce appena Scott viene espulso dal college per aver fumato erba e decide di lasciare la casa della madre. Dopo essersi trasferito per un breve periodo a Chattanooga, torna a Orlando per riallacciare i rapporti con il suo padre naturale e per iscriversi alla Florida State University. Qui ritroverà un amico del liceo, Mark Tremonti, con cui nel giro di poco tempo fonderà una band che più avanti prenderà il nome di Creed.
Siamo nel 1993, la bomba del grunge è deflagrata da abbastanza tempo da disseminare emuli in ogni dove. È l’anno di In Utero dei Nirvana e di Vs. dei Pearl Jam, ma è anche l’anno di Undertow dei Tool, i Soundgarden non hanno ancora sganciato Superunknown ma nelle redazioni dei magazine musicali già si comincia a parlare di post-grunge, a immaginarsi cosa accadrà una volta che l’effetto Nirvana si sarà esaurito, e il più delle volte, le bussole tendono a orientarsi verso il metal.

Quando nel 1997 i Creed danno alle stampe il loro primo disco, My Own Prison, chi aveva scommesso su un ibrido mainstream di grunge e metal incassa il jackpot. I Creed sono riusciti a limare le imperfezioni del grunge e gli spigoli del metal e a incollare le due anime in un prodotto vendibile. La critica più esigente li liquida (non senza ragioni) come una band di tamarri senza talento; il pubblico invece li adora, tanto che My Own Prison vende 6 milioni di copie, mandando tutti e 4 i singoli estratti in testa alle classifiche (è la prima volta che succede, con un album di debutto). Nel 1999 la band rilancia con Human Clay e dà forma definitiva a un successo che molti avevano temuto (o sperato) fosse solo un colpo di vento.
Ma si sa, le interviste, i tour interminabili, il calendario soffocante, sono il vero banco di prova per una band: se qualche elemento non è perfettamente incastrato nel progetto è destinato ad allentarsi e a cadere come un bullone avvitato male. Quel bullone, nel caso dei Creed, è Scott Stapp.
Quando le cose avevano cominciato ad andare per il verso giusto, Scott non si era scomposto più di tanto: per una persona religiosa quanto lui non poteva essere altro che la conferma che Dio aveva un piano per lui, in cui tutte le sofferenze accumulate durante l’infanzia servivano come necessaria anticamera alla gloria e alla pace terrena. Il tour del terzo album, Wheathered, manda in frantumi questa ingenua convinzione. Stapp ha litigato praticamente con tutti i membri della band, ma è con l’amico di sempre, Mark Tremonti, che i ferri sono più corti. Il fatto è che Scott è sempre meno lucido, il successo l’ha indotto ad abbassare le difese e il pesante bagaglio di molestie e traumi che si trascina dietro fin dall’infanzia si è aperto rovesciando tutto fuori. Scott beve come un lavandino e ha sviluppato una forte dipendenza da antidolorifici, le sue performance sono sempre più scarse, ogni concerto è un passo più vicino al baratro, finché, inevitabilmente, arriva il momento della catastrofe: il 29 dicembre del 2003, alla Allstate Arena di Chicago, Scott sale sul palco in condizioni disastrose, è fatto come un’acciuga, si dimentica le parole delle canzoni, si strattona da un punto all’altro del palco inciampando su se stesso, dopo poche canzoni sembra quasi svenire; la situazione è talmente imbarazzante che i fan organizzeranno una class-action chiedendo alla band 2 milioni di euro di danni.

