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A 78 anni, Neil Young sta facendo uno dei suoi tour migliori nel nome di David Briggs

I concerti americani coi Crazy Horse sono anche un tributo all’uomo che ha inciso molti capolavori del canadese, un produttore che metteva paura persino a Charles Manson. Forse ci vorrebbe un altro Briggs per spingere Young a fare grandi dischi

Foto: Astrida Valigorsky/Getty Images

Neil Young e i Crazy Horse sono suppergiù a metà del tour nordamericano e sempre più fan sono convinti d’aver visto i loro concerti migliori da un sacco di tempo a questa parte, forse persino degli anni ’90. Un fattore importante è la presenza di Micah Nelson, che nutre un profondo rispetto per questa musica e ha la capacità fuori dal comune di emulare lo stile sia di Danny Whitten che di Frank “Poncho” Sampedro, i chitarristi che l’hanno preceduto nella band.

A 78 anni, Young suona in modo appassionato, feroce e selvaggio. E cambia quasi ogni sera scaletta. Qualcuno lo considera un tour di greatest hits giacché quasi tutti i pezzi vengono dal repertorio compreso tra il 1969 e il 1979 (e qualcuno dai primi anni ’90). La verità è che sul palco sta accadendo qualcosa di più profondo della nostalgia per quegli anni.

Lo si capisce quando Young parla al pubblico prima di fare Scattered (Let’s Think About Livin’), che in molte serate risulta essere il pezzo più recente in scaletta (è del 1996). «Le canzoni che facciamo stasera sono state tutte prodotte da un tizio chiamato David Briggs», ha detto ad esempio a Mansfield, Massachusetts. «Ha lasciato questo pianeta molti anni fa , ma c’è ancora, da qualche parte».

Young ha conosciuto Briggs nel periodo in cui si stavano sciogliendo i Buffalo Springfield, nel 1968. «Facevo l’autostop e lui si fermò per caricarmi su», racconta Young al biografo Jimmy McDonough nel libro Shakey. «Era un tipo unico. Era pazzo quanto me. Lo chiamavo quasi sempre Mr. Briggs. Monsieur Briggs».

È stato Monsieur Briggs a produrre il disco di debutto solista di Young del del 1968, ma anche Everybody Knows This Is Nowhere, After the Gold Rush, On the Beach, Tonight’s the Night, Zuma, American Stars ’n Bars, Comes a Time, Rust Never Sleeps, Trans, Ragged Glory, Sleeps With Angels e altri classici. Se vi piace un disco di Neil Young che non sia Harvest, è probabile che sia stato prodotto da David Briggs.

«Briggs ha fatto parte di questo viaggio», diceva Young a McDonough. «È difficile da descrivere a parole. Il fatto è che sapeva quanto lavoro c’era dietro. Che si trattasse di un disco, di una canzone o di qualunque altra cosa, sapeva quanto impegno e quanta cura ci volevano per farlo bene, una cosa che poche persone capivano, soprattutto fra quelle che mi circondavano. Era tenace quanto me, forse persino di più. Quando si metteva in testa che una cosa era fottuta, beh, era fottuta. Non cambiava idea».

Com’è spiegato in Shakey, Briggs aveva un carattere complesso e un gran temperamento. Ci sono stati periodi in cui parlava a malapena con Young, ma alla fine i due hanno sempre ricucito i rapporti. Era un tizio impavido. «Ha cacciato Charles Manson dalla sua casa di Topanga», racconta David Blumberg. «Manson voleva il suo pick-up. David gli disse che gli avrebbe sparato se non se ne fosse andato fuori dai piedi. Manson aveva paura di Briggs». Mai mettersi contro di lui, ha detto Bobby Morris, amico di Briggs: «Moriresti ancor prima di iniziare a vedertela con lui. Ti sparerebbe».

Briggs è morto per un cancro ai polmoni il 26 novembre 1995. Aveva 51 anni. Young e i Crazy Horse sono entrati subito in studio per registrare Broken Arrow, dov’è evidente la loro sofferenza. È una sofferenza che Young sembra rivivere anche se sono passati 29 anni quando interpreta Scattered. “Sono un po’ fatto, sono un po’ triste / Sento il tuo nome ovunque vada / Sono un po’ sbagliato, sono un po’ giusto / Sento il tuo nome di giorno e di notte… I miei pezzi sono sparpagliati ovunque”.

Vale anche per la sua musica. Da quando Briggs non c’è più, Young ha fatto dischi buoni come Silver and Gold, Prairie Wind e Psychedelic Pill, ma anche lavori che non avrebbero superato il vaglio di Briggs.

Me lo spiegava in qualche modo David Crosby nei 2016, senza fare il nome dell’amico. «Troppo spesso gli artisti si sentono ripetere “grande, sei fantastico!”. Ma chi te lo dice non è tuo amico, è gente che ti lecca il culo. C’è un esempio perfetto di questa cosa, una persona che conosciamo entrambi. Non dirò il nome, ma è proprio calzante, ha fatto tre o quattro dischi brutti uno dopo l’altro». Quando gli ho risposto che nella vita di Young c’era stata una persona in grado di dirgli la dura verità e che quella persona era morta, Crosby ha risposto che «sì, proprio lui, allora hai capito di chi sto parlando».

Stavamo parlando ovviamente di David Briggs. Non è un nome che si sente spesso al giorno d’oggi fuori dalla cerchia dei fan di Neil Young. Non rilasciava quasi mai interviste, gli piaceva vivere lontano dai riflettori. Dopo tanti anni, Young gli rende onore con un tour in cui suona Down by the River, Powderfinger, Cortez the Killer, Cinnamon Girl e altri classici che ha creato con lui. La gente che oggi applaude Young sta anche applaudendo Briggs.

Se non si sta molto attenti, si rischia di perdere la parte più commovente del concerto. Succede sempre durante Scattered, quando Young canta “sento il tuo nome di giorno e di notte” e “i miei pezzi sono sparpagliati ovunque”, per poi aggiungere un sofferto “Dave” alla fine di ogni verso. È un’ode splendida e discreta a un vero amico.

Da Rolling Stone US.

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