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‘Bando Stone & the New World’ è il gran finale “all you can ear” di Childish Gambino

Nell’ultimo album (così dice lui) pubblicato con lo pseudonimo Donald Glover fa una scorpacciata di musiche, dall’industrial rap al punk-pop. La popstar se ne va, al suo posto arriva il padre di famiglia

Foto: Christopher Polk/Variety/Getty Images

Chi è il vero Childish Gambino? Il rapper dalla punchline sempre pronta di Because the Internet del 2013, quello che scava a fondo nella sua crisi d’identità insieme alla maestosa magia cinematografica di Ludwig Göransson? Oppure il funkettaro psichedelico di Awaken My Love del 2016 con le sue canzoni d’amore, di unità e di ribellione? O ancora, la star dell’R&B sperimentale di 3.20.2020 con tutti i suoi Prince-ismi?

La risposta alla domanda è ovviamente che Childish Gambino è tutte queste cose assieme. Non deve stupire perciò che nel suo quinto e (a quanto pare) ultimo album Bando Stone & the New World l’attore-scrittore-regista-comico-cantante-rapper-cantautore-produttore passi tra un genere e l’altro esattamente come passa da un ruolo cinematografico all’altro.

Sono sette anni che Donald Glover dice di voler mandare in pensione l’alter ego Childish Gambino e Bando Stone sembra effettivamente il riassunto finale di tutte le sue passioni e anche un modo per spuntare alcune voci della sua personale lista-delle-cose-da-fare. E quindi ci sono canzoni d’amore e da papà orgoglioso, rap industrial corrosivo e pop-punk brillante, punchline e diss, una jam Afrobeat di sette minuti e una collaborazione con Yeat.

Questi 60 minuti sono la colonna sonora dell’omonimo film post-apocalittico che a giudicare dal trailer mette assieme The Road, Annientamento e Jurassic Park. La coordinazione di idee, ospiti, suoni e stili ricorda il lavoro fatto da Kendrick Lamar per Black Panther: The Album, con la differenza non da poco che qui Gambino non seleziona i suoi artisti preferiti, ma fa quasi tutto da sé.

Quando tutto gira alla perfezione, il risultato è notevole. Il noise-rap minimale del pezzo d’apertura H3@RT$ W3RE M3@NT T0 F7¥ è un headbanger vagamente imparentato con Yeezus di Kanye West. Got to Be inizia intorpidita per poi tuffarsi nel moshpit e nel Matrix, un banger costruito a partire da altri banger di Prodigy e Luke. Gli spacciatori di belle vibrazioni Khruangbin sono arruolati per un pezzo di chill afro-brasiliano chiamato Happy Survival, mentre Kamasi Washington si cala nei panni di Fela nel pezzo forte dell’album No Excuses, mix di neo-soul col vocoder, esotismo, ritmi Afrobeat e musica dei babenzélé (vedi Head Hunters di Herbie Hancock). Can You Feel Me è un duetto col figlio maggiore Legend costruito con intelligenza sulla ABC Song dei Ladysmith Black Mambazo (era in un episodio di fine anni ’80 di Sesame Street).

C’è da dire, però, che certe idee avrebbero funzionato meglio se Glover avesse tirato dentro i Weezer o Pusha T. I pezzi pop-rock un po’ emo come Lithonia, Real Love e Running Around sono sovraprodotti e destinati all’oblio – nell’ultima in particolare sembra di ascoltare i Fall Out Boy che rifanno Runaway dei Bon Jovi. E poi ci sono i pezzi fatti in modalità battle rap come Survive e Yoshinoya. I fan sembrano convinti che siano diretti a Drake, ma dopo il colpo mortale inferto da Kendrick Lamar con Not Like Us non è granché attraente l’idea di analizzare frasi che sembrano tweet tipo “rompi il cazzo ai miei figli e romperai il cazzo a te stesso, tu fotti quelle puttane che io mi fotto mia moglie”.

A dispetto della varietà di stili, si ha la sensazione che il vero Childish Gambino sia semplicemente Donald Glover e lo si capisce quando canta che non va ai Grammy perché preferisce stare con la famiglia (Can You Feel Me) oppure quando ricorda le vacanze a Nantucket (Steps Beach). Bando Stone non regalerà a Glover un altro Grammy e nemmeno un numero uno in classifica, ma se davvero è il finale di Childish Gambino è un happy end da cui esce più realizzato e meno… childish.

Da Rolling Stone US.

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