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Billy Idol è ancora il più figo di tutti, parola di Henry Rollins

Col rocker di 'Rebel Yell' a Hollywood, dove gli è stata dedicata una stella sulla Walk of Fame. «Coi Generation X ha messo in musica la fugacità della giovinezza», dice l'uomo dei Black Flag

Foto: Enzo Mazzeo

In un panorama musicale che anno dopo anno si trasforma a velocità sempre più sostenuta, è bello avere delle certezze. Una di queste si chiama Billy Idol: a quasi 70 anni d’età, passati non proprio senza intoppi (nella prima metà degli anni ’90 rischiò di lasciarci le penne prima a causa di un grave incidente in moto e poi per un’overdose, per dire), il rocker britannico, al secolo William Michael Albert Broad, appare ancora come la gente se lo immagina: i capelli ossigenati, il giubbotto di pelle, gli stivali borchiati e soprattutto un’invidiabile forma fisica. Ci sono solo le rughe sul volto a ricordarci che non è più il 1982.

Siamo a Los Angeles, la città che ha adottato Idol 35 anni fa («non ho mai vissuto più a lungo in nessun altro posto», ci dice) e che oggi gli dedica un riconoscimento che da queste parti vale come un Oscar: una stella sulla Walk of Fame di Hollywood. «Quando stavo a Bromley», spiega, parlando dell’infanzia vissuta nei sobborghi londinesi, «assorbivo musica dei generi più disparati, inclusa quella di molti artisti che vengono ricordati su questa strada: Bowie, i Beatles, i Doors. Grandi musicisti ma anche tanti attori. Amavo il cinema classico in bianco e nero quanto quello a me contemporaneo: Marlon Brando, James Stewart, Anthony Mann. E poi Robert De Niro e Al Pacino. Mi sembra un sogno, a distanza di tanti anni, essere celebrato fra questi nomi».

A star is (re)born. Foto: Enzo Mazzeo

Foto: Enzo Mazzeo

Pochi minuti prima, un’altra icona come Henry Rollins ci ricordava cosa rende Idol un artista sui generis all’interno del movimento punk, di cui è considerato un precursore insieme ai suoi Generation X: «Alla fine degli anni ’70, in Inghilterra, esplose una scena musicale che vive ancora oggi: Clash, Damned, Adverts, Sex Pistols, Buzzcoks, X-Ray Spex, Siouxsie and the Banshees, tutte grandissime band. E poi c’erano i Generation X. Quello che li differenziava era che gli altri parlavano di come le cose non funzionassero, del fatto che la vita non era affatto facile. Loro invece scrivevano canzoni sulla giovinezza».

«Attenzione però, perché generalmente ci si considera giovani per un lasso di tempo che dura alcuni anni, quando in realtà si è veramente giovani per un periodo molto più breve, praticamente la durata di una sola estate. È come un lampo che svanisce subito. E i Generation X, con tre dischi e una manciata di singoli seppero cogliere perfettamente quello stato d’animo».

Henry Rollins, Billy Idol e Shepard Fairey. Foto: Enzo Mazzeo

Steve Jones (Sex Pistols) e Henry Rollins. Foto: Enzo Mazzeo

Rollins va avanti incensando l’operato solista del cantante, che poi è quello che lo ha fatto diventare popolare presso il grande pubblico (Eyes Without a Face, White Wedding, Rebel Yell e Dancing with Myself), così come la sua incessante attività dal vivo. Ma non si può fare a meno di notare come la rock star Billy Idol conviva perfettamente con l’uomo Billy idol, quello che si commuove parlando della sua famiglia («Sono arrivato a Los Angeles con l’idea di fare dei figli, e oggi li ho tutti qui al mio fianco. Sono anche diventato nonno, e questa è una cosa bellissima»), e che non manca di rivolgere parole di stima nei confronti dell’amico che lo ha accompagnato per tutta la carriera, il chitarrista Steve Stevens: «Collaboriamo da 42 anni. E ovviamente ci piace ancora suonare i classici, ma abbiamo anche appena pubblicato della nuova musica. Il nostro è ancora un rapporto molto intenso, vitale. Ed è una sensazione straordinaria».

Con la band. Foto: Enzo Mazzeo

Billy Idol e Steve Stevens. Foto: Enzo Mazzeo

Se quest’uomo oggi è qui, non è evidentemente frutto del caso: «Quando ho cominciato a muovere i primi passi nella musica, la società in cui vivevamo non lasciava troppe speranze. In un certo senso, non c’era futuro (e scandisce le parole «no future» rivolgendo lo sguardo proprio all’ex chitarrista dei Sex Pistols Steve Jones, seduto a pochi metri di distanza, nda). Facevamo musica per il solo amore che nutrivamo per essa. Nient’altro. Pensavamo che la cosa sarebbe andata avanti qualche mese, forse un anno o due. Nessuno poteva immaginare che questa passione sarebbe diventata un lavoro. Tanta gente ci diceva di non provarci nemmeno, ma io fortunatamente avevo intorno anche persone che la pensavano diversamente».

La cosa non ci sorprende. In fondo si parla di uno a cui una maestra aveva affibbiato il soprannome Idle (praticamente “fannullone”) e che lui ha trasformato in una parola dalla pronuncia identica ma dal significato decisamente più altisonante. Un idolo vero, insomma.

Con la moglie China Chow. Foto: Enzo Mazzeo

Foto: Enzo Mazzeo

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