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Chappell Roan contro tutti

In un mondo di relazioni parasociali e stan culture, la popstar prova a mettere dei limiti nei rapporti coi fan. Ce la farà?

Foto: Ryan Clemens

Mentre facevo zapping mi sono ritrovato a guardare una nota trasmissione del pomeriggio: in studio, ospiti e conduttrice parlavano del peso della popolarità (non la loro, non ricordo precisamente chi fossero ma direi che era tutta gente che dorme tranquilla). Dai casi più recenti – tipo quello di Sangiovanni, che ha comunicato mesi fa di volersi prendere una pausa per tutelare la sua salute mentale – si faceva una sorta di parallelismo con le carriere di vecchie rocce tipo Al Bano, Ornella Vanoni o Loredana Berté, che «in 50 anni ne hanno passate di ogni». Il sottotesto era che loro erano stati più bravi perché avevano sopportato in silenzio (e direi anche perché non avevano Instagram).

Quel servizio mi ha fatto pensare a un articolo in cui si diceva che Chappell Roan, popstar americana, era diventata famosa troppo velocemente. Il pezzo si riferiva al fatto che, se Roan quest’anno ha avuto qualche uscita che potremmo definire particolare, ci arriviamo, probabilmente tutto era dovuto al fatto che la sua popolarità è diventata così grande e in maniera così rapida che alla fine lei sta facendo fatica a trovare un equilibrio.

Chi se ne intende dice che quest’anno Chappel Roan porterà a casa almeno un Grammy nelle categorie principali, anche se in un’intervista rilasciata a The Face ha dichiarato che un po’ spera che non succeda, così la smetteranno di pressarla. «Potremmo dire: vedete, ci abbiamo provato e non abbiamo vinto, arrivederci». Che vinca o no, resta lei la rivelazione del 2024 (Charli XCX non vale perché era già tra noi). Una riconoscenza che Roan si è guadagnata grazie al suo disco d’esordio, The Rise and Fall of a Midwest Princess, grazie alla sua storia queer, ai suoi look pazzi (quello da Statua della libertà è imbattibile) e, ultima ma non ultima, anche grazie alla sua attitudine.

Chappell Roan è infatti l’ultima popstar in ordine di tempo che si sta ribellando ad alcuni atteggiamenti dei fan. Lo scorso agosto, ha comunicato che quando non è sul palco vuole essere lasciata in pace: «Negli ultimi dieci anni ho lavorato senza sosta per realizzare il mio progetto e sono arrivata al punto in cui ho bisogno di stabilire dei limiti. Ho sempre voluto fare l’artista. Ho avuto troppe interazioni fisiche e sociali non consensuali e ho solo bisogno di dirlo e ricordarvi che le donne non vi devono un cazzo». Un fan l’avrebbe persino afferrata e baciata mentre era in un bar: «Non accetto molestie di alcun tipo perché ho scelto questa strada», ha detto, «né le merito».

Una situazione di cui aveva già ampiamente parlato Doja Cat (che aveva definito i suoi fan inquietatanti da morire), ma pure Billie Eilish, che in una cover story proprio per Rolling Stone raccontò di quanto cerchi di non spiegare bene il significato delle canzoni perché poi le persone le possono interpretare e «scatta il meccanismo per cui si deve rovinare la vita della persona che mi ha fatto soffrire». Tematica che sicuramente conoscono bene tutti gli ex di Taylor Swift.

Dopo la pubblicazione delle stories, Roan era stata sostenuta da molti ma attaccata da moltissimi altri al grido di «se non ti sta bene allora non ti meriti di stare dove stai».

Le celeb sono sempre state inseguite per strada e idolatrate dai fan, mica è una novità. Negli ultimi anni però si parla sempre più spesso di relazioni parasociali, che sono quelle relazioni unilaterali che si svolgono nell’immaginazione di una persona nei confronti di una figura pubblica. A parlare è Sally Theran, professoressa di psicologia al Wellesley College e psicologa clinica autorizzata: «Sono ancora in corso studi sull’intersezione tra fandom ossessivo, social media e musica. Potresti avere conversazioni immaginarie con il tuo artista preferito nella tua testa. Potresti immaginare che tipo di consiglio ti darebbe. Potresti immaginare come sarebbe averlo come amico». Ma pure come nemico.

