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Gli Hard Quartet sono i Traveling Wilburys dell’indie

Cercate del guitar rock che affonda le radici negli anni ’90? Siete fan di Stephen Malkmus e dei Pavement? Adorate la meravigliosa faccia da schiaffi di Matt Sweeney? Ecco un dischetto che fa per voi

Foto: Atiba Jefferson

Ci sono band che vanno ad abbeverarsi alla sacra fonte del rock e buttano giù un sorso o due, altre si sciacquano appena la bocca. Gli Hard Quartet ci vanno per bere alla grande e con tutte e otto le loro labbra. Sono un supergruppo indie composto da spiriti affini che venerdì scorso ha tirato fuori un disco delizioso, irriverente, chitarroso. Da una parte c’è Stephen Malkmus dei Pavement e dei Jicks, dall’altra Matt Sweeney dei Chavez e dei Superwolf. Al loro fianco ci sono Jim White, il mitico batterista dei Dirty Three, ed Emmett Kelly, il bassista di Ty Segall. Con gente del genere non si può sbagliare: sono i Traveling Wilburys dell’etichetta Matador, basta ascoltarli per godersi le vibrazioni che la loro amicizia trasmette.

Malkmus e Sweeney sono due degli artisti più instancabili e imprevedibili usciti dal mondo delle guitar band anni ’90. Hanno fatto parte più di supergruppi che di band “normali”. Uno ha scritto un pezzo in cui metteva in discussione la ragion d’essere degli Smashing Pumpkins, l’altro ha suonato negli Zawn, il gruppo-meteora di Billy Corgan.

Qui fanno un bel casino a base di rock squinternato come quello che s’è sentito in Traditional Techniques di Malkmus, con Sweeney che s’adopera per dar vita a una sorta d’esperimento hippie folk sconvolto. E visto che la band che suonava su Traditional Techniques è rimasta confinata fra le pareti di un garage a causa della pandemia, ora i due vogliono recuperare il tempo perduto.

L’album si apre con la mazzata rock anni ’70 di Chrome Mess, che ricorda degli AC/DC in salsa glam e contiene una preghiera rivolta a Sister Sludge. Poi c’è Rio’s Song di Sweeney, con le armonie che ricordano i Chavez e certi enigmi nel testo (“Per quanto tempo e quanto in alto cavalchiamo / Mentre aspettiamo che l’ombra risponda?”). Il video è un remake di quello di Waiting on a Friend degli Stones, con Malkmus nei panni di Mick e Sweeney in quelli di Keith. È stato girato su gradini di New York immortalati sulla copertina di Physical Graffiti dei Led Zeppelin.

Malkmus suona la chitarra in uno stile che può ricordare Richard Thompson nell’ottima Heel Highway, una di quelle ballad brillanti che potrebbe scrivere anche dormendo (anzi, probabilmente è così che l’ha composta), con immagini poetiche sballate un po’ alla maniera di Pig Lib o Real Emotional Trash dei Jicks, tipo “Racimolando un po’ di hashish liquido / Preparato in modo che i colori lampeggino”.

Gli Hard Quartet si divertono ancora di più nella seconda parte del disco, quando di solito chi ascolta smette di prestare attenzione. Le canzoni diventano più lunghe, rilassate, scalcinate. Jacked Existence è una bellissima nenia acustica nello stile cupo di Traditional Techniques. Poi Malk, a sorpresa, tira fuori alcune ballad utilizzando una delle sue modalità preferite di scrittura dei testi: quella che lo vede nei panni dell’improbabile life coach, lo stesso che ha interpretato in Major Leagues, Malediction, Share the Red o Middle America. Un po’ come in quelle canzoni, fa tirate motivazionali sull’uscire dalla comfort zone in cerca d’interazioni umane che altrimenti eviteremmo. Come in Hey e Six Deaf Rats, dove confessa: “Non sono fatto per essere indifferente a tutto quel che vedo / Infastidire i ragazzi delle confraternite, quello sì che mi divertiva”.

Il 1° ottobre i Pavement hanno tenuto un concerto a New York, una data one shot organizzata per promuovere Pavements, il mockumentary sulla band diretto da Alex Ross Perry. È stata una gran festa in cui si sono ascoltati pezzi dei primi EP come Debris Slide, Box Elder e l’incredibile Perfect Depth. L’impressione è gli Hard Quartet siano un passatempo da non prendere troppo sul serio, eppure qua dentro c’è una bella dose di Malk, delle sue chitarre, del suo canto. Non si sa mai cosa aspettarsi da gente come lui, Sweeney o gli altri del gruppo. Una cosa è certa: gli Hard Quartet sono il frutto della meravigliosa ispirazione stralunata che condividono.

Da Rolling Stone US.

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