Disco della maturità? Punto di arrivo, ma anche punto di partenza? Cosimo Fini – a occhio e croce al decimo album della sua carriera extra Club Dogo – scansa la retorica classificatoria e indigesta della critica musicale, consegnando al suo pubblico un disco alla Guè.
Non è un caso che l’intervista di lancio per Tropico del Capricorno, via Il venerdì di Repubblica, sia stata affidata al non-giornalista Paolo Sorrentino, uno che fa i film alla Sorrentino da sempre, imponendo una visione del mondo e dell’arte che nella ripetizione diventa brand iconico: sono le storie e i personaggi sempre nuovi e diversi – o, nel caso di Guè, le basi, il flow e le punchline – a entrare nel cinema di Sorrentino contaminandolo, e non viceversa. Lo stesso Guè aveva definito – in un’intervista a GQ – i tanti featuring che fa per i pezzi di altri rapper come delle borse Birkin, un lusso di un classico senza tempo, ma sempre di moda, che gli artisti si concedono per far brillare l’outfit del loro album.
E con Tropico del Capricorno il mondo di Guè – quel grande night club che va da Biggie a Scorsese, passando per Kingston, Atlanta e piazza Vetra – cambia pelle ai divanetti e colore alle lenzuola di seta del privé, facendolo comunque restare un posto dove sentirsi a casa: all’ingresso si balla con il funk americano più fico, quello from Napoli di Pino Daniele, campionato in Oh mamma mia dove Rose Villain e il nostro giocano a bulli e pupe in una party hit; all’uscita il lato oscuro a flow di coscienza (“vorrei mollare tutto, poi penso tutto cosa?”) di Astronauta, ultima traccia.
In mezzo l’idea romantica e cinematografica della strada, quella futuristica di oggi (in Da 0 a 100 con Shiva o in Akrapovič con Artie 5ive), quella vintage come un paio di Gazelle (titolo del pezzo con Ele A) o allegramente nostalgica come le vibe reggae dance hall di Nei tuoi skinny con Frah Quintale, un missile nel passato direzione Milano Pergola anni 90, dove tutto nacque. Anche quando Guè si autocelebra e autocita – come in La G La U La E Pt. 3 o Le tipe, che potrebbe essere il sequel de Il tipo – lo fa con quella ironia e leggerezza, senza trombonismo, che lo tengono al riparo da ogni cringismo.
Giusto per far volare questo disco al di là dei suoi pezzi e dell’abile lavoro da artigiano hip hop di Cosimo Fini, val la pena segnalare come oggi il rapper maschio etero bianco di mezza (o quasi) età non abbia perso né la vena romantica né la leggerezza. L’attitudine gangsta e le punchline provocatorie sono meno in evidenza, sarà la maturità, ma quello swag malinconico-sexy, da duro, alla Califano “in tuta camo” è destinato a invecchiare bene… non solo per le fan.