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Ammaliati da Mitski e dal suo viaggio nel gotico americano

La cantautrice che doveva mollare la musica rilancia con un disco bello e inatteso, un canto folk per l’America profonda con tocchi d’archi e cori: la recensione di ‘The Land Is Inhospitable and So Are We’

Foto: Ebru Yildiz

“Non mi piacciono i miei pensieri, non mi piace essere lasciata sola in una stanza, vi prego, non toglietemi questo lavoro”, canta Mitski dando voce con un timbro dolce e pieno a pensieri inquieti. Viene naturale leggerlo come un testo autobiografico. In fondo stiamo parlando d’una cantautrice che ha lasciato la musica per poi tornare sui suoi passi. Come ci ha detto due anni fa, «io sono questa… continuerò a farmi male e non smetterò, perché non so fare nient’altro».

Mitski è emersa nel 2016 con un bell’album intitolato Puberty 2 catturando gli ascoltatori con musica grezza e intensa e con testi decisamente personali, ma in cui era facile riconoscersi. Be the Cowboy del 2018 era un lavoro più pulito, ma faceva comunque l’effetto di un pugno allo stomaco. Coi suoi suoni di synth, Laurel Hell dell’anno scorso ha segnato il ritorno dopo la decisione di mollare la musica, e ne ha consolidato lo status di cantautrice cult.

Ora c’è The Land Is Inhospitable and So Are We ed è diverso da tutti gli altri. Ci sono testi calati nella vita quotidiana e allo stesso tempo enigmatici, accompagnamenti country, arrangiamenti orchestrali arditi e il collaudato storytelling di Mitski. Che canta d’amore, nostalgia, del sapore amaro della delusione in una serie di vignette ambientate in ambienti rurali desolanti, manco fosse l’equivalente sonora dei Racconti dell’Ohio di Sherwood Anderson.

Il disco inizia con la chitarra acustica morbida di Bug Like an Angel. La narratrice s’accocola in pensieri sfocati indotti dal whisky fino a quando la bottiglia diventa la sua famiglia, quest’ultima parola sottolineata da una specie di coro greco. In Buffalo Replaced ci sono uomini di frontiera che sparano agli animali dai finestrini dei treni merci, e poi chitarre e percussioni che s’agitano come ruote di una locomotiva e la voce di Mitski acuta come il fischio di un treno. E sul finale l’immagine desolante d’una piccola città. Se pezzi come Heaven e My Love Mine All Mine racchiudono piccole epiche goth-country, The Deal è cupa e d’una bellezza trascendentale, con la narratrice che immagina la sua anima prendere la forma di un uccello mentre i tamburi rullano come battiti d’ali.

Mitski gioca con gli archetipi americani. When Memories Snow evoca il duello di uno spaghetti western, solo che la posto dei pistoleri c’è un’eroina che combatte con ricordi che la soffocano come neve. The Frost potrebbe essere la risposta a I’m So Lonesome I Could Cry di Hank Williams, mentre I’m Your Man è una specie di murder ballad dove parole di devozione nascondono una minaccia.

Non sono canzoni senza speranza, non tutte. L’album si chiude con un personaggio che somiglia a Mitski che viene ritratta sola nella sia stanza nella sinuosa I Love Me After You. È fresca come l’acqua che beve nel testo dopo essersi spazzolata i capelli e messa la lozione. “Lascia che l’oscurità mi veda”, canta, “sono il re di questa terra”. Una terra che, a dispetto del titolo dell’album, non sembra poi così inospitale.

Da Rolling Stone US.

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