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Spudorate, sfrenate, enfatiche: le Last Dinner Party hanno fatto il disco che nessuno fa più

Liberarsi da ogni scrupolo, cantare il sesso, cercare la canzone pop perfetta: ‘Prelude to Ecstasy’ è l’album giusto per godersi il presente in un mondo in cui il futuro è incerto

Foto: Cal McIntyre

Nothing Matters delle inglesi Last Dinner Party è parso da subito il tipico pezzo rock (o forse sarebbe meglio dire “rock”, tra virgolette) che nessuno fa più. È un’ode a un incontro clandestino che si apre con un suono che ricorda gli ABBA, però in hangover. Quando la dolcezza iniziale svanisce, la musica si fa martellante e la cantante Abigail Morris va dritta al punto: “Ti scoperò come se nient’altro contasse”. Metteteci un assolo di chitarra stridente e lo swoop finale di Morris e avrete il cocktail inebriante di cabaret, indie torbido e cime tempestose di cui non sapevamo di avere bisogno.

Prelude to Ecstasy è il primo vero album delle Last Dinner Party ed è la colonna sonora ideale per ributtarsi in un mondo incasinato che ha ripreso a girare, ed è giusto così visto che il gruppo è nato nei primissimi giorni della pandemia, o poco prima. Proprio come Nothing Matters, altre canzoni dell’album come Caesar on a TV Screen e Burn Alive prendono il via da fantasticherie da postumi della sbornia prima di muoversi in modo elastico e finire con crescendi da urlo. È il tipo di costruzione che ripetuta più volte rischia di diventare ripetitiva, ma è altrettanto vero che queste canzoni, enfatiche e sfrenate come sono, ti mettono sottosopra e ti lasciano cadere nel vuoto da altezze vertiginose.

Ci sono anche altri omaggi agli ABBA, e pure echi di Florence and The Machine, ma la voce di Morris ha un timbro selvaggio e tagliente che risulta personale e le Last Dinner Party hanno anche momenti strani come il lungo breakdown di On Your Side, che sembra una versione elettronica del maelstrom di feedback tipico dei Sonic Youth.

Pure i testi riflettono lo spirito disinibito delle Last Dinner Party. Sono racconti di un rapporto carnale dopo l’altro, tutti intensi e brevi. “Tirati su gli stivali, amico, e mettimi giù”, canta Morris in The Feminine Urge, “sono qui per farti divertire”. E in Portrait of a Dead Girl: “Il tempo che ho sprecato nella tua bocca, le onde che si sono schiantate contro il tuo petto, ancora e ancora”. A prescindere dalla sessualità (i membri della band si identificano come non-binari), sono testi che fanno molto post-lockdown: liberiamoci da ogni cautela perché del domani non c’è certezza.

“Credimi, sono nata per stare con te”, canta Morris, “ma sarà a me che il mondo risponderà”. La grande ambizione creativa infusa in ogni pezzo del disco rende la frase qualcosa di più di un semplice vanto. Jim Morrison cantava che voleva il mondo e lo voleva subito. Le Last Dinner Party vogliono quel che resta del mondo, nel tempo che resta. E, a giudicare da questo disco, se lo prenderanno, eccome, e in modo eclatante.

Da Rolling Stone US.

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