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Linda Lindas, crescere è una rivoluzione

La recensione di ‘No Obligation’, il secondo album di quattro musiciste tra i 14 e i 20 anni che mettono in riga razzisti e sessisti con canzoni potenti e canticchiabili fra punk-rock e pop

Foto: Jesse Cowan

Nel 2021, quand’hanno fatto il botto, le Linda Lindas erano quattro rocker preadolescenti con una missione: rendere il mondo un posto un po’ meno schifoso e farlo a colpi di riff. Quando Racist, Sexist Boy, una canzone garage punk ispirata a un episodio di razzismo subito a scuola (sono asiatiche), è diventata virale negli Stati Uniti suonavano assieme già da un paio d’anni. Avevano pure aperto un concerto delle icone del punk femminista Bikini Kill, ispirando Amy Poehler a includere un loro pezzo nel film Girl Power – La rivoluzione comincia a scuola. Ma è stata Racist, Sexist Boy a renderle famose. Hanno incassato i complimenti di molti colleghi, sono andate nei late night show, hanno suonato al Coachella, hanno fatto concerti da headliner e quest’anno sono in tour con Green Day, Smashing Pumpkins e Rancid.

L’album d’esordio del 2022 Growing Up, fatto prima del boom, ha fatto capire a tutti che non erano il tipico caso di successo da una botta e via, che avevano canzoni coraggiose e toste, che sapevano esprimere un mix di rabbia, empatia e saggezza precoce per la loro età. Il secondo album No Obligation non è da meno. “Siamo piccolette ma sembriamo altissime quando vi teniamo testa,” dicono più o meno in Resolution/Revolution.

Oggi le chitarriste Bela Salazar e Lucia de la Garza, la bassista/tastierista Eloise Wong e la batterista Mila de la Garza hanno tra i 14 e i 20 anni. Cantano, suonano, contribuiscono tutte al loro mix di emo, pop-punk e stile delle riot grrrl. Scrivono con gusto melodico brillante e molto pop. Lose Yourself suona ad esempio come un incrocio fra Green Day e Blondie, la title track è un invito al pogo e a opporsi alle stronzate patriarcali (“Ti piacerei di più se non fossi un casino, ti piacerei di più se mettessi su un vestitino”), Excuse Me è un pezzo hardcore placcato glam metal. La canzone più sorprendente è però il mezzo mariachi di Yo Me Estreso con “Weird Al” Yankovic alla fisarmonica.

Yankovic non è certo il feat più famoso che le Linda Lindas avrebbero potuto coinvolgere, ma la presenza di una qualche celebrità avrebbe messo in ombra la storia personale di crescita che è al centro di No Obligation. Nelle note che accompagnano l’album citano influenze che vanno dalle Sleater-Kinney ai Jawbreaker, passando per Yeah Yeah Yeahs e Paramore, tutta gente che ha fornito alle Linda Lindas il linguaggio emotivo mutuato dal punk-rock adatto a partire per un viaggio alla scoperta di sé, un linguaggio che usano con la stessa convinzione con cui picchiano sugli strumenti.

Canzoni piene di sfumature come Once Upon a Time e Nothing Would Change raccontano di un’infanzia ordinaria che lascia spazio a un futuro incasinato. Don’t Think parte con quello che sembra il lamento di una bambina dopo una lunga giornata in un parco divertimenti (“A volte le cose divertenti per me non lo sono”) e diventa una critica alla spinta a conformarsi alle aspettative della società: “Ci hanno detto di essere meno basiche, intendevano dire che dobbiamo cercare di piacere alla gente”.

L’eccessiva autoconsapevolezza può diventare un problema per musiciste che stanno sperimentando il successo in così giovane età, ma le Linda Lindas sono troppo intelligenti per cadere nella trappola degli adulti mentre trasformano la strana esperienza della crescita in un atto di rivolta.

Da Rolling Stone US.

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