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Perché tutti odiano J.Lo?

Oltre ai suoi nuovi progetti che non decollano, Jenny From the Block è vittima di un odio online piuttosto evidente. C'entrano la musica, il Bronx, e il documentario che ha pubblicato insieme al suo nuovo disco 'This Is Me... Now'

Foto: Norman Jean Roy

C’è un articolo di un sito chiamato The Mercury News che titola: “Jennifer Lopez è una delle più grandi perdenti del 2024” (e siamo solo a maggio). Definire Jennifer Lopez una perdente fa un po’ ridere, soprattutto pensando al titolista e al suo probabile stipendio (viene voglia di abbracciarlo, ma un abbraccio collettivo va a tutta l’editoria). Il punto però è perfettamente centrato dall’articolo: per J.Lo quest’anno le cose sono cambiate tantissimo.

Potremmo dire che la vita degli artisti è un po’ così, si viene e si va, è tutta una grande questione di periodi. Per gli artisti come J.Lo, però, che non sono più giovani ma neanche già merce da Greatest Hits e tour di addio, le cose sono cambiate molto. Lo streaming ha ammazzato il lavoro di costruzione fatto negli anni precedenti, in pratica se non piaci ai giovanissimi non esisti più. Chi l’ha capito non si fa troppe domande e vive di residency a Las Vegas e robe così. Ma il caso di J.Lo è particolare. Perché sì, i tempi cambiano per tutti, ma solo per lei s’è sviluppato un odio, chiamiamolo così, che non si vede tutti i giorni. La causa non è una, ma è uno in particolare il fattore che l’ha scatenato.

First of all, quest’anno è uscito un nuovo disco di Jennifer Lopez intitolato This Is Me… Now. Una sorta di chiusura del cerchio arrivata a più di vent’anni del suo disco del 2002, This Is Me… Then (che è stato uno più venduti della sua carriera, nonché pietra miliare pop dei millennial: dentro c’erano Jenny From the Block, I’m Glad e All I Have, per dire). Jennifer non pubblicava un disco intero da A.K.A. del 2014. Un ritorno annunciato in pompa magna e accompagnato da un’operazione commerciale bella grossa. Un disco, appunto, ma anche due film (sì, due) e un tour. Brutte notizie su tutti i fronti: il disco ha debuttato alla n. 38 nella classifica americana, diventando il suo meno venduto di sempre. Del tour sono state cancellate alcune date perché i biglietti si vendevano poco. Ma i film, possibilmente, hanno fatto anche peggio: il primo s’intitola This Is Me… Now: A Love Story, qualcosa a metà tra il film e un video musicale. Potremmo dire una raccolta di video dei suoi nuovi brani legati da un concept sull’amore. Di quelle robe che le vedi e pensi solo ai soldi che hanno speso per realizzarlo (ci arriviamo).

E poi c’è The Greatest Love Story Never Told, diretto da Jason Bergh, questa volta un documentario che racconta la complicata produzione di A Love Story (il film musicale di prima). Qui si analizzano le ambizioni del progetto, le insicurezze di J.Lo ma pure il budget. A Love Story è stato infatti fortemente voluto da Jennifer, che ha scelto di produrlo di tasca sua per venti milioncini di dollari. E nel documentario si analizzano, oltre ai costi, alcune difficoltà oggettive legate al suo comeback, tipo: chi vuole un disco di Jennifer Lopez nel 2024? Se lo chiede proprio lei stessa, andando però avanti dritta come un treno. Grande motivazione, grande resilienza (qualsiasi cosa voglia dire). C’è però qualcosa in questo documentario che le si è ritorto contro. Uno spezzone è diventato virale, ma non per i motivi che sperava Jennifer. In questo cut che gira tantissimo su TikTok, J.Lo appare seduta nella palestra di casa. Scuote i capelli spettinati e dice: «Mi piace slegarmi i capelli in questo modo. Mi ricorda quando avevo 16 anni nel Bronx e correvo su e giù per l’isolato. Una ragazzina pazza e fottutamente selvaggia. Nessun limite e tanti sogni». Niente di strano, se non fosse che un po’ di persone che abitano nel Bronx hanno iniziato a darle addosso, ma c’è dell’altro.