Ci vorrà un anno prima che i Creed decidano di sciogliersi, ma il concerto di Chicago ha già messo il coperchio sulla bara e Scott Stapp è ormai in balia di se stesso: si gonfia ogni giorno di alcol, isolandosi sempre di più nel suo bozzolo di paranoia. La sera in cui si scola una bottiglia di Jack Daniel’s e impugna due MP5, è davvero deciso a farsi saltare le cervella; ma poi ha un’illuminazione: non è lui a volerla fare finita, se è lì, su quel divano, è perché qualcuno ha voluto che succedesse. È tutta una cospirazione, i suoi compagni di band lo hanno spinto sull’orlo del suicidio, consapevolmente, e il motivo è che vogliono trasformarlo nel nuovo Kurt Cobain, e riempirsi ancora di più le tasche sfruttando il suo nome.
Nel 2004 i Creed si sciolgono ufficialmente e Scott Stapp, per evitare di precipitare in picchiata nel pozzo delle dipendenze, si aggrappa al salvagente universale del progetto solista. Tra il 2005 e il 2009 pubblica un disco a suo nome, sposa la ex-Miss New York Jaclyn Nesheiwat e ha una seconda bambina. All’apparenza, Stapp conduce una vita normale e appagante, collabora a diversi progetti, non sta fermo un secondo; in realtà, all’ombra dei riflettori, sta combattendo una battaglia sempre più dura con i propri demoni. Nel 2006, le sue condizioni sono talmente gravi da indurlo a tentare il suicidio, questa volta sul serio: è a Miami, sono giorni che assume alcol e droghe a ritmo continuo, senza dormire, senza darsi pace, per cercare riparo dalle voci che gli sciamano in testa entra nell’hotel Delan e prende una stanza nell’attico. Qui la situazione peggiora, ormai totalmente fuori controllo Scott si convince di essere in un manicomio e decide di scappare buttandosi dal balcone. È al 17esimo piano ma la sua caduta finisce dopo 12 metri, interrotta da un cornicione di cemento che gli fratturerà cranio, bacino e naso, salvandogli la vita. Rimarrà lì per quasi due ore, incapace di muoversi, rassegnandosi a una morte lunga e dolorosa, quando per puro caso il rapper T.I. si accorge di una goccia di sangue che cola da un cornicione dell’albergo, e interviene per salvarlo.

Nel frattempo i suoi ex-compagni di band se la passano piuttosto bene, dal 2004 Mark Tremonti e gli altri riempiono arene sempre più grandi con gli Alter Bridge. Ma siccome il tempo lenisce ogni ferita, nel giro di pochi anni l’acredine tra Stapp e Tremonti si diluisce a sufficienza da rendere possibile una reunion. Siamo nel 2009, e da qualche tempa la scena musicale è paralizzata dalla fregola delle reunion: band che sembravano sciolte per sempre trovano magicamente la forza (e i cachet) per tornare a suonare insieme: i Rage Against The Machine, i Pixies, i Blur; molte band degli anni ’90 si affannano a seppellire asce di guerra; e i Creed non son da meno. Nell’ottobre del 2009 esce Full Circle, ricominciano i tour, le interviste, e naturalmente, i litigi all’interno della band: Stapp e Tremonti si allontanano di nuovo, questa volta in maniera netta; nell’ambiente si vocifera di un quinto album, ma nel 2012 appare chiaro a tutti che i Creed sono ormai in animazione sospesa.
È a questo punto che Scott scivola di nuovo nel pozzo buio da cui era affiorato a fatica e, come spesso accade, la seconda caduta è peggiore della prima: Stapp riprende a bere, a farsi di farmaci e droghe, ogni tanto ha la lucidità necessaria a rendersi conto di avere bisogno di aiuto, ma gli esperti a cui si rivolge si limitano a mettergli in tasca altri antidepressivi. La situazione precipita definitivamente nel dicembre del 2014 quando sulla pagina Facebook del cantante appare un video in cui chiede aiuto ai fan, sostenendo di essere in bancarotta, di non avere un posto in cui vivere e di aver minacciato di uccidere la propria moglie e i propri figli: “Ero nel pieno di una crisi allucinatoria” dichiarerà tempo dopo alla rivista People “Ho guidato per tutto il paese per un mese intero seguendo un angelo che vedevo apparire sul cofano della mia macchina. Mi ero pure convinto che la mia famiglia fosse coinvolta nell’ISIS e che mi avessero sottratto milioni di dollari per finanziare il terrorismo islamico.”

Nel giro di pochi mesi la moglie chiede il divorzio e ottiene la custodia dei due figli. Eccola, l’ultima goccia: Stapp è di nuovo nel pozzo nero che ha cominciato a scavare durante l’infanzia, solo che ora è molto più profondo e scivoloso; tutti si aspettano che tenti di nuovo il suicidio, invece lui trova la forza di chiedere aiuto e di farlo alla maniera classica: si fa ricoverare in una clinica di riabilitazione, da cui alcuni mesi dopo esce pulito e con un disturbo bipolare ufficialmente diagnosticato.
Ora che ha conosciuto tutti i suoi demoni, Scott è un uomo nuovo: ha riconquistato la fiducia della moglie e ha una nuova band, gli Art of Anarchy, di cui è il leader. Solo i Creed ancora tengono chiusa la porta, nonostante lui continui a ripetere che la band non si è mai sciolta. In vent’anni Stapp ha combattuto molte battaglie, ma la sfida più difficile deve ancora vincerla: riconquistare la fiducia dei suoi ex-compagni di band, e possibilmente, anche quella dei fan che gli hanno fatto causa.

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