Quando io incominciavo la mia avventura rock e scrivevo e cantavo le mie prime provoCanzoni, Non siamo mica gli americani, Sensazioni forti, Colpa d’Alfredo, Albachiara, Marco Pannella e i Radicali conquistavano le prime roccaforti di una civiltà libera: il divorzio e l’aborto. Già. Oggi diamo tutto per scontato. Talmente assuefatti che quasi non ci accorgiamo che ogni tanto (e per motivi non proprio nobili) ci vengono messi in dubbio quei diritti civili che abbiamo acquisito e conquistato con molta fatica… “nel secolo scorso” o, se preferite, soltanto 40 anni fa!
L’aborto, per esempio, viene continuamente e puntualmente messo in discussione, non parliamo poi di alcuni temi di etica sociale che ci collocano in fondo alla classifica dei Paesi più avanzati: discriminazione di sesso, colore della pelle, religione. Ecco perché… “C’è chi dice Pannella”. Marco Pannella, sinonimo dei Radicali che esistono e servono proprio a questo: a ricordarci che non si smette mai di combattere per la difesa dei diritti civili.
Quando Pannella fondava il Partito Radicale nel 1955, io avevo 3 anni e non voglio dire che simpatizzavo già allora, ma un po’ di anni più tardi sì. Erano gli anni ’70, i favolosi anni della presa di coscienza politica, della “fantasia al potere”, delle grandi battaglie e delle grandi conquiste. C’era un gran bel movimento culturale a Bologna, dove mi ero trasferito per studiare, diciamo pure la verità, più per l’avventura, per scappare da Zocca che per fare piacere a mio padre, che mi voleva laureato.
Non avevo ancora ben chiaro quale sarebbe stato il mio futuro, di certo non mi vedevo seduto dietro a una scrivania o in banca. Vivevo nell’immediato, frequentavo gli ambienti anarchici, facevo teatro sperimentale, suonavo la chitarra, scrivevo canzoni e correvo dietro alle donne. Le idee radicali di Pannella, per combinazione, erano molto simili alle mie, ai temi delle mie canzoni: abbattere il pregiudizio, sospendere il giudizio, tolleranza, anticlericalismo e (cosa non da poco) antiproibizionismo. Finalmente un approccio moderno alla vita sociale, con l’uomo e i suoi diritti al centro di tutto, davanti anche alle logiche di partito, di sinistra, di destra o di centro. Avevo praticamente il mio alter ego politico: anticonformista, contro l’ipocrisia. Un provocatore di coscienze. Decisamente Rock.
Un idealista nel tentativo di “s-bigottismo” e di cambiamento della società italiana, un uomo politico onesto che, al posto dei salotti, sceglie sempre la provocazione e la piazza e che inoltre, ha sacrificato il suo patrimonio personale: quanti altri lo fanno?
L’ ho poi conosciuto durante “le mie prigioni”, dopo il successo di Vita spericolata, credo.
Lui e Fabrizio de André mi mandarono un telegramma di solidarietà, cosa che per me contò moltissimo. Era il gesto di due amici veri, di quelli che non stanno lì a menartela e ti stanno vicino anche quando sei in difficoltà.
Qualche tempo dopo ci siamo incontrati, non ricordo bene in quale occasione, ma so per certo che da quel momento mi ha inseguito per anni chiedendomi di candidarmi.
Io non ho mai ceduto alle sue lusinghe e ancora oggi ci rido su e gli ripeto: sei già tu il mio alter ego politico! Io sono una rockstar e questo mi appaga. A ognuno il suo mestiere: perché mai dovremmo scambiarci i ruoli?
Ma tanto lo so che lui continuerà a fare programmi su di me…
Vasco Rossi