Volendo individuare il problema, potremmo dire che su J.Lo si è scatenata una tempesta per qualcosa che potremmo chiamare mancanza di autenticità. Delle origini, ma la macchia si amplia e finisce sulla musica e su molto altro. Se vogliamo dire che l’autenticità (fingerla, chiaramente) è forse il valore più importante per chi fa quel mestiere, possiamo citare le parole della professoressa Claire Sisco King, autrice di Mapping the Stars: Celebrity, Metonymy, and the Networked Politics of Identity, che al Los Angeles Times ha dichiarato: «Creare star percepite come autentiche era una delle priorità di questa industria. Le celebrità sono elogiate per sembrare autentiche e per dare al pubblico un senso di intimità e familiarità. Tale autenticità è spesso legata ai retroscena, ai racconti di umili origini o di trionfo sulle difficoltà. Il pubblico non trova credibili gli appelli all’autenticità nel contesto dell’estrema ricchezza e privilegio di Jennifer Lopez, che sembra essere intrappolata in uno spazio tra artificio e autenticità». Per poi aggiungere: «Il documentario potrebbe aver danneggiato questo aspetto, perché mette a nudo la misura in cui lei sta interpretando un ruolo e costruendo un marchio».

Tutto giusto, soprattutto da quando il lavoro non è solo vendere le canzoni ma sé stessi, i trucchi, i costumi da bagno, le collezioni di occhiali. Non fingiamo anche noi di essere quello che non siamo per due miseri like? Mettiamolo in prospettiva. Per fortuna nessuno si aspetta da noi quello che il mondo si aspetta da Jennifer Lopez, la ragazza del block che ce l’ha fatta. Che poi, guardando cosa è successo, se ce la fai davvero non va bene. Perché se fai fatica empatizzo, se inizi a guadagnarci empatizzo un po’ meno. “Don’t be fooled by the rocks that I got, I’m still, I’m still Jenny from the block“, direbbe lei. Sicura, J.Lo? Intanto abbiamo messo in fila le accuse che le vengono rivolte più spesso sui social, dove sono decine i video che le danno contro.

La questione Bronx

La clip del documentario dei capelli (che potete vedere qui sotto) è diventata virale perché molte persone hanno risposto alle sue dichiarazioni dicendosi “stufi di questa narrazione” (un giorno apriremo la parentesi anche sulle persone infastidite dalle dichiarazioni di Jennifer Lopez: mi pare ci siano tutti gli elementi per uno studio clinico). In pratica, questo modo di parlare continuamente del quartiere, secondo i detrattori, sarebbe solamente un’esagerazione performativa (vi ricordiamo che il titolo del suo primo disco è On The 6, omaggio alla linea 6 della metropolitana di New York che la portava a Manhattan dal Bronx, appunto). Gli utenti non ci stanno: tale @photosbyangela ha postato un video in cui afferma che lei e Lopez hanno frequentato la stessa scuola superiore e di aver parlato perché «infastidita da questo silenzio». Nella clip la ragazza accusa senza mezzi termini Lopez di mentire e di usare gli abitanti del Bronx per sembrare umana quando in realtà è ricchissima e si comporta da diva. «Entrambe abbiamo frequentato un liceo femminile in un quartiere irlandese e italiano, quindi non correva su e giù per l’isolato», dice.

Da video come questo è iniziata una vera e propria ricerca di contenuti che potessero smentire Jennifer. Un altro esempio arriva dalle 73 Questions di Vogue, intervista da cui è stato estratto un altro pezzetto. «Qual era il tuo ordine alla bodega, Jennifer?» (la bodega è una sorta di negozio di alimentari gestito da latinoamericani). Lei risponde con un generico: «Un panino con prosciutto e formaggio, un piccolo sacchetto di patatine e una bibita all’arancia»; aggiungendo, riguardo alla bevanda non specificata, «se lo sai, lo sai». A quanto pare, però, non lo sa nessuno. «Chiunque sia veramente di New York sa che ha mentito. Non puoi semplicemente andare lì e chiedere un panino con prosciutto e formaggio. Ti guarderanno come se fossi pazzo, hanno bisogno di sapere il resto». Che la farcitura del panino risulti per voi un tema divisivo o meno, questo è un altro tassello utilizzato dai detrattori per dimostrare (a chi?) che J.Lo fingerebbe di essere una ragazza dei quartieri bassi quando invece di quelle zone saprebbe poco o nulla. Tantomeno di bibite gasate.

Jennifer è cattiva?

