Fino a qualche tempo fa eravamo abituati a vedere Tea Falco in ruoli drammatici — dal suo primo film, in cui interpretava una ragazza eroinomane alla turbolenta Bibi Mainaghi di 1992/1993. Ultimamente però il suo volto (e in alcuni casi anche il suo cane Dada) è comparso in videoclip di artisti della nuova scena italiana, come Botox di MYSS KETA o Saranno Madri del misterioso Skamarcho (un alter ego trap della stessa Tea). Qualcosa bolle in pentola, si saranno detti i più attenti. E in effetti è così: Tea, insieme al produttore e amico di infanzia Parallel Release (nome d’arte di Francesco Coco, sound designer e membro degli Etna, band che collabora con Joan Thiele), ha lavorato a un progetto audiovisivo intitolato ironicamente Virale in cui interpreta la parte di Nea, il suo doppelgänger meno timido e forse anche meno umano. Oggi vi presentiamo il loro primo video, girato da Tea Falco (con la collaborazione del direttore creativo Icarius De Menezes e di Edoardo Bolli alla fotografia) in una discoteca romana. Il tema apparentemente è la difficoltà a relazionarsi senza un aiutino alcolico, ma sotto c’è molto di più, quindi ci siamo fatti due chiacchiere con Francesco e Tea per farci raccontare come è nata questa idea e quale direzione prenderà il progetto.
Tea/Nea
Ho sempre avuto un legame particolare con la fotografia: l’imprintig l’ho avuto grazie a mia madre, e quando ho iniziato a fotografare il mio soggetto ero principalmente io stessa, lavoravo sulla scomposizione del corpo facendo di necessità virtù — sai, ero l’unica modella a disposizione… Quindi l’ho sempre vissuta anche dal punto di vista performativo, soprattutto dopo aver iniziato a recitare. Poi quando uscivo mi piaceva fotografare in bianco e nero, seguendo un po’ il filone Bresson o le influenze di fotografe che amo come Diane Arbus o Vivian Maier. Credo che l’approccio femminile alla fotografia e all’immagine parta molto più spesso da una visione intima, individuale, e solo dopo aver lavorato sulla percezione di sé si riversa sugli altri. In generale mi è sempre piaciuto dedicarmi alla parte più freak — da “brutto anatroccolo”: la mia ricerca artistica si concentra sulle stranezze, sul diverso, sul dettaglio bizzarro dell’animo umano, che è quello che ti apre le porte a tutte le sue sfaccettature e ti mostra che alla fine dei conti non c’è niente di realmente strano in nessuno di noi.
Per questo progetto ho deciso che sarebbe stato più semplice interpretare un personaggio che non sono proprio io, ma è una mia proiezione, una sorta di cyborg che interpreta una Tea che non esiste, molto meno timida di me, che si relaziona a situazioni e persone in un modo che non mi appartiene. L’ho chiamata Nea per dare l’idea di novità, di rinascita, e poi perché ha un neo sotto l’occhio — così è più semplice distinguerci.
Nel video di Bere, Nea è una sorta di presenza assente, è lì ma è come invisibile, sovrastata da quello che le succede intorno. Poi ho voluto metterci anche un omaggio a Bertolucci, citando tre film: Ultimo Tango a Parigi, Io Ballo da Sola e la scena in cui ballo con il ragazzino in Io e Te. In questo video indosso abiti maschili – l’immagine è curata da Icarius De Menezes – così come nei videoclip in cui sono comparsa ultimamente (Botox di MYSS KETA e Saranno Madri di Skamarcho): lo faccio per svincolarmi dalla figura della donna stereotipata, col tacco a spillo e la scollatura. Forse il cinema in questo momento non dà abbastanza spazio alle parti ironiche, anche di quell’ironia delicata alla Wes Anderson, per dire, e per cercare questa dimensione autoironica, da anti-diva, mi sono messa a scrivermi da sola i miei personaggi, ed è soprattutto con questo progetto musicale, che per me comprende anche il videoclip, che sono riuscita a sviluppare questo linguaggio.
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[Credits
Video Director| Tea Falco
Art Director and Stylist | Icarius
Photographer backstage | Raquel Montoro
Art Retouch | Carlos Mesquita – Influxus
Make up | Tiziana Porrazzo
Hair Stylist | Alessandro Messina
Coordinator | Andrea Bassi
Assistant | Leonor Proença de Carvalho
Nel video Tea veste Vintage Delirium By Franco Jacassi: capi vintage Capucci, Cinzia Rughero, Krizia, Milla Schon, Seventy 1970, e i new designers Mario’s, Magliano e Pugnale.
Looks casting: Giorgio Armani, Christian Pellizare, Capone, Mario’s e Magliano.]
