Dal jazz alla world music, dal funk ai suoni della tradizione, Tony Esposito è uno dei musicisti più versatili della scena napoletana. Nel corso della sua gigantesca carriera, il percussionista ha collaborato con il meglio della musica leggera italiana: Francesco De Gregori, Alan Sorrenti e soprattutto Pino Daniele, con cui ha contribuito alla rivoluzione del “funk napoletano” di fine anni ’70. Esposito suonerà l’11 ottobre a Milano, in Santeria, nella cornice di Jazz:Re:Found, festival attento a tutte le evoluzioni della musica black e contenitore perfetto per un musicista di questo tipo. Abbiamo approfittato del concerto per chiedere a Tony Esposito le cinque canzoni che raccontano il suo universo musicale.
1. “Bitches Brew” di Miles Davis
Il pezzo di Miles è un ponte importante che ha segnato il suo ingresso in questa sintesi di questo nuovo progetto tra musica pop e jazz, peraltro molto criticata. Molto scarna, semplice ma che prende le sonorità rock, che era un po’ il pop del tempo. La versione remix rappresenta l’attenzione ai giovani e al nuovo: è importante che vengano fatti remix di pezzi storici.
2. “Superstition” di Stevie Wonder
Superstition è un capolavoro che amo tantissimo per i contrappunti e la tessitura ritmica realizzata con strumenti a percussioni non tipici. È di una potenza ritmica incredibile.
3. “Desafinado” di Joao Gilberto
Un discorso a parte va fatto su questa scelta: il brano mi interessa come studio sul fatto che la nuova bossa nova nasce dal rallentamento della samba, e questo è stato uno dei pezzi che ha segnato l’andamento romantico / ritmico di questa fase, ovvero la samba rallentata. La musica di Gilberto è rimasta semi-sconosciuta per un periodo di tempo, per poi esplodere come colonna sonora di Orfeo Negro, film bellissimo che consiglio a tutti.
4. “Gli innamorati sono sempre soli” di Gino Paoli
Gino suonava con un gruppo bravissimo di cileni. A volte in tour succedeva che i musicisti a metà del brano si fermavano e a quel punto mi sedevo alla batteria e facevamo un paio di pezzi in duo, lui a cappella e io ai tamburi e questo è uno dei pezzi riusciti meglio in questo senso.
5. “Raindrops Keep Falling On My Head” di Burt Bacharach
Bacharach lo amo, amo quel periodo: ero ragazzino quando per la prima volta andai negli Stati Uniti e tutte le sere c’era un programma diretto proprio da lui. All’inizio della mia carriera a Napoli, con i pochi soldi che avevo, andavo alla birreria americana di Napoli, prendevo un hamburger e lo ascoltavo.