Anna: «Le rapper devono poter dire le stesse cose che dicono i maschi» | Rolling Stone Italia
Chiusa a fare questa hit

Anna: «Le rapper devono poter dire le stesse cose che dicono i maschi»

A quattro anni da ‘Bando’ e dopo aver collaborato con tutta la scena italiana, la rapper pubblica il suo primo album e si gode il suo momento d’oro: «Sono spuntata dal niente, ho dovuto dimostrare di poterlo fare»

Anna: «Le rapper devono poter dire le stesse cose che dicono i maschi»

Foto: Andrea Ariano

Pensa essere Anna Pepe, che a 16 anni pubblica una traccia con una base scaricata da Internet e quella canzone diventa la hit dell’anno. Pensa essere Anna Pepe, che non era mai uscita dalla sua Liguria (cit) e ora tutti la vogliono. Quante probabilità c’erano che diventasse l’ennesima meteora da una canzone e via? Tantissime.

Eppure qualche anno è passato e Anna è ancora qua, eccome, a testimoniare che la sua storia è piuttosto rara. In questi anni ha collaborato con praticamente tutti i rapper che ascoltava sul cellulare. Nel 2023, con Capo Plaza, ha tirato fuori il pezzo dell’estate. Quest’anno l’ha fatto di nuovo, da sola. E, a quattro anni da quella base scaricata da YouTube ora Anna è pronta a pubblicare il suo primo disco, Vera baddie.

Ce lo facciamo raccontare il giorno dopo che è salita sul palco di San Siro, ospite di Sfera Ebbasta, la sua prima volta al Meazza: «È stato assurdo, è stata tipo una chiusura del cerchio. Ho ascoltato Sfera tutta la mia adolescenza, essere sul palco con lui è stata una figata assurda». La incontriamo in una Milano che sembra ottobre, anche se siamo a giugno. Il suo ultimo singolo si chiama 30°, fuori ce ne sono almeno dieci in meno. Unghie lunghe tonalità rosa, Anna sta facendo un po’ di interviste per l’uscita dell’album. Il disco si chiama Vera baddie, dicevamo, anche se lei dal vivo sembra essere tutt’altro. È gentile, ride, scherza: non proprio il ritratto di una baddie. Non facciamo fatica a capire la sua serenità: il suo singolo è al numero uno della classifica Spotify, esce il suo primo disco, canta a San Siro. Che manca?

«Vera baddie è un disco divertente», ci dice. «È un disco personale in cui ci sono alcune tracce un po’ più magiche, lente, ma è prettamente un disco che ti fa ballare». Baddie letteralmente significa cattiva. Ma Baddie è soprattutto il suo soprannome «il pubblico ha passato mesi a urlarmelo. Non poteva che essere questo il titolo».

Nel primo brano, Intro, rappa: “Sai che ho dato a tutte la fottuta ispirazione / perché questo flow ti blocca la respirazione / penso solamente che non c’è competizione fanculo le regole io sono l’eccezione / Pretty young rich, pretty young bitch / Avevo solo 16 ma piena di big dreams”. Sembra un brano con cui vuole mettere qualche puntino sulle i: «Più che altro un modo per dire che mi sento matura per essere dove sto. Quando ho iniziato, così velocemente, è stato difficile. Ho dovuto allenarmi tanto per dimostrare di saper stare al passo, che potevo farlo veramente».

Le rapper in Italia sono come i panda: poche. E quelle poche che ci sono fanno fatica a farsi notare. Anna in questo è stata eccezione. È la donna italiana più ascoltata in streaming, ma soprattutto è riuscita in qualche modo a preservare da un alone di coolness, quasi di mistero. Ci spieghiamo meglio: il fatto che non abbia avuto un successo televisivo (leggasi: quello per cui anche i vostri genitori e i loro genitori la riconoscerebbero per strada) ha in qualche modo preservato una magia.

