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‘Interstella 5555’, quando i Daft Punk erano i più bravi (anche a fare gli anime giapponesi)

Nel 2003 usciva l'opera geniale del duo francese con il fumettista Leiji Matsumoto. Ora, dopo vent'anni, torna al cinema (dal 12 al 15 dicembre); un'occasione per riscoprire un'ottima pellicola e rileggere la carriera dei Daft da un'altra prospettiva

Foto: concessione di Nexo Studios

Per spiegare l’impatto che Interstella 5555: The 5tory of the 5ecret 5tar 5ystem ha avuto sulle fortunate generazioni che hanno avuto il privilegio di assistere alla sua fragorosa, seppur spezzata, esplosione nelle rotazioni di Mtv bisognerebbe fare un salto mentale importante, ovvero dimenticarsi oltre 20 anni di internet. A vederlo oggi per la prima volta – per la cronaca tornerà in sala dal 12 al 15 dicembre in versione rimasterizzata in 4K – Interstella 5555 rimane una splendida pellicola che cementa la collaborazione artistica tra i Daft Punk, una delle band più importanti degli ultimi 30 anni, e Leiji Matsumoto, uno dei fumettisti che hanno fatto la storia di manga e anime, nonché un grandissimo disco (la colonna sonora è Discovery, il diamante più luminoso della discografia dei Daft) che incontra un anime splendidamente disegnato e narrato (la critica all’industria musicale che muove la trama del film è oggi più che mai contemporanea). Impossibile però ritrovare oggi quella potenza ammaliante che conquistò radio, tv, pubblico.

Interstella 55555 è uscito sulla coda di un periodo in cui in Europa la musica elettronica cantata era molto in voga – nell’anno di One More Time dei Daft Punk, il 2000, nella classifica italiana troviamo brani come Lady dei Modjo, Freestyler dei Bomfunk Mc’s, Groovejet di Spiller con Sophie-Ellis Bextor – e l’attenzione verso il mondo degli anime cominciava ad essere molto diffusa grazie alla serialità di opere come Dragon Ball, One Piece e dell’esplosione dell’universo Ghibli (il capolavoro di Miyazaki, La città incantata, uscirà nel 2001). I Daft Punk, in questo, sono stati fenomenali a cogliere lo zeitgeist di quei giorni, aggiungendoci però un pizzico di genio sotto forma di determinante e fondamentale twist.

Il gioco dei Daft Punk è sempre stato quello di spacciarci il passato per il futuro. Se l’esordio Homework non aveva questa ambizione, e difatti rimane una gemma differente nella discografia e nella videografia del duo (nonché l’unico episodio sonoro prima della trasformazione in robot), da Discovery questo inganno è la chiave di lettura del loro universo sonoro e visivo. Ma, anche qui, bisogna fare un passo indietro a quegli anni in cui internet era ancora acerbo e le informazioni difficilmente reperibili. In questa terra incolta di inizio Rete, come dei novelli KLF, i Daft Punk sono stati molto svegli nel giocare con leggende metropolitane e mitologia, fomentando un alone di mistero attorno al proprio lavoro. Sarà con l’affermazione di YouTube (fondato solamente a fine 2005), infatti, che molti della generazione Daft Punk scopriranno tramite vari tutorial la quantità di sample anni ’70 rigurgitati, spezzettati, riposizionati nelle griglie dei brani di Discovery; una sorta di risveglio collettivo dalla kayfabe programmata da Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter, ovvero i due geniali strateghi travestiti da robot. Il loro futuro in fondo non era altro che una riproposizione intelligente, catchy e aggiornata del passato.

Tutto questo vale anche per Interstella 5555, che nel 2003 arriva nei cinema dopo essere stato assaporato, a tratti, nei video di accompagnamento ai singoli estratti da Discovery (che invece è datato 2001). Sin dalla scelta di coinvolgere Leiji Matsumoto, un fumettista diventato celebre per alcuni capolavori degli anni ’70 come Capitan Harlock, Galaxy Express 999 e Queen Emeraldas, i Daft Punk non puntano al futuro, ma a una rivisitazione contemporanea di un passato da loro stessi idealizzato. E così anche Interstella, da noi Gen Daft Punk assorbito come un artefatto del futuro venuto a sconquassare le regole dell’industria (e di Mtv), altro non è un ribaltamento della linea temporale applicato dai due francesi. Furbi, i Daft Punk, lo son sempre stati, ma questa capacità di mischiare i livelli temporali ha sempre giocato dalla loro: non solo i Daft Punk sono sempre stati considerati (o scambiati) per un prodotto artistico del futuro, ma tutta la loro produzione (discografica e visiva) è diventata così un instant classic. Così come Discovery, un album che non sembra invecchiato di un giorno, anche la rimasterizzata pellicola di Interstella non ha dato fianco al tempo. E questa è sicuramente la più grande qualità dei Daft Punk.

Foto: concessione di Nexo Studios

Interstella 5555 è comunque, di per sé, una grande idea trasformata in una fantastica (in entrambi i sensi del termine) produzione. Che il progetto fosse più grande dell’opera in sé era già chiaro con la scelta di lavorare con un fumettista visionario come Matsumoto, capace di costruire nelle sue opere principali un universo narrativo condiviso. Non è un caso quindi che Interstellar 5555 si inserisca, a suo modo, in un multiverso (ben prima che dell’utilizzo pop del concetto di multiverso), in cui richiama esplicitamente i protagonisti dei manga di Matsumoto: Stella, la bassista dei Crescendolls, la band protagonista della pellicola, richiama le gemelle Maetal e Emersaldas, mentre Baryl, il batterista, è disegnato in modo da sembrare Tetsuro Hoshino, il protagonista di Galaxy Express 999 ,mentre Shep, l’astronauta chiamato a salvare la band, può ricordare un Captain Harlock dopo un netto taglio di capelli. Come per la questione temporale, e uditiva (l’uso dei sample), anche l’apparato visivo vive dunque di richiami, di ricostruzioni. Abbiamo già visto tutto, conosciamo già tutto, eppur questo tutto ci sembra dannatamente nuovo.

Visto oggi in questa prospettiva, comodamente seduti al cinema, Interstella 5555 diventa la chiave di lettura ideale per comprendere tutti i secreti messi in atto dai robot francesi e poi esplicitati definitivamente nell’addio di Random Access Memory, là dove il concetto di memoria e riattualizzazione di un passato erano così trasparenti da chiudere un cerchio iniziato là, al passare del millennio, proprio con Discovery e Interstella. I Daft Punk da dopo RAM non avevano più bisogno di esistere, erano già diventati immortali come i Crescendolls di Interstella 5555.

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