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Pazzo per Mick Jagger, la star che su Instagram non ti vende niente

Il Covid non deve fermare il tour degli Stones, ma nemmeno i giri turistici del cantante. Piccolo omaggio a una leggenda che usa il social delle immagini come il gruppo WhatsApp di famiglia

Foto dall'account ufficiale @mickjagger

La prima cosa che ho pensato quand’ho saputo che Mick Jagger s’è preso il Covid nel bel mezzo del tour europeo dei Rolling Stones è stata: quindi salterà il concerto di San Siro? La seconda è stata: smetterà di andare in giro per le città a scattare foto come un turista qualunque? L’immagine che preferisco l’ha postata il 1° giugno. Sta in piedi di fronte alla vecchia Taberna de Angel Sierra, a Madrid. Regge una birra, è preso da lontano, ma si capisce che ha un sorrisetto furbo. Alla sua sinistra due tizi guardano altrove. Una ragazza sta uscendo dal locale. Mi chiedo se sappiano che quell’uomo poco appariscente che regge la sua caña de la tarde è una delle rockstar più famose di sempre.

Era diventata una piccola abitudine: quando sapevo che i Rolling Stones avevano cambiato città andavo sul profilo Instagram di Jagger per capire dov’era, cosa faceva. Mi colpiva il carattere ordinario delle immagini. Eccolo in un carosello di foto scattate durante il periodo delle prove del tour che gli Stones hanno fatto in Olanda, ora in controluce su un ponticello di legno, ora a gambe divaricate di fronte a un mulino. Commento del figlio Lucas, 23 anni: «Mi avevi detto che stai collezionando foto di mulini, papà, ma qui ne vedo solo due». Forse il ragazzo si stava vendicando dei commenti da boomer preoccupato che il padre lasciava qualche anno fa sulla sua pagina Instagram, tipo «attento all’acqua» sotto una foto in cui Lucas era in spiaggia coi piedi a mollo.

A Madrid, Jagger è sorridente di fronte alla fontana dell’angelo caduto all’interno del Parque del Retiro, è finalmente senza cappello di fronte a Guernica di Picasso nel Museo Reina Sofía, è chissà dove di fianco a un manichino e poi a uno spettacolo di flamenco dove suonano e cantano Paint It, Black. «Ci vediamo presto papà», commenta Jade Jagger, 50 anni, figlia sua e di Bianca.

A Monaco di Baviera è fra cani, bambini, biciclette e gente che prende il sole. Fa lo scemo con un turista qualunque imitando il gigantesco Walking Man di Jonathan Borofsky di fronte alla sede d’una compagnia di assicurazione. A Liverpool va in Canada Boulevard e posa col Royal Liver Building sullo sfondo, non lontano dalla statua in bronzo dei Beatles. Gioca con le geometrie del museo sulla storia cittadina, posa col dito indice in alto di fronte all’Empire Theatre dove si esibì con gli Stones nel 1971, abbraccia sorridente la statua dell’eroina pop locale Cilla Black.

«Credo fermamente che tutte queste immagini siano photoshoppate», ha commentato qualcuno sotto una di queste foto. È un commento ironico e centra il punto. Il bello di queste immagini e forse anche la ragione che mi porta a cercarle è il senso di dislocazione che provocano. Sono foto di rockstar sullo sfondo di banali panorami urbani. Mick Jagger non dovrebbe essere lì. Le celebrità vere che guardiamo abitualmente su Instagram ci hanno abituati a magnifici e inaccessibili scenari oppure, per sollecitare un improbabile meccanismo di riconoscimento, in pose dimesse che sanno di falsa autocommiserazione.

Non Mick Jagger. Lui non mette in scena la propria vanità, ma usa almeno in parte Instagram come se fosse un rullino di foto del 1982, posando di fronte ai monumenti o ad angoli curiosi delle città che visita. Anzi, sembra quasi la chat di famiglia su WhatsApp, quella in cui il nonno mostra a figli e nipoti dov’è, che cosa fa, come se la passa. Forse senza saperlo, con quelle immagini di una semplicità sconcertante rispetto agli standard odierni, con quelle pose per niente fighe, con quella noncuranza Jagger ci spiega che si può essere star anche così, con naturalezza. Lo può fare perché il suo status se l’è guadagnato altrove, non deve usare Instagram per crearlo o rafforzarlo. È una magia novecentesca, la banalità che diventa bella eccezione in quest’epoca in cui sono tutti fenomeni.

Oltre al talento e a tutto il resto, Jagger ha certamente avuto la fortuna d’aver fatto buona parte della carriera in un’epoca in cui la gente si doveva vestire, mettere le scarpe, uscire di casa, andare in un negozio per comprare musica. Ai cantanti si davano indirettamente i nostri soldi, non i like come oggi, quei like che le moderne popstar convertono in bonifici vendendo cose a noi preziosissimi follower. Abbiamo tolto di mezzo il volgarissimo denaro, abbiamo deciso che la musica era libera, ci siamo ritrovati con cantanti-influencer. Nella sua veste dimessa di euroturista per caso, vestito apparentemente senza grandi pretese (però con giubbotto di Prada, ci mancherebbe), Mick Jagger non vende nulla. Sembrerebbe scontato essendo lui ricco sfondato, ma non lo è. Ha bisogno di soldi, per fare un esempio, Billie Eilish che pubblicizza il suo profumo su Instagram posando con sguardo sognante e ispirato?

Tempo fa, a proposito dei suoi giretti, all’epoca durante le tappe americane degli Stones, Mick Jagger ha spiegato al Washington Post che non va in giro per scattare foto per Instagram. «Lo faccio perché non mi va di starmene chiuso in una camera d’albergo a guardare la tv. Non pubblico tutte le foto, alcune sono troppo strane. Ma girando si vedono cose inusuali, incontri gente, scambi due parole». Quando lo fa è accompagnato da una o due guardie del corpo. «In tutte le città» aggiunge «ci sono posti interessanti come un bel parco o un museo o qualche altra stranezza a cui non avresti pensato».

Quando gli hanno fatto notare la differenza fra la sua pagina Instagram e quella di altre celebrità, le cui foto sono studiate tanto quanto quelle di una campagna pubblicitaria, Jagger ha spiegato che non gli interessa offrire una versione superlativa di sé stesso. «Cerco di rendere l’atmosfera del posto, certo non voglio sembrare orrendo, ma questa cosa non ha a che fare con la vanità. Immagino sia una sorta di diario».

Forse perché negli Stati Uniti «vai a visitare un parco e sulla strada ti imbatti in cumuli di rottami industriali o in un centinaio di autogru parcheggiate», nelle foto europee c’è più turismo e meno degrado rispetto a quelle americane. Ce n’è però una bellissima scattata a Liverpool. Lui sta fronte a un muro pieno di graffiti. Per terra c’è quello che sembra un tosaerba mezzo scassato. In foto di questo genere, il senso di straniamento aumenta a dismisura. Dietro, però, non c’è alcuna estetica del degrado, Jagger non fa del poverty tourism, ma in qualche modo la sua sola presenza lì ci riporta alla realtà, ci fa improvvisamente sembrare ridicole le pose sofisticate delle altre celebrità.

A Dua Lipa che posa sulle gradinate d’una finta Wimbledon rinfrescandosi il collo con una bottiglietta di Evian e sotto commenti, veri o finti che siano, come «meravigliosa», «bellissima» e «regina», preferisco Mick Jagger in bici con tuta e caschetto, un nonno sportivo che s’è fermato a metà gita davanti al solito mulino a vento olandese per scattare una foto ricordo. E il figlio che lo prende per il culo.

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