I Mombao sono uno dei progetti più particolari e coraggiosi arrivati sul palco di X Factor, non solo nell’edizione di quest’anno. Il duo formato da Damon Arabsolgar e Anselmo Luisi, che in passato hanno lavorato con Pashmak, Le Luci della Centrale Elettrica e Selton, ha portato al talent un canto popolare bielorusso, Toi Pa, e una performance unica, tanto da convincere i giudici a confermarli fino agli Home Visit.
Il progetto Mombao è un mix unico tra teatro e musica sperimentale. Oltre a brani inediti e cantati in diverse lingue, i due adattano in chiave contemporanea diversi canti popolari, che dal vivo propongono su un palco al centro della sala, circondati dal pubblico e interamente coperti di argilla e body paint. Hanno pubblicato un EP e due singoli, lavorato alla colonna sonora di un documentario (Gli indocili) e hanno già all’attivo quattro residenze artistiche in diverse città italiane. In attesa degli Home Visit di X Factor di stasera, ecco cinque canzoni che raccontano le loro influenze.
“Eternal” Holly Herndon
«Il corpo e la macchina. Holly ha creato qualcosa che non si era mai visto, ha cominciato a scrivere musica a quattro mani con un’intelligenza artificiale, dandole in pasto canto popolari e lavorando insieme a un coro di persone reali. Sta creando un umanesimo digitale, forte di un solido background accademico, sa che non si può aver paura delle nuove tecnologie, delle possibili frontiere che si possono esplorare e superare. È consapevole che gli artisti devono cominciare a prendere possesso di questi processi e farli propri, saperli riconoscere, plasmare, usare attivamente. Incorporarli».
“Canti del mare” Vincenzo Parisi
«Il coro e la terra. Vincenzo è un grande compositore e pianista, nonché un amico stretto con cui avere visioni musicali. Prende canzoni popolari siciliane e le riarrangia per piano solo preparato; il suo disco Zolfo è un viaggio fra le miniere e il Mediterraneo, da ascoltare in silenzio per viaggiare lontano, un capolavoro. Ne sentirete parlare presto, ha appena vinto il premio di composizione del Conservatorio di Milano e alcuni suoi brani per orchestra verranno eseguiti in Sala Verdi all’inaugurazione della nuova stagione. Non esistono ancora registrazioni di Fulmine randagio, quindi partecipare sarà d’obbligo».
“Open Eye Signal” Jon Hopkins
«Fra astrale e rave. Immunity è un disco su cui ci è capitato di tornare spesso, ha un’elettronica elegante e un utilizzo psichedelico del linguaggio techno. C’è una strada perturbante fra la musica soundscape da viaggio astrale e il ritorno al ballo delle macchine sincronizzate, degli oscillatori impazziti; se a tutto questo aggiungi un gusto commovente dei sample di pianoforte hai ottenuto un disco che scorre fluido e monta lentamente fino a toglierti il respiro».
“Didavoi Nana” Ensemble Rustavi
«Scale aliene e canti sacri. Nel nostro percorso di ricerca ci siamo appassionati gradualmente e sempre di più ai canti popolari e alle tradizioni provenienti da parti diverse del mondo. L’incontro con i canti georgiani è stato magico. C’è una dolcezza virile, una malinconia sottile che rende questi al tempo stesso fragili e potenti, eseguiti in modo commovente da Ensemble Rustavi. A renderli ancora più affascinanti è una loro natura che per noi suona familiare e contemporaneamente esotica; vi si possono sentire gli echi di canti cristiani ortodossi e antichi canti gregoriani, così come vi si possono scovare pezzi di scale arabe e mediorientali e armonie stupendamente aliene a noi. Un sogno nel cassetto è quello di prendere spunto dalla tradizione georgiana per aggiungere questa spezia al nostro repertorio».
“The Offbeat” Wildbirds & Peacedrums
«La sintesi ultima: voci e percussioni. All’inizio della nostra ricerca musicale ci siamo posti una domanda: quali sono le parti più essenziali e coinvolgenti di una canzone? Come si può parlare direttamente alla pancia usando gli elementi più essenziali? I Wildbirds & Peacedrums ci hanno indicato una via. Nelle musiche del duo svedese c’è pochissimo, ma non manca nulla: c’è un groove incalzante e riconoscibile, e poi c’è la melodia della voce, semplice, diretta, nuda e potente. Abbiamo preso The Offbeat, l’abbiamo ribaltata, storpiata e ri-partorita, ed ora è una parte fondamentale della nostra scaletta».