Special Stage è una rassegna musicale benefica prodotta dall’associazione no-profit Officine Buone, interamente ambientata negli ospedali e con i pazienti che vi partecipano nell’insolita veste di giudici. Un’ idea innovativa e sociale che coinvolge 17 ospedali in tutta Italia; partito nel 2015, Special Stage è arrivato oggi alla sua terza edizione e ha visto come protagonisti tra ospiti e concorrenti, volti noti e giovani promesse del panorama musicale italiano. I partecipanti al contest sono tutti under 35 ma non mancano ospiti che di carriera ne hanno fatta, basti pensare alle esibizioni di Ornella Vanoni, Dellera degli Afterhours, Roberta Carrieri, Brunori Sas, Rachele Bastreghi dei Baustelle e tanti altri.
La finale della terza edizione sarà a Milano a marzo 2018 ma nel frattempo Officine Buone non è rimasta con le mani in mano, producendo parallelamente la serie web L’involontario per la regia di Antonio Marzotto e scritta dall’agenzia Conversion, creata per sensibilizzare i giovani al volontariato: una storia d’amore moderna e sopra le righe girata interamente all’interno dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e che si concluderà mostrando proprio la finale di Special Stage. Tra i protagonisti della serie ricordiamo gli attori Francesco Meola, Loris Fabiani, Shi Yang Shi, Giuseppe Scoditti, la youtuber e cantante Giulia Penna e le interessanti partecipazioni di Brunori Sas, Eleonora Giovanardi e Herbert Ballerina.
Abbiamo cercato di capire di più su Special Stage parlandone con i diretti interessati, coloro i quali hanno provato cosa significhi esibirsi su un palco all’interno di un ospedale e davanti a una serie di persone malate che ascoltano, fantasticano e, magari, per qualche ora si sentono pure un po’ meglio.
Che cosa prova un artista a cantare dentro un ospedale? Ognuno ci ha detto la sua…
Dellera (Afterhours): Special Stage è un’iniziativa sociale e penso che il suo valore sia assoluto sotto diversi punti di vista: ciò che succede, chi si incontra e dove si fa. Porta sollievo a tutti e ognuno a modo suo ne trae qualcosa. È stato un piacere prenderne parte ed ho accettato subito, ho suonato al Centro per i Tumori ed è lo stesso ospedale in cui vent’anni fa fu ricoverata mia madre per curarsi perciò tutto questo ha avuto per me un valore ancora più profondo e unico, la prima volta che ci ho suonato mi è scappata la lacrima.
Rachele Bastreghi (Baustelle): Sono stata molto felice di esibirmi per Special Stage, è un’esperienza che dovrebbero fare tutti secondo me. Suonare dentro un ospedale dà una forte carica di emotività e ti fa sentire meglio dentro. Mi piacciono le persone e regalare un sorriso e un’ora piacevole è meraviglioso, ho suonato all’Oncologico di Milano ma mi piacerebbe anche replicare con i bambini… in questo modo si vive l’ospedale in maniera differente e si da qualcosa di sé. Bisognerebbe fermarci ogni tanto a pensare, siamo presi da mille cose e spesso ci dimentichiamo di ciò che è importante, Special Stage aiuta proprio a vivere i momenti, assaporare l’essenza di quello che abbiamo, mettere i tasselli al posto giusto dandogli il giusto valore.
Brunori Sas: Cerco sempre attraverso la mia musica di stabilire un contatto con la realtà, anche quando non è bella. Special Stage per me è stata un’occasione di aprirmi ad altri mondi certo di avere a che fare con belle persone. Quando fai il mio mestiere è facile circoscrivere il mondo nel tuo mondo, è però doveroso guardarsi allo specchio e capire cosa sta succedendo altrove, dare il proprio contributo e toccare con mano la verità soprattutto per non avere un approccio retorico verso situazioni che purtroppo esistono. Cantare in queste occasioni porta sorpresa e gioia a chi ascolta e credo che per un momento faccia dimenticare ai pazienti di essere dentro un ospedale, l’obbiettivo deve essere proprio questo a mio avviso.
Roberta Carrieri: Portare la musica dentro un ospedale crea una parentesi molto nutriente per chi vive una realtà un po’ grigia come i pazienti. È stato molto importante per me parteciparvi, le iniziative di Officine Buone sono sempre interessanti, ad esempio per la serie da loro prodotta L’involontario ho scritto la sigla ad hoc, so che tra i personaggi ci sarà un Elvis Presley cinese (Shi Yang Shi, ndr) quindi ho creato un rock and roll tra l’italiano e l’americaneggiante con un inglese un po’ inventato, molto divertente. Ad ogni modo la musica è una delle forme di terapia più antica e dire “Canta che ti passa…” non è affatto una stupidaggine!
Come hanno reagito i pazienti?
Dellera: Quando si esibiscono dei musicisti molto conosciuti i pazienti stabiliscono con loro un rapporto forte ed inizialmente si legge la sorpresa nei loro occhi. Io faccio parte degli Afterhours per cui non sono un volto riconoscibile quando suono da solo specie in questo genere di situazione, ma la sostanza è la stessa. È un momento di comunione bellissimo che porta un po’ di leggerezza in un luogo tendenzialmente difficile come l’ospedale. Mi sono esibito per Special Stage tre volte nell’ultimo anno ed ogni volta è stata una grande emozione, non siamo in un paese di rock and roll per cui la soddisfazione è stata tanta.
