«Quando si tratta di promozione dobbiamo tenere conto di tutti i comportamenti pericolosi: quando un musicista si comporta in maniera lontana dai nostri valori non vogliamo più essere associati a lui», ha detto a Billboard Jonathan Prince, Head of Content di Spotify. «Abbiamo deciso di non lavorare più con alcuni artisti: non promuoveremo il loro lavoro, non lo inseriremo in nessuna playlist e non lo coinvolgeremo in campagne marketing».
La decisione – che per il momento riguarda solo R.Kelly e XXXTentacion – è figlia del “nuovo corso” dell’azienda, che dopo il debutto in borsa ha messo a punto la nuova policy Hate Content & Hateful Conduct, approvata per promuovere «diversità, tolleranza e rispetto e rimuovere tutti quei contenuti che promuovono o difendono odio e violenza verso razza, religione, identità sessuale, etnia, nazionalità, status da veterano o disabilità».
Allo stesso modo, specificano da Spotify, «è importante ricordare che gli standard culturali sono diversi in tutto il mondo. Questo significa che ci sarà sempre contenuto accettabile in alcune circostanze e offensivo in altre, e noi vogliamo considerare anche il contesto».
Cosa significa in concreto? Che la musica di R.Kelly, accusato nel 2002 di pornografia infantile e violenza sessuale, e XXXTentacion, protagonista di diverse vicende di violenza sulle donne, resterà tutta sulla piattaforma, ma non sarà inserita nelle varie playlist che Spotify utilizza per pubblicizzare gli artisti. «Non vogliamo censurare nessuno», ha dichiarato un portavoce dell’azienda, «ma le nostre decisioni editoriali devono riflettere i nostri valori. Se, per esempio, un artista è colpevole di violenza sessuale o maltrattamenti a minori, questo influenzerà il modo in cui lavoriamo e supportiamo la sua musica».
Al momento non c’è modo di sapere quali artisti sono stati o saranno coinvolti. Spotify non ha diffuso nessuna lista, e la cancellazione di XXXTentacion è diventata di dominio pubblico solo dopo la conferma di un rappresentante dell’azienda al Times.