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Finneas è gran produttore, ma “solo” un buon cantautore

È uscito ‘For Cryin’ Out Loud!’, il secondo album del fratello e collaboratore di Billie Eilish. A parte una canzone in cui se la prende col narcisismo dei ricchi & famosi e una in cui parla del rapporto con la sorella, è un disco d’artigianato pop a cui manca però una visione forte

Foto: Muriel Margaret

Il secondo album di Finneas O’Connell si apre con un pezzo intitolato Starfucker. Non è la cover della scandalosissima canzone dei Rolling Stones, ma è forse ancora più equivoca, una ballata pianistica dai toni melodrammatici in cui il cantautore punta il dito contro un’élite pop che ha perso la direzione, contro insomma l’autocommiserazione dei ricchi e famosi: “Hai un Cartier al polso, io ero così ottimista, tu eri una cazzo di narcisista”.

Non è l’inizio ideale per attirarsi simpatie da parte di uno come Finneas. S’è fatto conoscere anzitutto facendo musica con la sorella Billie Eilish in dischi che hanno cambiato il mondo del pop, e poi arricchendo il suo impressionante CV con altre collaborazioni, produzioni, colonne sonore. Il resto di For Cryin’ Out Loud! è decisamente più conciliante di Starfucker. È il disco di un artigiano di grande esperienza che sa come produrre pop con un tocco leggero e versatile.

L’album di debutto del 2021 Optimist era carico d’ambizione com’era lecito aspettarsi da un talento che fino a quel momento era rimasto dietro le quinte e che non vedeva l’ora di esprimersi. Erano perciò nate canzoni ponderose come A Concert Six Months From Now, a tema Covid. For Cryin’ Out Loud! non è disco fatto di grandi dichiarazioni. C’è l’eco dell’alt-pop cupo e raffinato di Hit Me Hard and Soft, senza tutta quella personalità. Si passa dall’intimità dell’acustica Little Window, che ha qualcosa dei vecchi dischi mumble folk di Feist o di Bon Iver, a un pezzo elegante in stile anni ’80 intitolato Lotus Eater, passando per Same Old Story, che si apre con una parte poco apparisce di pianoforte e cresce d’intensità con la sapienza di chi sa come si producono le canzoni.

Ci sono anche momenti più leggeri, dove la musica si apre e ha un maggiore respiro. È il caso di Cleats, che scorre così piacevolmente da far dimenticare la metafora calcistica del testo (“Lei gioca per l’altra squadra, ma per te è lo stesso”). Canzoni come Sweet Cherries e 2001 coi loro tocchi soul talmente eleganti non starebbero male in un disco di Harry Styles.

La maggior parte degli autori e dei produttori di talento sono più bravi ad aiutare gli altri a realizzare la loro visione che a tirarne fuori una che sia solo loro. Finneas non fa eccezione. I suoi lavori solisti mostrano perfettamente tutte le sue abilità, ma mancano di una prospettiva artistica che sia sua e sua soltanto.

Ci sta allora che la canzone più riuscita del disco, per lo meno dal punto di vista emotivo, sia una dolcissima meditazione acustica sull’amicizia fraterna con Billie, i loro ricordi condivisi, il senso di protezione che prova nei suoi confronti, il loro legame profondo e unico.

Se non avete la fortuna d’avere un legame di questo tipo nella vostra vita, ascoltate Family Feud: vi farà desiderare d’averne uno. Da sola giustifica l’esistenza di questo disco e la fama dei Finneas, a prescindere da tutte le starfuckers di questo mondo.

Da Rolling Stone US.

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