Al contrario di molti autori, che sfornano una demo dopo l’altra nell’attesa di un’idea che funzioni, Savan Kotecha passa settimane a riflettere sulle tracce che registra. Questo approccio così esigente gli ha permesso di scrivere hit per One Direction (What Makes You Beautiful), Ariana Grande (Problem) e the Weeknd (Can’t Feel My Face). Kotecha, però, è preoccupato che il suo metodo possa diventare impraticabile.
Tutto è cominciato quando alcuni giovani artisti hanno cominciato a pubblicare singoli pre-album a una velocità impressionante, probabilmente con l’intenzione di lasciare subito un segno. Il vecchio “modello-disco” consisteva in un brano di lancio, pubblicato nei mesi subito precedenti all’uscita vera e propria. Ora, dice Kotecha, «bisogna buttare fuori contenuti alla svelta».
Camila Cabello ha pubblicato sei singoli prima del suo disco d’esordio, Cardi B quattro e i PrettyMuch, la boy band del momento, sono già arrivati a sei e non hanno nemmeno annunciato un full lenght. E non finisce qui, perché nell’ultimo anno anche artisti con una grande carriera alle spalle hanno abbracciato la nuova tendenza: Taylor Swift ha pubblicato quattro canzoni prima di Reputation; Justin Timberlake cinque e i Rae Sremmurd sei prima di SR3MM.
È l’ennesimo riflesso di un mondo dominato dallo streaming e dai social media. «Tradizionalmente gli artisti aspettavano molto tempo tra un album e l’altro. Scomparivano così da rendere il ritorno un grande evento», spiega Robby Snow di Hollywood Records. «Al giorno d’oggi invece abbiamo bisogno di mantenere un flusso costante, come se l’artista non andasse mai via. I fan vogliono essere coinvolti costantemente».
«In passato competevamo per i soldi del pubblico», aggiunge Larry Mattera, dell’area commerciale di Warner Bros. «Ora competevamo per il loro tempo – consumato sul nostro repertorio e non su quello dei nostri competitor». Le regole di questo “nuovo gioco” sono ancora avvolte nel mistero. «Siamo in piena sperimentazione», dice Mattera. «L’approccio-singolo funziona meglio in tutte le condizioni? Forse dobbiamo ripensare agli EP? La fanbase ha bisogno di un album in questo momento?».
Pubblicare 12 o 15 canzoni in una volta sembra sempre più rischioso in un mondo dove «la soglia d’attenzione della gente dura poco e niente», dice l’autore Eskeerdo (Fifth Harmony, Kendrick Lamar). «Tutta la musica che pubblichi viene consumata in pochi giorni, se ti va bene», aggiunge.
Con i singoli gli artisti e le etichette possono «mantenere alto l’interesse», come spiega Snow, e possibilmente evitare le meteore, un fenomeno che è tornato comune in quest’era virale. Gente come Baauer, Tinashe, iLoveMakonnen, Dej Loaf e iHeartMemphis non sono riusciti – o non hanno voluto – a mantenere una presenza dopo le prime hit.
Ora più che mai «un artista deve costruire delle fondamenta per sostenersi», sostiene una executive di una grossa etichetta, che preferisce rimanere anonima. «Iniziare con un disco non funziona più, perché non ci sono fondamenta su cui costruire. È per questo che preferisco un approccio più lento». Preferisce lavorare con quattro singoli prima di valutare la necessità di un album.
Avere più brani sul mercato permette all’etichetta di “studiare” il pubblico e valutarne le reazioni. «Mettiamo tutto in streaming, guardiamo i numeri e poi decidiamo se passare alla radio», continua l’executive. «Pensa al successo di H.E.R., un progetto vecchio di due anni che è arrivato solo ora sulle frequenze radio. Non era voluto».
In un mondo ideale a un artista basterebbero una o due settimane su Spotify per capire come investire le sue energie creative e promozionali. Naturalmente la realtà è più complessa. Quando Crying in the Club, la prima uscita della Cabello, ha floppato, ha pubblicato altri due singoli – I Have Questions e OMG, entrambi piuttosto fallimentari – prima di trovare il successo di Havana, numero uno in classifica e traino perfetto per l’album. E, soprattutto, una hit tira l’altra: Never Be the Same, attualmente, è nella top 15.
La sua è una storia di successo. A Justin Timberlake è capitato l’opposto: il primo singolo estratto da Man of the Woods è uscito a meno di un mese dal full lenght, e Justin non ha avuto tempo, diciamo così, di trovare la “sua Havana”. Certo, magari qualche mese in più non avrebbe cambiato nulla – come è successo a Jason Derulo, che non ha trovato il pezzo giusto dopo cinque tentativi in due anni.
Questi esempi dimostrano che vomitare un singolo dopo l’altro sul mercato è tutto meno che una strategia a prova di bomba. Agli streamer piace poter scegliere, ma è una strategia controproducente in radio, dove è preferibile concentrare l’attenzione su un solo brano. Sean Ross – un veterano del business radiofonico – sostiene che qui risiede parte del fallimento di Reputation, album che non vanta nessun singolo con lo stesso successo di quelli estratti dal precedente 1989.
C’è anche da considerare l’eventuale svuotamento dell’album vero e proprio. Se il pubblico ha già ascoltato un terzo di quello che l’artista sta per pubblicare, l’uscita stessa può diventare anti-climatica. E avere pochi brani nuovi – tutti gli altri sono stati “spoilerati” come singoli – significa rischiare di passare inosservati anche sulle piattaforme streaming.
Snow, però, vede le cose diversamente. Secondo il produttore di Hollywood Records la strategia dei singoli è un ottimo modo per valutare l’efficacia dell’album in anticipo e attrarre gli ascoltatori verso il tuo repertorio. Anche con un brano di grandissimo successo, spiega, «sarebbe utile per mostrare il valore dell’album, la sua profondità».
E mentre le strategie cambiano, Kotecha fa lo stesso con il suo metodo. «Se lavori per un artista agli inizi», spiega, «stai regalando del grande materiale per dare vita a una carriera». È per questo che non si dedica più ad emergenti – a meno che non si tratti di un passion project. «È meglio aspettare chi ha bisogno del turbo», dice. «Quella si che è un’esperienza esaltante».