Drill! Suona la campanella, è settembre, inizia la scuola del beat e all’appello del professor Night Skinny ci sono proprio tutti. Finite le vacanze, messi nella differenziata i tormentoni, il producer molisano – dopo i successi di Zero Kills, Pezzi e Mattoni – si concede il lusso di giocare al Fantarap facendo una formazione “modello PSG”. I suoi Mbappé e Neymar arrivano senza i petrodollari del Qatar, senza gli accordi commerciali dei discografici, ma grazie a quella music credibility, oggi molto più importante della sorella street credibility, per riuscire a sopravvivere nel rap game. Quaranta artisti, quaranta voci scelte con un unico criterio, il gusto del producer che Ghali in una delle tante hit del disco, Diavolo, riassume così: “Skinny sa con chi sto e con chi bazzico, vuole da me del rap perché sa come lo mastico”.
Un’idea semplice, scegliere i migliori e costruirgli intorno un suono e uno stile riconoscibile al di là delle diverse identità di ciascuno, un lavoro tanto da artigiano quando da direttore creativo, ovvero il lavoro di produttore hip hop come da sempre lo intendono oltreoceano. Botox è un disco monstre di 21 tracce, ricco di sfumature che vanno dall’old school al cantautorato elettronico, in cui dopo alcuni ascolti si possono riconoscere i punti di forza: da un lato c’è il talento di Skinny nel far brillare i pezzi più street e gangsta, solitamente affidati solo al flow di chi rappa e ora impreziositi da stilose architetture musicali, boschi verticali di beat in mezzo ai “blocchi” di rime, come nel poker di pezzi uno dietro l’altro di Giorni contati, Doppio Hublot, Coki e Prodotto. Dall’altro c’è la scommessa del producer di provare a imporre un sound minimale, glitchy e ricercato ai pezzi più pop, un’attitudine che ricorda l’r&b inglese di artisti come Mica Levi, Tirzah o Sampha. Forse in quella in direzione l’esperimento più riuscito è quello con la voce di Elisa, finalmente credibile come Björk italiana, tanto da pensare che un album intero dei due sarebbe cosa buona.
Il resto è condizionato dall’idea stessa del progetto, ovvero avere tanti voci diverse, tre o quattro in ogni pezzo, costrette in qualche modo a un confronto costante su flow e scrittura. Se dall’ultimo banco le vecchie star, ripetenti per acclamazione, non deludono mai, per talento e mestiere (parlo di Salmo, Noyz Narcos, Gué, Fabri Fibra, Jake La Furia, ma anche i più giovani Lazza e Paky) dall’altra sono in tanti a fare fatica a catturare l’attenzione con due strofe, c’è chi ripete all’infinito lo stesso mood (per quanto di successo) come Rkomi o Coez e chi, come Tony Effe o Ernia, avrebbe bisogno di provare ogni tanto una nuova cifra stilistica. Nota di merito a Baby Gang, sempre più padrone di un suo linguaggio destinato a lasciare il segno, e a Ketama che con Skinny più che con altri trova il partner ideale per la giusta ispirazione.
Il titolo del disco, nelle intenzioni dell’artista, vuole anche essere un manifesto programmatico, Botox dovrebbe «incarnare il concetto di finzione». «In una scena assuefatta dai numeri e dalle classifiche», dice Skinny, «in cui vince chi ostenta, in una società ossessionata dal successo che ci insegna a modificare la nostra immagine, l’apparenza non è altro che una forma di dipendenza. In Botox conta solo la musica. È tutto vero. No filler».
In questa messa a nudo, senza ritocchi, della scena hip hop, trap e pop l’immagine che lo specchio di questo doppio album ci restituisce è quella di una musica urban pronta al salto di qualità, con la coscienza che l’esame di maturità non verrà superato da tutti. Resteranno i migliori, ne arriveranno di nuovi, ma se la selezione all’ingresso la farà sempre Night Skinny sarà una garanzia di qualità.