Stevie Wonder è intervenuto sui social per parlare del Juneteenth, del Primary Election Day e di Donald Trump. «Venerdì scorso molti di noi hanno celebrato Juneteenth», ha detto. «E l’ho fatto anche io. Tuttavia, in molti non ci sono riusciti. Anzi, ecco tre stati che non lo riconoscono affatto: North Dakota, South Dakota e Hawaii. Come ci si sente a festeggiare una libertà per cui stiamo ancora lottando? È una sensazione troppo familiare».
Wonder ha aggiunto che ci sono voluti 18 anni per dichiarare il Martin Luther King Day una festa nazionale. «È stata una battaglia e non avevo intenzione di perdere», dice. «Era una battaglia a cui molti di voi hanno partecipato, e vi ringrazio. Ma siamo ancora qui. Ancora e ancora».
Dopo aver citato il suo pezzo Visions, il musicista ha parlato della violenza della polizia. «Se la vita può finire, allora tutto può farlo. Il razzismo sistemico può finire, la violenza della polizia può finire. La repressione economica dei neri può finire. Le persone possono finire. Un movimento senza azione è immobile».
Wonder ha poi incoraggiato tutti ad andare a votare. «Se dite che vi interessa, allora fate qualcosa e non date solo fiato alla bocca», ha detto. «Muovetevi e andate a votare. Il futuro è nelle vostre mani. Abbiamo il potere di votare e cambiare le cose».
«Ho seguito tutto quello che è successo, e non ho sentito nessuno fare ammenda per i peccati di questo paese. Ho sentito la persona sul gradino più alto della piramide dire che c’è brava gente in entrambi i lati. “Ho un buon rapporto con i neri”. Manifestanti pacifici chiamati “teppisti”. Immigrati chiamati “stupratori”».
«Black Lives matter», ha concluso. «E questo non è un altro movimento digitale, un trend o un hashtag. Sono letteralmente le nostre vite. Sì, tutte le vite sono importante. Ma lo sono solo se valgono anche quelle dei neri. L’universo ci sta guardando… Sto parlando di te, di me e di tutti».