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Abbiamo ancora bisogno delle musicassette

Una vera rivoluzione da cui sono partiti interi generi musicali, dall'hip hop al black metal, e che oggi sta tornando per il bene di tutti

Kevin Britland / Alamy / IPA

La notizia nuda e cruda di qualche giorno fa ed è questa: non solo i dischi in vinile e le musicassette sono ancora vivi e vegeti e lottano insieme a noi ma, nel mercato musicale statunitense, e per di più nel 2018, hanno fatto registrare aumenti delle vendite a due cifre. Ma se le vendite dei soliti estetici vinili sono cresciute del 12%, la notizia eclatante è che quelle delle audiocassette son aumentate del 19% . Un aumento di 150 mila titoli. Ma se detta così non sembra un dato così rilevante, soprattutto se rapportato ai milioni di copie di LP venduti o alla chiusura nell’aprile scorso dell’ultima fabbrica USA di CD, vorrei metterlo in prospettiva a un fatto che mi è successo durante le trascorse feste di Natale, e fare qualche riflessione spero interessante.



È la vigilia. Mia nipote ha quattordici anni e ogni tanto stacca gli occhi dal suo amato cellulare, si toglie l’auricolare da una sola delle orecchie per non darmi troppa importanza ne troppa attenzione e mi chiede se conosco un cantante, o un gruppo. Io sono seduto alla scrivania intento come sempre a scrivere e la risposta è spesso sì, infarcita da inutili approfondimenti che catturano la sua attenzione, come credo quella di qualunque altro teenagers al suo posto, per non più di sessanta secondi. Faccio seguire una rapida turnazione del bacino sulla sedia e, guardando la mia discografia domestica, dico “Butta un occhio, dovrei aver qualcosa, sono in ordine alfabetico”. Se non rimette subito a posto la cuffietta mancante, mi addentro nei corridoi della memoria, cercando quel solo dettaglio che possa invogliarla all’ascolto oltre il video probabilmente scovato in qualche social. Alcune volte se ne esce con nomi inquietanti, come gli Eiffel 65 e i Take That, altre con felici deduzioni per uno come me che inizia a perdere la fiducia nelle nuove generazioni (“Quindi prima di Katy Perry dovrei sentire Madonna?”). E poi succede. Mi domanda se conosco gli 883 e io, come da rituale, le rispondo di sì e le indico un punto vago nella marea di custodie in plastica e cartone davanti a noi e le dico “Butta un occhio, dovrei avere ancora una cassetta”. “Una cassetta della frutta?”, risponde lei divertita.



Invece una delle grandissime forze propulsive della musica è stata rappresentata delle musicassette. Mezzo fondamentale, e non solo per spingere artisti di successo (se mai l’esatto contrario): esistono fenomeni musicali nati, cresciuti fino a diventare enormi grazie alle cassette. L’esempio perfetto è l’Hip-hop, che esplode nelle periferie della Grande Mela grazie a DJ appassionati e lungimiranti che riversavano sulle cassette i primi vagiti di Run DMC o dei Beastie Boys – spacciandole a un prezzo poi più contenuto del formato in vinile per le vie cittadine, occultandole nei bauli delle auto, come si può vedere in una puntata Everybody Hates Chris, la bio-sitcom ambientata nel Bronx creata da Chris Rock. Grandmaster Flash stesso dichiarò a Mtv di aver guadagnato seimila dollari dell’epoca facendosi pagare le sue “party tapes” un dollaro a minuto.

Un altro indizio dell’importanza delle musicassette sono i numerosi riferimenti agli ascolti fatti da parte dei big della musica, cresciuti in situazioni non delle più felici dove erano, per via del prezzo contenuto, l’unico mezzo di diffusione musicale e di crescita culturale e personale. Thurston Moore dei Sonic Youth nel 2005 ha creato su un libro, tra l’altro molto bello, sul tema: Mix Tape – The Art of Cassette Culture. Di più. Esistono generi musicali nati e sdoganati proprio grazie alle cassette. Nella fredda Norvegia, nei primi anni Novanta, tutto il futuro culto Black Metal si è diffuso attraverso la registrazione di cassette che poi venivano vendute per posta in ogni angolo del mondo. In Polonia, fino al 1989, le etichette Rock (allora proibito dallo Stato) avevano uscite solo in cassetta; come la Kozielski, prima a distribuire anche artisti stranieri come i Chumbawamba.