Pare, e anche qui il documentario non ha aiutato. Sull’onda dei video del Bronx, sono spuntati online altri spezzoni e testimonianze che racconterebbero di quanto Jennifer sia cattiva con chi lavora con lei, ma pure con gli altri. E allora via di video di camerieri di ristoranti che raccontano storie horror sui suoi comportamenti, fino alla leggenda che narra che possa licenziare le persone del suo team se si permettono di guardala negli occhi. Una Medusa moderna: non diventi di pietra ma povero. Jennifer diva capricciosa che si finge agnellino? Su TikTok ci sono decine di testimonianze che la dipingono come una riccona maleducata. Crederci o non crederci, è tutto nelle vostre mani. Nel dubbio, però, non guardatela negli occhi.

La musica “rubata”

La questione più importante di tutte però è forse quella musicale. “Scoperta” da Tommy Mottola (ex presidente Sony ma soprattutto ex marito di Mariah Carey), J.Lo ha pubblicato il suo primo disco nel 1999, trainato dal singolo di super successo If You Had My Love. Brano che non è piaciuto troppo alla cantante Chanté Moore, che solo un anno prima aveva pubblicato il pezzo If I Gave Love. Entrambi i brani sono stati scritti e prodotti da Rodney Jerkins. È stato detto che l’allora fidanzato di Lopez, Diddy, fece pressioni su Jerkins affinché scrivesse una canzone quasi identica. Come direbbe Caterina Balivo: detto, fatto. Ascoltate voi stessi:

Mai come in questi anni tutte le canzoni che ascoltiamo ci sembrano già sentite, anche perché spesso è così. Viviamo nell’epoca dei sample, delle interpolazioni, dei tributi. Non ci scandalizzeremmo molto per il caso Jennifer Lopez. Una particolarità però c’è: la popstar viene accusata di aver utilizzato per i suoi dischi (ma pure per i live) le voci di altre cantanti. Se sentite i ritornelli di Play e del remix di I’m Real e magari sapete pure chi sono Christina Milian e Ashanti, be’, non farete fatica a riconoscere le loro voci. Le due cantanti avevano infatti registrato le demo, e in fase finale le loro voci non sono state rimosse del tutto. È successo anche per il brano Jenny From the Block. Anche qui grande scandalo per i giustizieri del web, e da una parte possiamo anche capire il perché. Dall’altro lato però non è che questa sia una novità. È una pratica molto più comune di quello che si creda. Non tutti nascono Whitney Houston, qualcosa bisogna inventarselo, e direi che abbiamo molti esempi di cantanti pop che, pur non essendo dotati di vocalità stellari, sono riusciti a brillare per un insieme di fattori che non riguardano solo la voce. Altro discorso se le cantanti di cui si utilizzano i vocal non fossero d’accordo, ma pare che nessuno abbia sporto denuncia alla polizia a proposito delle voci rubate. Anzi, durante un’intervista del 2014 Ashanti ha dichiarato: «Ho fatto una demo per il disco di Jennifer. Hanno mantenuto alcune parti, improvvisazioni e cose del genere. È stato divertente, ero davvero emozionata perché il brano era per J.Lo. Ero anche un po’ arrabbiata perché volevo tenermi quel pezzo, ma allo stesso tempo felice perché l’aveva cantato lei».

Ma di belvate (cit.) o presunte tali, Jennifer ne ha fatte altre. Una a Mariah Carey, che da allora risponde alle domande sulla popstar del Bronx con un semplice ma efficace “I don’t know her“. Qui c’entrano gli ex mariti: quando Mariah divorziò da Tommy Mottola e passò a un’altra label, l’ex presidente Sony non la prese benissimo e decise di darle contro in ogni modo. Mariah aveva richiesto e ottenuto l’autorizzazione per utilizzare il sample del brano Firecracker di Yellow Music Orchestra per il suo pezzo Loverboy. Pochi mesi prima però fu anticipata da Jennifer Lopez, che pubblicò il brano I’m Real con lo stesso sample. Un’operazione in cui la persona J.Lo probabilmente c’entra poco, ma non importa: Mariah dovette cambiare il brano, uscito nella versione originale solo pochi anni fa e come traccia di una compilation di rarità. I rapporti tra le due sono migliorati? Spoiler: no.

In tutto questo, J.Lo che ne pensa? «Jen non ha prestato molta attenzione all’odio nei suoi confronti», ha detto una fonte a Entertainment Tonight. Vai a sapere se è vero. «Ha sempre dovuto affrontare le critiche e sa di essere fraintesa da alcuni. Si rende conto che sarà sempre così perché è un’artista, e ci sono persone che non la capiscono o non la conoscono». Aiutateci a dire: AMEN.

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