“Seguo la Moscòva fino a Gorky Park e sento soffiare il vento del cambiamento”. Il cantante degli Scorpions Klaus Meine scrisse la power ballad Wind of Change dopo essere stato a Mosca nell’estate del 1989, ispirato dai mutamenti introdotti in Unione Sovietica dalla Perestroika. Forse non immaginava che la canzone sarebbe diventata un inno alla fine della Guerra Fredda e alla caduta del Muro di Berlino. Di certo non pensava che un giorno qualcuno ne avrebbe messo in dubbio la paternità e l’avrebbe considerata un mezzo di propaganda ideato dall’intelligence americana.
Da oggi è disponibile su Spotify e altre piattaforne un podcast intitolato Wind of Change che vaglia l’improbabile, ma avvincente ipotesi che la canzone del 1990 sia stata ideata dalla C.I.A. sul finire della Guerra Fredda. L’autore non è un complottista, ma l’americano Patrick Radden Keefe, giornalista del New Yorker e già autore del libro sul conflitto nordirlandese Say Nothing: A True Story of Murder and Memory in Northern Ireland. È stato un amico, molti anni fa, a riportargli la voce circa l’origine della ballata.
«È una storia che attraversa generi musicali, confini e periodi storici», ha detto l’autore e conduttore del podcast. «È stato divertente seguire per un anno intero questa vicenda pazza esplorando i meandri oscuri della Guerra Fredda e facendo quasi un centinaio di interviste a rocker e spie in quattro diversi Paesi».
Alla fine naturalmente il giornalista non arriva ad alcuna conclusione, incassa il prevedibile no comment della C.I.A. e spiega che in tempi come quelli che viviamo, in cui la verità viene continuamente messa in discussione, l’esplorazione di questa storia «lievemente ridicola» (definizione sua) ha più valore della soluzione stessa. Funziona così con le teorie del complotto: nella maggior parte dei casi provarle è impossibile, ma a volte è anche difficile smentirle.