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E bravi Paramore che invecchiando migliorano

La band di Hayley Williams usa il post punk in chiave pop per raccontare il riflesso sulla nostra psiche di quel che accade nel mondo e dentro ai nostri device

Foto: Zachary Gray

I Paramore hanno perfezionato l’arte d’invecchiare bene. È dai tempi dell’album omonimo del 2013 che si sono lentamente distaccati dall’emo/pop-punk mainstream di cui erano stati tra i principali rappresentanti. Sono stati associati a un altro filone musicale nostalgico quando hanno puntato tutto su una versione levigata del rock e della new wave anni ’80, senza però farne copie banali. Sono ascoltatori onnivori, sostengono i colleghi più giovani e perciò restano ben ancorati al presente del pop e alle sue continue evoluzioni.

Ora, a quasi due decenni dall’esordio All We Know Is Falling, l’influenza della band del Tennessee sul pop contemporaneo è più forte che mai (si pensi alla rabbia patinata di Olivia Rodrigo o Billie Eilish), e questo nonostante i Paramore si siano allontanati sempre più dal sound emo pop che loro stessi hanno contribuito a reinventare. In This Is Why s’avventurano nei territori del post punk, con un carico di nuove preoccupazioni, dagli eventi che accadono nel mondo al superamento della soglia psicologia dei 30 anni.

Il singolo di lancio This Is Why è minaccioso e ansiogeno. Si rifà al funk ballabile di After Laughter del 2017, ma richiama anche l’eccellente scorribanda solista della cantante Hayley Williams Petals for Armor del 2020 (in particolare il singolo dark pop Simmer). La title track offre un’idea precisa del mood dell’album e del suo argomento principale: la paranoia e la frustrazione per la mancanza di empatia, tanto più dopo gli orribili traumi che il mondo ha affrontato negli ultimi anni. The News è il suo spietato complemento e parla del nostro rapporto tormentato, ma spesso totalizzante con il trauma porn che infesta televisioni e feed: “Sono lontana, lontanissima dal fronte / Al contrario, sono al sicuro a casa / Ma mi preoccupo e faccio donazioni / E mi sento inutile dietro questo computer”. La chitarra di Taylor York è fulminea e appuntita come un coltello, mentre Williams deplora la nostra presunta normalità.

Le canzoni sono piene di riflessioni sul tempo che passa. Williams, York e il batterista Zac Farro sono tutti intorno ai 35 anni, ma è come se avessero vissuto più esistenze. Contando gli anni secondo gli standard delle rockstar, sono veterani e se lo sentono nelle ossa. E quindi mettono nelle canzoni riferimenti ad appuntamenti dal chiropratico e alla mancanza di tempo. C’è anche qualche consiglio saggio, come nel caso delle rivelazioni karmiche di You First: “Vivere bene non è la mia vendetta / Dammi retta / Vivere bene è solo un privilegio”.

Ci sono anche bagliori di luce in quest’oscurità e si manifestano nella gemma nascosta Liar, una ballata lunatica e tenera che è anche una canzone d’amore velata di autocommiserazione. “L’amore non è una cosa facile da ammettere / Ma non me ne vergogno / L’amore non ti indebolisce / Se lo senti arrivare”, canta Williams. La rabbia adolescenziale che fa da carburante a pop-punk ed emo non muore mai del tutto. Semplicemente, si trasforma.

Da Rolling Stone US.

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