Il 2 aprile al Teatro degli Arcimboldi di Milano aprirà i battenti la mostra David Bowie The Passenger, realizzata in collaborazione con il fotografo Andrew Kent. La mostra, curiosamente, prende il titolo da un noto brano di Iggy Pop pubblicato sull’album Lust for Life (1977), la cui foto di copertina fu scattata proprio da Kent: The Passenger è uno dei pochissimi brani (due) di quel disco non firmati da Bowie, che comunque lo produsse, suonò il piano e cantò nei cori. Kent accompagnò Bowie nella seconda metà degli anni ’70 e a quel Bowie marcatamente “europeo” il fotografo americano scattò, in diverse città, parecchie foto entrate nel (vasto) immaginario bowiano.
È abbastanza insolito che una mostra di questo tipo si svolga in un teatro, ma per GianMario Longoni, direttore artistico degli Arcimboldi, c’è un precedente con Bowie. «Nel 1991 quando lavoravo per il Teatro Smeraldo, ci fece l’onore di aprire il tour europeo dei Tin Machine. Così quando ho visto la proposta, ho pensato che un teatro è qualcosa che deve riunire le persone attorno a qualcosa di bello, e David Bowie è una delle icone che ha permesso la formazione culturale, estetica e sociale della mia generazione e non solo».
Vittoria Mainoldi, curatrice della mostra insieme a Maurizio Guidoni, precisa che «l’allestimento non prevede solo fotografie: accanto ai 60 scatti selezionati ci saranno anche oggetti e memorabilia raccolti da Kent, manifesti, proiezioni, costumi, documenti di archivio, e la ricostruzione di alcuni ambienti». Uno di questi è il treno su cui la rockstar fu per l’appunto un passeggero per uno dei suoi viaggi più strani, nella Mosca della Guerra fredda, sempre con Iggy Pop. Il viaggio fu più lungo della visita turistica, ha raccontato Kent nella conferenza stampa di presentazione. «Siamo stati a Mosca per pochissimo, nessuno parlava inglese e nessuno ci fu d’aiuto, eravamo abbandonati a noi stessi: solo all’ufficio dell’Aeroflot ci diedero qualche indicazione per raggiungere all’Hotel Metropol. Però fu indimenticabile vedere i soldati sovietici che marciavano sulla Piazza Rossa».
Kent riuscì anche a portarsi qualche ricordo dall’URSS perché a differenza di Bowie e Iggy, non fu perquisito. «Erano convinti che volessero portarsi via delle icone religiose», spiega il fotografo americano. «Finirono per sequestrargli dei libri». Kent era spesso fortunato, come per esempio nel marzo 1976: «Durante il tour, alla fine dei concerti eravamo soliti fumare una canna. Una sera, in un posto vicino a New York, Iggy venne nella mia stanza d’albergo e mi chiese le cartine, però per qualche motivo decisi di non unirmi a lui e David. Fu la sera in cui vennero arrestati per possesso di droga».
Ci sono diverse foto scattate sul palco durante l’Isolar Tour del quale fu fotografo ufficiale, ma tra le foto preferite da Kent ce ne sono alcune in cui David Jones non stava interpretando David Bowie, né per un pubblico né per l’obiettivo. «Il lato di lui che preferivo rappresentare era quello normale, tranquillo. A un certo punto il nostro rapporto era abbastanza consolidato da capire quando era giusto scattare foto, e potevo cogliere un momento importante. Per esempio alcune foto nell’albergo di Parigi, si era appena svegliato, era a letto, mi disse “Vieni, fai pure”; ma anche quelle in cui si mette il make-up ed a metà della trasformazione. Oppure, sempre a Parigi, una foto piuttosto nota, con una torta di compleanno, all’Ange Bleue, sui Champs-Élysées, per il compleanno di David».
Kent era presente anche il giorno del ritorno a Londra dopo gli anni americani, quando fu fotografato mentre faceva un ampio cenno di saluto e i giornali inglesi sostennero per anni che fosse un saluto nazista – malgrado le esasperate smentite della rockstar. «Non ho mai pensato che David potesse credere nel razzismo: da ebreo, escludo che avesse pregiudizi di qualsiasi tipo e che potesse fare un gesto con quel tipo di malizia». La mostra è anche una testimonianza della vita di un fotografo rock: Kent, dopo circa un decennio ad alto livello, decise che poteva bastare, anche se non nega di essersi divertito. «Ho fotografato molti performer negli anni ’70 e seguito diversi tour, e quello in cui mi sono divertito quanto con David Bowie è stato il tour con i Black Sabbath. Ozzy era pazzo».