E se le relazioni parasociali ci sono da quando esistono le persone famose, all’inizio degli anni 2000 è nata anche l’espressione stan culture, che racchiude tutti quegli atti estremi messi in pratica da un determinato fandom per sostenere ciecamente i propri idoli e allo stesso tempo demonizzare chiunque possa ostacolarlo. Secondo alcuni il termine stan arriva dal brano omonimo di Eminem (e la canzone infatti parlava del rapporto tra una persona famosa e un fan), per altri è semplicemente la crasi di stalker e fan. Scegliete quella che vi piace di più: «Ci sono fan che farebbero di tutto per difendere il loro artista preferito, e che hanno trasformato il web in un campo di battaglia digitale. Le persone che criticano molti dei più grandi artisti di oggi corrono il rischio di essere doxxate e molestate, mostrando un comportamento che non può essere semplicemente attribuito alla qualità della musica di qualcuno». Ma la domanda rimane: è possibile tagliarsi fuori da questi meccanismi quando si è popolari?

Una delle ultime controversie nella quale è stata coinvolta Chappell Roan riguarda le presidenziali americane: «Fanculo il governo e fanculo tutto quello che sta succedendo in questo momento», ha detto la musicista a RS dopo la scarsa prestazione di Joe Biden nel suo unico dibattito con Donald Trump. «Non ho una parte perché odio entrambe le parti e sono così imbarazzata per tutto quello che sta succedendo». Frasi che, decontestualizzate e tagliuzzate l’hanno resa fervida sostenitrice di Trump. Seguirono insulti sui social e articoli di giornali. Lei quindi si è messa il telefono in faccia per spiegare alle persone che che erano cadute nel clickbait, che avrebbe votato per Kamala Harris, ma che comunque non l’avrebbe sostenuta. Ciò non ha spento i commenti e cinque giorni dopo Roan ha annunciato che avrebbe annullato due concerti perché le cose erano «diventate opprimenti». «Sento la pressione di dare priorità a molte cose in questo momento e ho bisogno di qualche giorno per dare priorità alla mia salute. Voglio essere presente quando mi esibisco per fare i migliori concerti possibili. Grazie per la comprensione». Esempio di quando una polemica online finisce per impattare il mondo reale. The show must go on? Sì, ma solo se mi sento bene. Anche questa decisione le è chiaramente costata l’ira dei fan che avevano acquistato i biglietti.

Quindi forse sì, Chappell Roan è diventata famosa troppo velocemente. Possiamo però anche serenamente dire che Internet può essere un posto orrendo. E checché ne dicano al programma del pomeriggio, è impossibile non considerare il ruolo dei social network. «Con i social media le celeb hanno un potere incredibile nelle loro mani», ha detto alla BBC Sarah Ditum, autrice di Toxic, libro che esplora la celebrità femminile negli ultimi decenni. «Gli artisti non devono passare attraverso una stampa potenzialmente ostile e possono parlare direttamente al loro pubblico alle loro condizioni». Ma c’è un grandissimo ma: «Questo conferisce incredibile potere al pubblico».

Pensate solo a quello che è successo a Britney Spears, qualche anno fa. Persone come lei venivano date in pasto al pubblico ludibrio anche quando in preda a psicosi o episodi depressivi. Anni dopo, e dopo la pubblicazione delle sue memorie, tutti concordano su quanto quelle esperienze le abbiano rovinato la vita. Negli anni la sensibilità dei media è cambiata, ma quella delle persone? Chappell Roan spera sia possibile modificare un po’ le cose. La tecnica migliore per sopravvivere forse rimane quella di non leggere mai nulla, di ignorare tutto: a tal proposito è intervenuta in maniera quasi profetica Katy Perry, che dopo essere stata massacrata ad ogni livello possibile negli scorsi mesi (dalle recensioni terribili del suo disco alle accuse per aver lavorato con Dr. Luke fino agli insulti ricevuti online perché ritenuta vecchia, superata, ecc…), ritirando il Vanguard Award agli ultimi VMAs ha dichiarato: «Se sono ancora qui è perché ho capito come spegnere il rumore delle cose intorno». Dite a Chappell come si fa e good Luck, babe.

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