Per non parlare di tutti quegli artisti apparsi in primis su una compilation in musicassetta. Uno per tutti: i Primal Scream con Velocity Girls su C86, mitica cassetta allegata alla rivista britannica NME con lo zampino della Rough Trade Records nel 1986 – un anno prima del debutto della band di Bobby Gillespie. E cosa dire della grande rivoluzione del walkman che ne è stato diretta conseguenza e, proprio quest’anno, festeggia quarant’anni? Grazie a questo duo perfetto i ragazzi potevano ascoltare per la prima volta la musica che preferivano senza infastidire i genitori. Gli appassionati di jogging potevano sentirsi meno soli nella fatica quotidiana. I tram, le spiagge e i treni si popolavano di cuffie. Chi non aveva i soldi per un costoso HiFi, poteva rimediare con degli auricolari e una cassetta. 


Lo sviluppo della faccenda è noto: i CD han ucciso le musicassette e internet ha ucciso tutti e due. Questo è genericamente vero, almeno fino al 2009. Se all’inizio degli anni Ottanta, in California, un giovane Daniel Johnston iniziò a pubblicare una cassetta ogni sei mesi, riuscendo così a farsi notare nel marasma di gruppi punk e metal, incuriosendo sia Mtv che tale Kurt Cobain (che, anni dopo, lo consacrò simbolo tra gli outsider indossando una sua t-shirt in diverse occasioni); dieci anni fa, in Georgia, un giovane di nome Ernest Greene, con lo pseudonimo di Washed Out fu il primo a fare uscire con un disco di chillwave, High Times, che pubblicò soltanto in musicassetta (l’edizione in vinile è uscita soltanto l’anno scorso!) come atto di protesta “contro la cultura dell’anonimato e l’appiattimento della cultura individuale”, indovinate chi lo notò? La stessa Sub Pop che dei Nirvana pubblicò il debutto.

Da allora la voce delle musicassette ha ricominciato a farsi sentire più forte, vi basti pensare che sul “caso” Greene si occuparono anche gli autorevoli Guardian e il Wall Street Journal. Nasce così una nuova generazione di artisti “cassette-friendly”, come i Flaming Lips, le Haim, i Diaframma o Jonwayne che su Stones Thorw Records in cassetta ha fatto persino una trilogia. Ma, fuori dalla nicchia, anche Tiziano Ferro dell’ultimo disco ha fatto stampare 10 mila copie in cassette. Motivo per cui le etichette specializzate sono decuplicate: c’è la Loretta Records, la Daupe! oppure la BBE che ebbe il genio di ristampare Welcome 2 Detroit e The Shining di J Dilla su unico nastro, o la 31G di Justin Pearson o la Sexbeat che pubblicò i Fucked Up o, tra varie italiane, la Macina Dischi e la Overdrive.

Se volete approfondire, vi basterà partecipare a uno dei tanti Cassette Store Day che dal settembre 2013 vengono organizzati a più riprese in ogni dove. Tra i frequentatori abituali di queste giornate, potreste trovare anche Philip Monego: ex-amministratore delegato di Yahoo! e starter-up di Ebay, che ha inventato Voquette, un software che riesce a passare quasi ogni formato audio digitale sulle vecchie, amate cassette. Certo, per qualcuno anche questa apparirà solamente come una questione di moda, di modernariato vintage solo per gente che se lo può permettere. Ovvio: a vedere i radioloni finto-Boombox a 500€ nei negozi del centro, si fatica a non dargli ragione. È un po’ la stessa sensazione che si prova nel rivedere quella microcassetta di Beethoven ascoltata da Alex in Arancia Meccanica di Stanley Kubrick nel 1972: tanto stilosa e retrò da sembrare un lusso quasi futuristico. No fa una piega.



Eppure quella delle musicassette continua a essere una rivoluzione. Politica, perché più di qualsiasi altro formato l’ascoltatore di cassette fa una scelta precisa, fuori da ogni scema e quindi “scomoda” per tutti. Economica, perché restano il supporto più economico in circolazione dopo lo scrocco: anche a livello collezionistico, dove un Let It Be, un Gorilla Biscuits o un Kill ‘Em All in cassetta potrebbe farvi risparmiare fino ad alcune migliaia d’euro. Sociale, perché, piaccia o meno, intere generazioni si sono temprate – e pare continuino a farlo – riavvolgendo nastri con una matita. Tutti motivi per cui, qualunque età abbiate, sarebbe bene non le trattaste come una cosa buffa o persino alla stregua di una leggenda metropolitana. Perché le musicassette hanno ancora bisogno di voi ma mai quanto voi di loro. 

 



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