Rachele Bastreghi: Sicuramente la musica fa bene, oltre a distrarre e far passare del tempo piacevolmente, da anche delle emozioni di vario genere e aiuta a entrare nel profondo delle situazioni e di sé stessi. Mentre suonavo vedevo degli occhi belli ed attenti dei pazienti. Ho abbracciato qualcuno, stretto mani e fatto due chiacchiere con altri, in realtà io mi commuovo subito quindi prima di esibirmi ero un po’ tesa e cercavo di non incrociare troppi sguardi… anche dopo vent’anni che fai questo mestiere continui ad imbatterti in momenti che non passano mai e forse è anche questo il bello. Alla fine dell’esibizione ho fatto assieme a loro un applauso liberatorio, è stata un’esperienza che rifarò.
Brunori Sas: Mi sono esibito sia a Milano che a Catanzaro e mi ha molto colpito il reparto Disturbi Alimentari, si trattava di giovani, soprattutto ragazze. È stato importante per me mettermi a confronto con la realtà dei fatti rispetto all’idea che magari si può avere in precedenza e le reazioni dei pazienti sono state tutte molto naturali. Devo ammettere che questa esperienza in particolare mi ha influenzato anche come autore a livello di scrittura, molte riflessioni a riguardo le ho appuntate e anche se non sono finite nel disco, mi ha portato a pensare ed immedesimarmi parecchio.
Roberta Carrieri: Mi sono esibita per Special Stage due volte, la prima mi trovavo al reparto bulimia e anoressia ed ero terrorizzata, c’era un clima teso e le ragazze non seguivano molto. Mi sono preoccupata, mi chiedevo “Che ci faccio qui io con i miei brani ironici sulle storie d’amore complicate?”. Poi ho cominciato a cantare e la situazione è cambiata, hanno riso ed interagito, ho sentito la tensione sciogliersi ed è stato bellissimo per me vedere il sorriso tornare sui loro volti grazie alla musica. La seconda volta ero invece al Centro per i Tumori e lì c’era un bambino simpaticissimo con i capelli rossi attaccato alle flebo, avrà avuto otto anni, è salito sul palco trascinandosi dietro il carrellino con i tubi a cui era attaccato e mimando di suonare la chitarra ha cantato con me memorizzando e ripetendo subito il ritornello della canzone, gli ho passato il microfono e abbiamo fatto uno scat singing botta e risposta.
E i giovani musicisti che concorrono come si approcciano a voi?
Dellera: Sono chiaramente felici di incontrare altri musicisti più avanti a loro nel percorso artistico, chiedono pareri e informazioni anche quelle più classiche come a chi consegnare i propri demo e dove sbattere la testa per uscire fuori. Cerco di consigliare loro di essere più originali che possono, dire la cosa più viscerale possibile ed essendo tutti esseri umani uno diverso dall’altro di cose da dire ne abbiamo da vendere, non copiare gli Afterhours, i Subsonica, i Verdena o i grandi classici italiani perché il mercato è piccolissimo ed è saturo. Una volta che ho suonato c’era Ornella Vanoni, quando ho finito mi ha preso da parte, si è presentata, mi ha fatto molti complimenti e ha concluso con “Però le canzoni fattele scrivere da qualcun altro!”. Lì mi sono davvero piegato in due dal ridere!
Rachele Bastreghi: C’erano tanti giovani che si esibivano e da quello che ho sentito la qualità è davvero alta. Ci vuole un’immensa passione e dedizione e mi è parso che l’avessero tutti. Non avevano bisogno di chissà che consigli, mi sono piaciuti molto. Si notava in loro la voglia di arrivare e anche la preparazione. Poi vedere dei ragazzi giovani in un contesto benefico così singolare è davvero una grande soddisfazione.
Brunori Sas: Mi metto sempre nei loro panni e cerco di ridimensionare il distacco che può venirsi a creare tra noi e i giovani musicisti. Mi sento un po’ in imbarazzo a trovarmi nel ruolo di giudice e la butto sul ridere, bisogna partire dal presupposto che si tratta di un gioco. Provo invece a raccontare la mia esperienza abbattendo qualunque tipo di barriera formale, l’ultima volta che mi sono esibito ho incontrato moltissimi cantautori e le loro domande sono state interessanti e pragmatiche, avevano delle curiosità riguardanti il percorso di scrittura a cui sono stato felice di rispondere. Non riesco mai a giudicare un artista da una sola esibizione anche perché in certe situazioni è complicato per chi è sul palco far emergere degli aspetti di sé e della propria musica; nel corso di questi Special Stage ho visto gli stili più variegati e ciò che mi è piaciuto di più è stato in assoluto lo spirito.
Roberta Carrieri: Special Stage è una palestra sia per i giovani che stanno iniziando il loro percorso sia per quelli che hanno già preso la loro strada, è un esperienza altamente formativa e che fa crescere chiunque è coinvolto. Si capisce tanto della propria espressività, interpretazione, scrittura e performance mettendosi in gioco in uno spazio totalmente nuovo e inconsueto. Si favoriscono gli incontri tra autori e musicisti e ognuno ha modo di confrontarsi. Ho toccato con mano tanta energia nuova e ragazzi bravissimi a cantare, scrivere, suonare e stare sul palco, questo scambio mi ha arricchita profondamente.