Mentre Ryan Adams girava l’America, lo scorso anno, il suo bus risuonava di una sorprendente ossessione: 1989 di Taylor Swift. «Sono suo fan dal 2008, l’anno di White Horse», dice Adams. «Le sue canzoni sono molto solide, non sono piene di cazzate». Un ascolto dopo l’altro, ad Adams alla fine è venuta in mente «un’idea assurda»: creare una versione acustica di 1989, nello spirito di Nebraska di Bruce Springsteen. La sua idea è diventata realtà a fine agosto, quando ha finalmente registrato, in sole tre settimane, il remake (non molto acustico, in realtà) delle canzoni di Taylor Swift. Qualche settimana più tardi, la sua versione di 1989 è diventata uno dei successi più inattesi del 2015.
Grazie anche all’apprezzamento di Swift – durante un’intervista a Beats 1 si è detta pazza per l’album – ha venduto 50mila copie digitali nella prima settimana, e ha debuttato nella Top 10. Nella stessa intervista, Swift dice che le nuove versioni di Adams le sono entrate così tanto in testa che adesso tende a confonderle con le proprie, durante i concerti. “Mi piacerebbe cantarle durante gli show, ma il pubblico ne sarebbe confuso, quindi mi devo trattenere”.
Adams ha detto che l’idea iniziale era soltanto di suonare queste canzoni per gli amici – tra cui Swift, con cui aveva collaborato a un pezzo inedito qualche anno fa. Ma quando lei si è rivelata contenta («È letteralmente impazzita»), Adams ha deciso di «lasciarle vivere». Forse non tutti i fan di Taylor Swift sono fan di Ryan Adams, ma di sicuro questo disco ha contribuito a farlo conoscere a un pubblico più ampio. Per Adams, 1989 ha un significato molto personale: lavorare sulle canzoni di Swift lo ha aiutato a superare la fine della sua relazione con Mandy Moore. Il risultato è che un album di canzoni così solari, come quello di Swift, è diventato il “disco per cuori infranti” del 2015. «Mentre le cantavo, queste canzoni avevano per me la stessa importanza di quelle scritte da me», dice. «In caso contrario, non le avrei mai cantate».
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