Per quanto riguarda invece il lato più strettamente musicale del progetto, ho cercato di adottare un approccio molto più pop di quello che cerco nelle immagini. Sono cresciuta con la musica dei cantautori italiani e francesi, da Gino Paoli a Gaber a Battisti, Battiato, Paolo Conte, Francoise Hardy, Edith Piaf e così via… Insomma tutta roba da presa male. E poi a un certo punto mi sono detta: non voglio essere triste! Già mi piace un sacco di cinema pesante, almeno nella musica volevo qualcosa di più semplice e diretto, quindi siccome trovo che la trap oggi sia una delle espressioni più fresche del pop in Italia, è stato naturale andare in quella direzione. Poi forse nei testi rimane un po’ di inguaribile malinconia di fondo, ma che ci vuoi fare. Una malinconia che non si prende sul serio, come quella di Stromae, il mio artista preferito in assoluto. Bere è una sorta di dedica a lui, e in generale credo abbia ispirato tutto il progetto.
Conosco Francesco da quando ero piccolissima, siamopure vicini di casa a Catania, anche se poi siamo sempre stati un sacco in giro tutti e due. Nel 2014 io ero a Los Angeles e lui era a Milano e gli ho parlato per la prima volta del progetto musicale che avevo in mente. Da quel momento abbiamo iniziato a scambiarci materiale, è stato un lungo processo di lavorazione che ci ha portato fino a qualche mese fa, quando ho deciso di trasferirmi per un periodo a Milano per lavorare più intensamente su questa cosa che stava prendendo forma. Ho abitato per cinque mesi in una mansarda in via Malaga, praticamente chiusa in casa perché non sono abituata al freddo milanese. Ora abbiamo in mano un EP, ogni traccia uscirà accompagnata da un video perché forse per deformazione professionale non riesco a immaginare le tracce senza l’immagine. Il progetto si chiama Virale, che è un modo raccontare ironicamente diversi cliché o falsi miti da cui siamo circondati oggi, come la moda che molto spesso è utilizzata come status symbol perdendo totalmente il suo valore artistico, che invece per me è molto importante. Nel pezzo invece abbiamo tentato di descrivere una condizione di distacco dalla realtà che viviamo in molti, io compresa: la necessità di avere un filtro per relazionarci agli altri, come quelli che usiamo su Instagram. In questo EP ci sarà anche un featuring con MYSS KETA, che ho conosciuto a una festa, anzi forse è più corretto dire che ci siamo riconosciute: io le ho detto che ero sua fan, lei mi ha detto che era mia fan e da lì è nata anche l’idea di collaborare. Siamo due bionde che abbondano. Ho anche portato il mio cane Dada sul set di Botox e devo dire che era molto a suo agio, la terrò in considerazione per i prossimi video.
Francesco/Parallel Release
L’idea di questo progetto è nata almeno tre o quattro anni fa, Tea mi diceva che avrebbe voluto cantare, ma in inglese, cosa che a me non convinceva troppo, quindi diciamo che ho spinto anche io per farle scrivere testi in italiano. Siccome entrambi viaggiamo parecchio, molto del lavoro è stato uno scambio continuo di materiale via mail, chiamate su Skype, lunghissime note vocali, fino a quando lo scorso anno ci siamo chiusi in studio qualche mese per dare finalmente una forma concreta ai nostri scambi.
Io mi sono trasferito a Milano qualche anno fa dopo aver vissuto a Londra e avevo iniziato a collaborare con Joan Thiele insieme al mio gruppo Etna, nel frattempo ho sempre lavorato come sound designer e DJ. Quando stavo a Londra facevo quasi solo sound design, lì è nato il nome Parallel Release, che adesso è diventato il cappello sotto cui vorrei raccogliere le mie collaborazioni con artisti come Tea, che si discostano dal loro mestiere principale e provano una strada parallela. Nella mia idea diventerà una sorta di raccoglitore di side-project, un canale in cui si lasci spazio e libertà assoluta di espressione.
Ho iniziato a fare musica poco prima dei vent’anni, inizialmente ero influenzato da tutto quello che usciva dal Regno Unito: Jungle, Dubstep, da etichette leggendarie come Warp e Hyperdub. Col tempo ho cercato di educarmi musicalmente per dare una struttura ai miei pezzi, cosa che col sound design non era necessaria. Mi sono avvicinato quindi a composizioni più pop, e soprattutto da quando mi sono trasferito a Milano e, insieme agli Etna, ho iniziato a lavorare con Joan Thiele, la mia ricerca sonora ha preso anche questa direzione. Al momento mi sto ascoltando un sacco di baile funk, trap, dancehall, reggaeton e mi piace l’idea di fondere questo universo di influenze in un disco pop che abbia un filo conduttore ben preciso, che è quello che stiamo cercando di fare con Nea. La cosa nuova anche per me è che in questo caso ho tentato di stare meno nell’ombra del solito, quindi compaio anche io nel video e in generale sono più presente, cosa che in fin dei conti arricchisce il nostro immaginario. Dopo i mesi di lavorazione sulla parte musicale, adesso ci stiamo divertendo a pensare i video, che è la parte del processo che entrambi non vedevamo l’ora di affrontare. Poi penseremo a se e come portarlo in giro live, sicuramente se lo faremo sarà qualcosa di coreografico, vedremo.