La scorsa settimana abbiamo intervistato Gipi sul suo ultimo lavoro La Terra dei Figli (Coconino Press). La trama è incentrata sulla storia di un padre e dei suoi due figli in un mondo distopico e anfibio; 300 pagine in bianco e nero che, come ha aggiunto l’autore, ci fanno sprofondare “in un futuro imprecisato dove una società vera e propria non esiste più”. Tra una chiacchierata sulla concezione cosmica del tempo e un’altra sul rapporto padre-figlio, ne abbiamo approfittato per chiedere a Gipi quali siano i cinque brani che più lo hanno influenzato – ma non li ascolta mentre disegna, in quei casi solo Radio24.
1. “Gut Feeling” Devo
«I Devo sono una band che, quando ero ragazzo, mi ha cambiato la vita. Li ho scoperti quando avevo 17 anni, qualche anno dopo della loro uscita in America. La loro per me non era solo musica ma una vera e propria idea di estetica, per esempio, sono stati i primi a creare dei videoclip musicali incredibili, che ancora oggi sono straordinari.»
2. “Hot Rats” Frank Zappa
«In questo caso non mi sento di scegliere soltanto un brano, ma dico tutto l’album. Hot Rats è il primo disco di musica degna di questo nome che io abbia mai ascoltato. Me lo regalarono quando avevo 13 anni, ma all’inizio lo ‘nascosi’ perché non riuscivo a capirlo davvero. Con gli anni l’ho riascoltato e, grazie a quell’album, sono diventato uno ‘Zappiano’ totale. Anche se, devo ammettere, la fase da direttore d’orchestra – quella di The Yellow Shark, per intenderci – l’ho seguita meno. Ma con gli anni, invecchiando, sono sicuro che capirò e apprezzerò anche quella fase di Zappa, o almeno spero.»
3. “Golden Age” Beck
«Beck è uno di quegli artisti di cui mi piace quasi tutto, in particolare l’album omonimo da cui è tratta questa canzone, anche se è tristissimo. Dentro c’è uno stato d’animo in cui in passato sono caduto anche io e in quei momenti sentivo profondamente la vicinanza di questo disco: Beck è un artista che riusciva a dare una risposta in musica a quanto sentivo dentro di me.»
4. “This Ain’t No Picnin”Minutemen
«Questa è una band che adoro, un gruppo punk americano degli anni ’80 che scoprii a vent’anni. Il loro album Double Nickels On The Dime era un doppio album con tantissime canzoni, tutte da un minuto circa. Registravano tutto in presa diretta, senza sovra incisioni, con un’idea ‘politica’ del “chitarra-basso-batteria”. Inoltre, c’era una storia bellissima d’amicizia tra il cantante e chitarrista della band, Dennes Boon, e il bassista Mike Watt. Sono cresciuti insieme e insieme hanno iniziato a suonare, con due chitarre di cui una rotta, a quattro corde, usata da Watt che capì che non era un basso solo quando glene regalarono uno. Misero insieme un gruppo punk che punk non era, tra spunti funky, giri complicatissimi e testi davvero stupendi. Purtroppo Boon morì in un incidente d’auto ma l’amicizia che lo legava al compagno di band era talmente forte che, anche oggi a più di trent’anni dalla morte morte del cantante, quando si chiede a Watt che tipo di bassista sia, risponde sempre: “Sono il bassista di Dennes Boon”….Ancora oggi, quando ascolto questa canzone, mi metto a saltare comq quando avevo vent’anni.»
5. “In A Sentimental Mood”John Coltrane & Duke Ellington
«Come quinta canzone volevo metterne una dei Radiohead, perché li ho ascoltati davvero tantissimo, ma avere i Radiohead nella mia Playlist mi fa un po’ girare i coglioni, quindi li tolgo e metto questo brano, l’unico che mi fa svenire tutte le volte che lo ascolto. C’è un momento in cui la batteria cambia ritmo e raddoppia…Io in quel punto mi sento male.»