“Ora che ho quasi 80 anni, mi piace pensare di essere diventata più saggia”, ha detto Tina Turner a Rolling Stone USA. Non esistono altre rinascite paragonabili al suo comeback degli anni ’80. Tina Turner è diventata una superstar a 44 anni. Cose del genere solitamente non succedono (per capirlo, sappiate che quella è l’età di Lauryn Hill, Andre 3000, Mark Ronson e Jack White).
Il successo, però, non è arrivato nel modo più semplice. Tina è sempre stata una combattente, perché è così che doveva essere. Ricordo quando, nell’estate del 1984, un dj di WBCN lanciò la sua nuova hit definendola “la nonna più hot del mondo”. Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Quella voce rauca – “What’s love got to do, got to do with it” – era una nonna? Quella donna aveva vissuto. Aveva superato storiacce da adulti. I vostri enormi sentimenti da adolescenti? Per Tina erano tutte emozioni di seconda mano.
La sua vita è appena arrivata a Broadway con il musical Tina. Ha iniziato la sua carriera come metà del duo Ike and Tina Turner – protagonisti della copertina del secondo numero di Rolling Stone USA, pubblicato nel novembre 1967. Il mondo avrebbe dovuto capire, ma non è successo, che quel matrimonio era una camera delle torture. Quando ha trovato la libertà con Private Dancer, nel 1984, ha fatto molto di più che rivoluzionare una carriera. Ha inventato un nuovo tipo di popstar, definendo il concetto di “middle-aged cool”. Come ha fatto un altro veterano della musica nato negli anni ’30 e tornato alla ribalta negli anni ’80, il collega buddista Leonard Cohen, Tina non ha mai cercato di nascondere la sua età. Al contrario, ha messo tutti i suoi dolori e le ferite nella voce.
Nessun altro avrebbe potuto registrare Private Dancer, una ballata commovente su una vecchia sex worker. Come ha detto di recente a Rolling Stone USA, la canzone “racconta la storia di una donna come me, intrappolata in situazioni difficili, ma che in qualche modo trova la strada per andare avanti”. Scritta da Mark Knopfler dei Dire Straits, di certo non la classica icona femminista, la canzone è diventata per gli strip club quello che Sultans of Swing era per i trombettisti mediocri. Tina si avvicina al palo e sussurra all’ascoltatore come se fosse un cliente: “Vuoi vedermi ballare di nuovo lo shimmy?”. Gesù. Wow. No, grazie. Si sieda, signora.
All’inizio, dopo la fuga da Ike, l’industria la trattava come se fosse morta. Nera, donna, verso i 40? Nessuna speranza. Ma in qualche modo Tina Turner ha trovato una nuova vita tra i ragazzini della new wave. È diventata una delle prime star di MTV. Per qualche ragione, sono ancora molti quelli che si fanno imbambolare dalla stronzata secondo cui Michael Jackson sarebbe stato la prima star nera; chiedete a chiunque guardasse davvero la tv in quegli anni – MTV nel 1982 era casa di un’eclettica crew di outsider come Turner (“The Burner”, come la chiamava J.J. Jackson), Prince, Grace Jones, Joan Armatrading, Peter Tosh, i Bus Boys, Sly & Robbie, Phil Lynott. Questi artisti non avevano nulla in comune se non che erano ignorati dalle radio rock, da quelle pop e da ogni tipo di emissione terrestre.
Il duetto Ball of Confusion con alcuni musicisti degli Heaven 17 diventò un classico di MTV. Gli Heaven 17 erano un geniale gruppo synth pop di Sheffield che doveva molto agli Human League. I due leader, Martyn Ware e Ian Craig Marsh, avevano un progetto parallelo chiamato B.E.F., The Britisth Electric Foundation. Mentre Tina faticava a trovare la luce nel suo mondo, restò sbalordita nello scoprire che nel Regno Unito c’era una nuova generazione di giovani esteti che non la vedevano come una vecchia gloria – per loro era un esempio da seguire, e conoscevano i suoi dischi meglio di chiunque altro, Tina inclusa. Come ha detto più avanti, “Martyn, che all’epoca era praticamente un ragazzino, anche se talentuoso, pensava che davanti a questa cantante di mezza età ci fosse un futuro luminoso”.
C’era qualcosa, in quelle session, che le sembrava insolito: niente band? Niente strumenti? Giusto un paio di strambi ragazzini inglesi in una stanza piena di sintetizzatori? Beh, al diavolo: quei ragazzini la prendevano sul serio, un bel cambiamento rispetto al solito, e decise di andargli dietro. Volevano un po’ di soul? Ecco il soul. Quella che sentite in Ball of Confusion è la prima, rozza take che hanno registrato. Tina non aveva idea che le avrebbe salvato la carriera.
