Io la camera da letto di Sylvia riesco a immaginarla abbastanza facilmente. Ci sono i vinili degli anni ’70 impilati appena di fianco al computer sempre acceso, c’è il giradischi con sopra appoggiato il controller midi e un mini synth. Magari, perché no, c’è anche un pianoforte, in un angolo o dentro un hard disk. Silvia Tofani è cresciuta in provincia, ma da lì è scappata, andando a Berlino e a Londra. Nel suo primo LP Senza Fare Rumore, pubblicato da INRI, che segue l’EP del 2012 Musica da camera, ci sono tutt’e due le cose, la campagna e la città.
È un album che regala l’accesso alla sua testa, al suo cuore e alla sua pancia. Sylvia si racconta, racconta le sue storie e le sue sensazioni. I testi sono appuntati su un diario a cui è saltato il lucchetto (“Mi sono ricordata di esser sola, quella volta che poi sola io non ero mai” è una frase che sembra appuntata guardando fuori dalla finestra). E i suoni che accompagnano questo diario si accavallano, quelli polverosi del piano si alternano con quelli dei synth, la batteria si trasforma subito in beat.
Che cosa potevate aspettarvi da una che vorrebbe intitolare una traccia Cerca, ma la chiama con la sua abbreviazione più nota, Mela F?
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