Con Vera baddie si gioca tutto, e lo canta anche in uno dei 18 pezzi: “Devo fare il disco e se poi non mi capiscono”. Domanda più che lecita nel grande mercato del 2024, dove nulla è certo e dove può arrivare una nuova Anna from La Spezia da un momento all’altro, pronta a farti le scarpe. «Quando pubblico qualcosa ho sempre la paura di non essere capita. Quando ho iniziato sono spuntata dal nulla, non avevo un background, non avevo niente sul quale la gente potesse basarsi. Hanno dovuto darmi del tempo, ho dovuto dimostrare che ci sto dentro, che sapevo fare qualcosa, facendo un percorso lineare». Nel suo percorso lineare ci sono stati Sfera, Lazza, Ghali, Geolier, Artie 5ive e molti altri.

Quando è uscita Bando le scrivevano qualsiasi cosa sui social: «tornatene da dove sei venuta», «chi cazzo è questa?», «tra due mesi è sparita». «Ci sta», dice lei. «Non ti dico che è stato semplice ma non mi conoscevano. E poi la gente su Internet scrive qualsiasi cosa, io non leggo neanche più».

E dopo anni di singoli, un EP e collaborazioni con praticamente tutta la scena italiana, è il momento di fare il passo del disco. Le aspettative? «I numeri sono l’ultima cosa che mi interessa, giuro. Sono super soddisfatta di quello che sto facendo e mi va bene così. Spero solo che questo disco sia un disco di culto come può essere Rockstar di Sfera. Non voglio assolutamente paragonarmi, ognuno ha il suo percorso. Spero che sia un disco di culto tra i ragazzi e le ragazze di questa generazione».

La sua posizione, come dicevamo prima, è particolare. Famosissima tra gli under 20, quelli più vecchi magari conoscono le canzoni che passano alla radio ma per strada non la riconoscerebbero. «A me questa cosa che mi conoscono solo i più giovani piace. È bellissimo se i boomer non sanno chi sei», dice. In questo senso le cose cambiano solo se fai un salto in Liguria, questa volta la seconda settimana di febbraio. «Sanremo per ora non è nei miei piani», ma son quelle frasi che si dicono così, pochi mesi e potrebbe cambiare idea (anche se noi speriamo vivamente di no).

«Il disco è perfetto per ballare», come dice lei, sia a una festa che su TikTok. C’è spazio anche per brani meno up, oseremmo dire quasi romantici, e diciamo quasi. Esiste un cuore sotto quelle ciglia? «Sì, posso dire che ho un lato romantico, un lato più bastardo e uno romantico». Ma non ci si abitua troppo e arrivano brani decisamente espliciti tipo Mulan, in cui Anna rappa “no best friend sei una puta”, e non spoileriamo il resto. «Se vogliamo sdoganare definitivamente il rap femminile allora le tipe devono dire le stesse cose che dicono i maschi. Perché i maschi possano dire le peggio cose e noi no? Io voglio poter dire le stesse cose». La baddie come modello di empowerment? Why not.

Il disco è stato lavorato a Milano, Miami e Los Angeles. Una bella differenza dalle take registrate in camera a La Spezia, qualche anno fa. «Alle me sedicenne direi che tutto ciò che sogna è nelle sue mani, basta che si impegni, che lavori duro, le consiglierei di aspettarsi tante cose belle perché arriveranno, anche se in quel momento le sembra tutto irraggiungibile. Succederà, e anche presto». Una sorta di manifesting. «Stramanifesting, totale. Pensa a Bando, e ti giuro che sono l’ultima persona che vuole parlare di questo pezzo ora. Però dicevo “Ho detto alla mamma che mo’ vado a Milan” e poi è successo. Ma pure “Infami che tornano in fila”. Tutti quelli che mi sfottevano e poi sono tornati quando le cose hanno iniziato ad andare bene». Ma pure in 30°C, dove si vede abbronzatissima, bellissima e simpaticissima. «Ho manifestato tutto, sì. A febbraio ero lì che mi vedevo d’estate». Per ora a Milano piove: siamo pronti a stupirci.

Da novembre Anna sarà in tour nei club. Tutte le date:

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