David Bowie era geniale non solo per il mondo in cui reinventava sé stesso, ma anche per la capacità di nascondere le origini dei suoi personaggi. Nell’arco d’un mandato presidenziale è passato dall’essere il mimo personale di Marc Bolan a protagonista di un’odissea spaziale fino a diventare Ziggy Stardust, eroe marziano androgino sceso sulla Terra per liberarci. Sono cambiamenti avvenuti a una velocità impressionante, per non dire che prima della fine degli anni ’70 ne arriveranno altri due o tre. Ora il box set Rock’n’Roll Star! permette di dare un’occhiata alla genesi del personaggio di Ziggy grazie a demo inediti, outtake, riproduzioni di appunti e di testi autografi di Bowie. Ed è in buona parte materiale illuminante.
I cinque CD (più un Blu-ray) ripercorrono l’ascesa di Bowie. Si comincia con So Long 60s, demo insignificante d’inizio 1971 in cui il musicista arranca alla chitarra acustica in una stanza d’albergo. Il testo è piatto fino a risultare imbarazzante (“Tieni la bocca chiusa e ascolta il mondo, tieni i capelli lunghi e spalanca gli occhi”), ma la melodia è quella di Moonage Daydream, uno dei pezzi migliori (e con un testo grandioso) di Ziggy Stardust. Alla demo acustica di Hang On to Yourself manca l’impatto punk che avrà sull’album grazie alla chitarra di Mark Ronson, ma se non altro ha la tensione melodica che l’ha resa grande. Il demo di Soul Love contiene note vocali sulla necessità di aggiungere fiati e archi alla canzone. C’è anche una versione di Starman virata country. Bello sentire il demo di Ziggy Stardust con Bowie che fa il riff alla chitarra acustica: s’intravede, di nuovo, la grandezza futura.
Offre qualche rivelazione in più la versione di Stars (poi Star) che inizia con Bowie che vaneggia sul bene che potrebbe fare diventando una star del rock: “Se qualcuno mi ascoltasse / Se qualcuno avesse il tempo di vedere / Potrei dirgli chi sono, come le rockstar”. E ancora: “Qualcuno deve costruire gli edifici e qualcuno deve tirarli giù, ma io potrei far sì che valga la pena, come una rockstar”. Nella versione definitiva Bowie delira ancora sul potere delle rockstar, ma almeno ci sono riferimenti ai Troubles in Irlanda e a un politico che ha contribuito a socializzare le cure mediche nel Regno Unito (e col senno di poi, forse Bowie è diventato sul serio un salvatore di emarginati e disadattati).
Un altro cambiamento notevole è documentato dalla riproduzione del taccuino di appunti allegata al cofanetto. Si tratta di Ziggy Stardust. Nella prima stesura, Bowie lo descriveva come un superuomo nietzschiano, per via del fascino che esercitavano su di lui le ideologie suprematiste. Alla fine ha capito o forse ha seguito il saggio consiglio di qualcuno e ha rivisto il testo trasformando Ziggy in un “uomo speciale”. Sulla copertina del taccuino c’è lo scarabocchio di Bowie con una bandiera attraversata da un fulmine a S che somiglia in modo inquietante alle insegne delle SS (pochi anni dopo Bowie avrebbe parlato di Hitler per poi rinsavire).
La cosa che il box set non mostra è il processo che gli ha consentito di combattere questi impulsi negativi. Angela Bowie, la persona che all’epoca probabilmente lo conosceva meglio, ha scritto che «la cosa che più gli interessava era fare scalpore». Questo spiega in parte perché Sweet Head, dal quinto dischetto, contenga epiteti razziali e insulti omofobici, ma anche perché una delle bozze del testo di Velvet Goldmine contenuta nel taccuino sia più gay di quella usata alla fine. In altre parole, il box set pone più domande di quante risposte offra.
Il bello del cofanetto è proprio il mondo in cui racconta l’evoluzione di Ziggy Stardust e della visione che lo anima, da concept album incentrato su quello che Bowie definiva «l’archetipo della rockstar messianica» a icona androgina di inclusività. Il secondo e il terzo CD contengono numerose session radiofoniche, molte pubblicate in passato in Bowie at the Beeb. È comunque interessante riascoltare nel contesto della trasformazione di Ziggy la Queen Bitch di Hunky Dory fondersi perfettamente con la cover di Waiting for the Man dei Velvet Underground e poi con Lady Stardust. Si intravede una linea evolutiva. Particolarmente toccante, poi, è l’interpretazione inedita di My Death di Jacques Brel (era nel film Ziggy Stardust) registrata dal vivo a Boston.
Il meglio viene dalle outtake contenute nel quinto CD. Ci sono Hang On to Yourself con la band e un testo diverso su una donna che è un po’ il Virgilio degli Spiders From Mars, un’interpretazione intima di Lady Stardust con la voce guida di Bowie, intima a tal punto da darvi l’impressione che stia cantando solo per te, e una versione più dura di Looking for a Friend, che faceva originariamente con una band modesta chiamata (che nome infelice) Arnold Corns. La commovente e introspettiva Shadow Man meritava di finire su Ziggy Stardust grazie all’accompagnamento alla 12 corde e all’interpretazione soul di Bowie, mentre la stranezza tossica di It’s Gonna Rain Again, con una musica alla Buddy Holly, è divertente ma niente più.
È vero che il cofanetto Divine Symmetry relativo a Hunky Dory di qualche anno fa conteneva più chicche e più outtake, ma Rock’n’Roll Star! offre una visione più interessante su come Bowie ha creato qualcosa di più grande di sé facendo l’amore col proprio ego.
Da Rolling Stone US.