Ormai è da qualche anno che la scena musicale napoletana vive un periodo d’oro che non accenna ad affievolirsi. Dall’exploit di Liberato fino al caos sanremese firmato Geolier, passando per i Nu Genea – per rimanere sui nomi più altisonanti – Napoli è sulla cresta dell’onda e continua a produrre gemme senza soluzione di continuità. L’ultima in ordine di tempo è Città futura, il debutto del progetto Bassolino, che si inserisce nel solco del revival jazz-funk partenopeo con un’estetica che si rifà sfacciatamente agli anni ’70, attraverso un’immaginario meridionale pulp e glitterato ed è pubblicato da due etichette che sono garanzia di qualità: la napoletanissima Periodica Records e la berlinese Jakarta Records, a dimostrazione del respiro internazionale non soltanto del progetto Bassolino ma di tutta la scena in cui ha radici.
«Essendo un concept tutto è stato curato al minimo dettaglio, anche se volevo che il disco suonasse imperfetto e macchiato», ci dice Dario Bassolino, pianista e produttore già attivo sulla scena da tempo «Mi interessava che emergesse la mano artistica, ispirato proprio dal fatto che negli anni ’70 c’era moltissima sperimentazione in fase di registrazione, con i nastri, con gli effetti, essendo la tecnologia molto meno avanzata, paradossalmente c’era più inventiva».
Sei tracce prodotte da Paolo Petrella che raccontano la storia di un retrofuturo, la colonna sonora di un gangster movie dai colori acidi e saturi, tra rapine, fughe e amori impossibili, Napoli si trasforma in una città immaginaria sospesa nel tempo e nello spazio. I tributi e i riferimenti si sprecano e spaziano dalla musica al cinema, dal Neapolitan power di James Senese, Tony Esposito e Pino Daniele ai neomelodici, Eduardo Alfieri, Franco Campanino, Fabio Frizzi, passando per la riscoperta di Pino Mauro, personaggio dimenticato che raccontava storie di contrabbandieri a suon di disco funk.
Le danze si aprono con una dichiarazione d’intenti: Napoli visionaria, che fa riferimento all’omonimo libro dello scrittore napoletano Luigi Compagnone e fa da prologo a una festa di suoni e percussioni. In E parole, arricchita dalla partecipazione di LNDFK alla voce, le chitarre acustiche e i fiati creano un’atmosfera da Anima latina in chiave partenopea, del resto le ritmiche brasiliane sono una costante fino all’ultima traccia, ma anche e soprattutto in Oro di miele, dove è lo stesso Bassolino a destreggiarsi col cantato. In Malavita l’attore protagonista è una rievocazione di Enzo Carella interpretato da Gennaro Canaglia che rischia di diventare un nuovo tormentone.
«La mia opinione è che Napoli rappresenti una cosa a sé. A volte è più facile collaborare all’estero che in Italia, abbiamo la possibilità di dialogare con il resto del mondo, Inghilterra, Francia, Germania, Stati Uniti, c’è grande attenzione verso quello che facciamo, siamo una scena più da Discogs che da Spotify, guardiamo a progetti come Ubiquity Records, Far Out, Habibi, che fanno un lavoro di riscoperta eccezionale».
Il disco si conclude con due brani eccezionali come la title track e la tradizionale Fuga finale che premono ulteriormente sull’acceleratore per quanto riguarda i riferimenti cinematografici a metà tra commedia sexy e B movie poliziottesco.
«Sono stato a lungo indeciso sul nome da dare a questo progetto, poi ho scelto Bassolino, che è il mio cognome, ma rappresenta bene anche un immaginario politico italiano». Se da un lato si respira un certo grigiore da Prima Repubblica nell’immaginario rievocato, è anche vero che in questi giorni Bassolino porterà il suo lavoro al Brilliant Corners di Londra, listening bar di culto che rappresenterà la prima tappa di un tour che lo vedrà mettere dischi e poi esibirsi live con una band di otto elementi durante l’estate. E se c’è una cosa che abbiamo capito in questi anni di Napoli Sound è che sarà imperdibile.