Martyn Ware produrrà il singolo successivo, la cover di Al Green Let’s Stay Together, le fondamenta su cui avrebbe costruito Private Dancer. Quando i B.E.F. hanno registrato un nuovo album nel 1991, Tina era chiaramente una delle star più luminose del pianeta, ma non aveva affatto dimenticato gli amici che l’avevano aiutata. Per questo, ha regalato loro una versione onesta e senza fronzoli di A Change Is Conna Come.
La notte in cui la sua carriera cambiò davvero risale al gennaio del 1983: tutto successe grazie a uno dei suoi più grandi fan, un tizio chiamato David Bowie. Il Duca Bianco stava per registrare una delle hit più importanti del decennio, Let’s Dance. Quando arrivò a New York, i boss della Capitol volevano coccolarlo per festeggiare l’enorme fortuna che stavano per fare insieme. Ma Bowie disse che aveva altri piani: doveva vedere un concerto della sua cantante preferita al Ritz. E lo stesso avrebbero fatto loro. Roger Davies, il manager di Tina, era scioccato quando ricevette la chiamata dall’etichetta che chiedeva se ci fosse modo di accreditare degli ospiti extra. Sessantatre ospiti extra.
Quando Tina salì sul palco, quella sera, non aveva idea che Bowie si era portato dietro tutti i parrucconi e più o meno metà della nobiltà rock della città. La sua performance fece saltare in aria il locale. “Il mio momento Cenerentola”, dirà nella biografia My Love Story. “Quella serata al Ritz è stato l’equivalente di quando lei va al ballo (Principe Azzurro escluso), perché ha cambiato drasticamente la mia vita”.
Tina farà l’alba con Bowie, Keith Richards e Ron Wood improvvisando vecchi classici Motown e svuotando la riserva di Jack Daniels dell’albergo. Al mattino, la cantante salirà su un taxi per tornare “tristemente alla realtà”. Ancora non lo sapeva, ma da quel momento era quella la sua realtà. Il concerto al Ritz porterà a Private Dancer, e la notorietà non l’avrebbe più abbandonata.
Rolling Stone si schierò subito dalla sua parte con una recensione entusiastica di una delle giornaliste di punta del magazine, Debbie Miller. Il suo è stato uno dei pezzi cambia-carriera più importanti mai pubblicati dal magazine; in sostanza, ha reso il suo ritorno leggendario. La recensione finiva in grande stile: “L’anno scorso ho sentito Tina Turner cantare un’orribile canzone di Terry Jacks, Season in the Sun, alla televisione. In qualche modo era riuscita a trovare qualcosa in quel pezzo, qualcosa che le spezzava il cuore. Adesso pensate a cosa potrebbe fare con belle canzoni”.
Private Dancer, come gran parte della sua produzione solista, era principalmente frutto del lavoro di musicisti inglesi, una scelta che l’ha esposta a critiche ingiuste. Nel 1983, ben prima che uscisse l’album, Rick James la attaccò su People: “Non ci sono neri su MTV a parte Tina Turner, che ha smesso di essere nera una decina d’anni fa”. Che stronzo, Rick. È una vecchia storia: un afroamericano va in Europa per trovare il rispetto che non avrebbe mai avuto a casa (Tina ha vissuto a Zurigo per anni, e di recente è diventata cittadina svizzera). Per Turner era arrivata l’occasione per conquistare l’America – questa volta alle sue condizioni.
Tina e Bowie costruiranno una delle amicizie tra celebrità più toccanti degli anni ’80: si facevano complimenti straordinari, e collaborando hanno dato vita ad alcuni dei momenti più, beh, interessanti delle loro carriere. In particolare Tonight, un duetto synth-reggae da incubo del 1984 su un canto funebre e strafatto che Bowie aveva scritto con Iggy. Tonight è oggettivamente orribile, e ne amo ogni istante. Quando le voci si mischiano sul verso “I will love you till I die / I will see you in the sky” potete sentire lo strano amore che teneva insieme quei due artisti strani. E sì, hanno anche duettato per una pubblicità della Pepsi, cambiando le parole di Modern Love per adattarle al marchio: “Now I know the choice is miiiiiiine!”.
Quindi, nel giorno del suo 80° compleanno, facciamo un brindisi – magari con Dom Perignon e Jack Daniels trafugati dalla cantina di un albergo – a una vera rockstar. Potete sentire la grinta di Tina Turner in hit come Better Be Good to Me. Ma è anche nascosta in brani come la sua versione del 1985 di un classico come Total Control. In America venne ignorata, soffocata dal successo di We Are the World, un LP che tutti compravano e che nessuno ascoltava. Total Control riassume alla perfezione la parabola di un’artista che si è giocata tutta la carriera per ribellarsi all’autorità maschile. Oggi nessuno può negare che ci sia riuscita.