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Se il buongiorno si vede dal primo singolo

Nei giorni scorsi sono usciti i primi due estratti dal nuovo disco dei Gorillaz e da quello dei Jamiroquai. Delusi? Ritorniamoci su, magari non erano poi così male
Art: Andrea Cremascoli

Art: Andrea Cremascoli

Negli scorsi giorni sono usciti due singoli molto importanti perché di due band decisamente importanti: Hallelujah Money dei Gorillaz e Automaton dei Jamiroquai. Qualcuno se li sarà persi, qualcuno ce li avrà in loop tutto il giorno e qualcun altro, un po’ deluso dopo un primo ascolto, li avrà accantonati, magari liquidandoli con un post o un commento negativo sui social.

C’è da dire che entrambi i singoli (e quindi anche i video) sono i primi a uscire dei rispettivi nuovi album, per cui ci sta che si costruiscano discussioni più o meno lecite su come sarà il disco, su quale sarà a grandi linee la direzione presa rispetto ai precedenti. In più, sono almeno sei anni che non esce nulla dei Gorillaz e sette dei Jamiroquai: un po’ di attesa è più che normale.

Cronologicamente, il primo dei due singoli è uscito il 19 gennaio. Potrà sembrare poco, ma Hallelujah Money dei Gorillaz ci sta già dicendo tantissimo su cosa frulla per la testa di Damon Albarn in questo momento. Tanto per cominciare, il boss dei Blur non ha rispettato la promessa iniziale di fare un disco veloce, i cui brani “non sono mai sotto le 125 bpm [battute per minuto, ndr]. Quello che ci si para davanti invece è un pezzo lento, quasi solenne, in cui Benjamin Clementine un po’ canta e un po’ pronuncia un’omelia spiritual con tanto di cori in sottofondo. Al solito, Albarn non ci mette mai il volto, ma interviene verso metà con un effetto telefonico sulla voce. Non ci vuole una laurea per capire che Hallelujah Money non è per nulla “radiofonico” come primo singolo, per lo meno non come lo era stato Feel Good Inc per Demon Days nel 2005 o, chessò, Clint Eastwood per il disco di debutto nel 2001. E allora perché puntare su un sound più “difficile” e su un video d’impatto, con gli occhioni sbarrati di Clementine che ti bucano la retina mentre sullo sfondo passano immagini di pozzi petroliferi in fiamme? La descrizione YouTube del video parla chiaro: “La band ha fatto uscire questa canzone la sera dell’insediamento del neo-Presidente eletto Donald Trump per commentare un momento storico fortemente appesantito dalla politica.” In fin dei conti, i Gorillaz sono sempre stati il canale di Albarn per suonare ma soprattutto dire quello che gli pare, per quanto credo nessuno dei membri dei Blur si dissocerebbe mai da una critica aperta a Trump e al Dio Denaro. Di Hallelujah Money quindi se non altro apprezzo il coraggio prima di tutto di schierarsi, di prendere una posizione a costo di compromettere l’intera immagine di un album. Scadere in una hit da classifica sicuramente avrebbe aiutato di più parlando di numeri (25 mila dislike su YouTube sono tantini) ma forse ne avrebbe screditato un po’ troppo il messaggio. Quindi, il nuovo dei Gorillaz sarà una Santa Barbara di armi politicizzate? Non è detto, e quasi sicuramente non sarà così, ma la stima che già nutro per Damon Albarn con il primo singolo è salita almeno di tre, quattro tacche. E detto fra noi, anche il pezzo è validissimo—non fate quelle facce, i pattern primordiali di drum machine e i cori gospel/spiritual sono elementi super ricorrenti nei Gorillaz.

Meno coraggiosi sono stati i Jamiroquai. Meno ma non nulla, eh, perché, così come i Gorillaz, Automaton esce dalla comfort zone del passato. Anche qui, non è detto che il disco omonimo non sarà più farcito del funk anni Settanta à la Chic e Sly & The Family Stone con cui i Jamiroquai si sono comprati casa, ma come primo singolo direi che l’elettronica è arrivata di prepotenza anche sul pianeta di Jay Kay. Nell’ordine, l’arpeggio iniziale sembra uscito dallo studio di Kavinsky, la strofa da quello dei Chemical Brothers, il ritornello da quello di Giorgio Moroder e lo special dalla cantina di Kurtis Blow. Fior fior d’artisti, eh, ma appunto un po’ troppi perché si possa parlare di coerenza fra le parti del pezzo, che comunque rimane una succosissima hit. Dal video poi ci arriva anche una nuova immagine del cantante, che ha sostituito le penne del copricapo indiano con flap motorizzati e ricoperti di LED. “L’ispirazione per Automaton deriva dalla presa di coscienza dell’ascesa dell’intelligenza artificiale e della tecnologia nel mondo quotidiano” recita la descrizione del singolo e—chissà?—anche dell’album. “E di come da umani stiamo iniziando a dimenticare gli elementi più semplici, piacevoli ed eloquenti nella vita, incluso il relazionarsi con altri esseri umani.” Ora, la critica seppur sociologica (e non politica come i Gorillaz) c’è, così come la potenziale e meritatissima hit dopo sette lunghi anni di silenzio. Ma come fare coi troppi fan delusi? Due consigli sempre validi: mai fidarsi dell’hype e apprezzare sempre chi ci mette un briciolo di coraggio.

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