I Guns sono tornati. E le polemiche, i pettegolezzi, le plastiche o non plastiche, il presunto alcolismo, il possibile bipolarismo, le liti e le riappacificazioni, i chili di troppo e i capelli in meno: tutto quel chiacchiericcio si è volatilizzato quando dal palco di Imola è esplosa la prima nota di It’s So Easy. Facile è stato (o almeno è sembrato) attraversare una carriera discografica che ha dominato il pianeta per un decennio, tra la fine degli anni Ottanta e la prima metà dei Novanta, e che ha cresciuto musicalmente gli odierni quarantenni, tutti presenti nel “Golden Circle” dell’autodromo, pronti ad intonare successi leggendari come Welcome To The Jungle, Sweet Child O’ Mine, November Rain, Don’t Cry e Paradise City.
Otto i brani scelti per il live tra i dodici contenuti nell’album Appetite For Destruction, che nel 1987 ha consacrato i Guns N’ Roses tra le migliori band del mondo. Poi le cover: Knockin’ On Heaven’s Door di Bob Dylan, Live And Let Die di Paul McCartney & Wings, Attitude dei Misfits cantata dal bassista Duff McKagan, una breve intro di Speak Softly Love di Nino Rota (nota colonna sonora de Il Padrino) e Wish You Were Here dei Pink Floyd, in una splendida versione strumentale dominata dal genio di Slash. Inaspettato l’omaggio finale al compianto Chris Cornell, con la cover di Black Hole Sun dei Soundgarden che ha riempito di malinconia l’autodromo.
Al netto di fuochi d’artificio, teschi e lustrini è difficile mantenersi brillanti in un firmamento pieno di stelle, ma la band californiana ha saputo dimostrare davanti a 90mila fan che i grandi musicisti non temono lo scorrere del tempo. Axl Rose, innegabilmente imbolsito ma decisamente più in forma di quanto le ultime immagini pubbliche facessero sperare, non ha risparmiato ai fan un filo del suo falsettone graffiato, né una delle mossette di fianchi che lo hanno reso un sex symbol negli anni Novanta. Cambi d’abito continui, anelloni sbriluccicanti, catene con croci, stivaloni da cowboy, cappelli e bandana d’ordinanza hanno contribuito a ricordare l’icona dell’hair metal dai lunghi capelli dorati, che con il suo stile selvaggio ha ispirato diverse generazioni.
Una sola canotta (ed un solo sorriso) per Slash, il mago del rock, il vero protagonista di un concerto musicalmente ineccepibile e chitarristicamente straordinario, in cui le sue mani sapientemente isteriche hanno pizzicato e accarezzato le corde della nostalgia per un’epoca musicale irripetibile.