Per chi è fuori dalle dinamiche della musica, del rapporto artista-discografia, ovvero di tutta una sottile e delicata rete di rapporti umani, velleità artistiche e aspettative economiche, capire cosa significhino certe dichiarazioni di chi fa musica non è semplice. Quando Charli XCX, l’artista che negli ultimi cinque anni ha più sperimentato e giocato con il pop ai massimi livelli, ha dichiarato che avrebbe fatto un disco da major («a major label album in the way that it’s acutally done»), nemmeno noi eravamo certi di cosa l’artista britannica ci stesse davvero dicendo. Charli d’altronde ha sempre fatto musica pop ed è sempre stata sotto contratto con un major, arrivando più volte della sua carriera in classifica. Certo, il suono di Charli – dal connubio con Sophie per l’EP Vroom Vroom – ha sempre provato ad andare oltre gli stilemi del genere (non a caso ha flirtato con il meglio della scena hyper pop, legittimando quella stessa scena agli occhi del mercato), ma pur sempre di pop mainstream si parlava. Cosa significava allora quella dichiarazione e perché per l’artista era così necessario esplicitarla sui social e nelle interviste?
Venerdì è uscito Crash, ovvero il major label album di Charli XCX, l’ultimo disco che – per contratto – l’artista doveva alla sua casa discografica. Questo particolare è importante per parlare di Crash anche se chi ascolterà il disco sarà più interessato alla musica che alla burocrazia. Eppure, nel capitale, la burocrazia è tutto. E così anche nella musica. Non a caso Charli ha dichiarato che ha deciso di fare questo tipo di disco, ora, proprio perché l’ultimo in uscito con questa etichetta discografica (la Atlantic Records), con la quale aveva stipulato un contratto di cinque dischi quando aveva solamente 16 anni. Crash funge da testamento di questo percorso iniziato nel 2013 con True Romance, quando Charli aveva appena 21 anni e, a suo modo, raccogliendo un decennio di attività funge da ultimo e definitivo tassello di questa prima parte di carriera dell’artista di Cambridge.
Come ci costruisce – musicalmente – un major label album? Crash da questo punto di vista è il tutorial ideale per la perfetta popstar, un Frankenstein del pop ideale, dove trovare il disco-funk ’70 di Dua Lipa (Baby, Yuck), gli ’80 spudorati di Lady Gaga (Good Ones, Every Rule), l’anthem da discoteca dei ’90 (Used to Know Me che riprende Show Me Love di Robin S) e i ritmi dei primi Duemila che tanto piacciono alla nostra Charli (Beg For You). Anche l’estetica, tra copertine, shooting, copertine, pesca di volta in volta da un decennio differente, in un eccitante e continuo senso di sopra-le-righe, concordando con l’idea sonoro-musicale di un contemporaneo e smaccato recupero del meglio della storia. Un disco per da major deve infatti funzionare su tutti i piani, dal suono alla comunicazione visiva, dai testi alla messa in scena, per arrivare perfettamente a destinazione.
Se da Crash estromettiamo quindi ogni giudizio critico, tornando alla dichiarazione iniziale di Charli, ovvero quella di fare un major label album, beh, la ragazza ce l’ha fatta di nuovo, proprio come quando nel primissimo lockdown mondiale aveva deciso di fare un disco in un paio di mesi, riuscendo a produrre una memoria vivida di quel momento storico in How I’m Feeling Now. Solo che la realtà, nella musica, non è mai così lineare. Crash, infatti, è un disco talmente ben ragionato da diventare fin troppo didattico. Più un disco tutorial che un’opera originale di per sé.
Intrappolata nell’idea di emulare il meglio del contemporaneo, Charli – l’anti-popstar per antonomasia, come lei stessa si definiva – è davvero poco presente qui. Certo, in Crash le hit ci sono, e i numeri superiori a ogni disco precedente lo stanno già dimostrando, ma nel giudicare l’opera nella sua totalità ci troviamo di fronte a un bignami su come si fanno le hit, un tutorial su come emulare Dua Lipa o Lady Gaga o chi altro, piuttosto che dinnanzi a un album coeso e coerente che ci spiega come essere Charli XCX, ovvero la popstar del futuro (anche se i brani più smaccatamente Charli ci sono e funzionano molto bene, come New Shapes con Christine and the Queens e Caroline Polacheck o la conclusiva Twice). Charli, in Crash, si allontana quindi dalla costruzione di un suono peculiare che aveva contraddistinto i suoi lavori dal 2017 ad oggi per mostrarci tutta un’altra intenzione, quasi questa fosse un’occasione (l’ultima con un budget major?) per mostrarci le sue qualità di popstar matura, dai brani alle coreografie, dai live tv alle interviste. Un tassello che effettivamente mancava in questi primi dieci anni di carriera.
Proprio per questo sorge un dubbio: ma Charli XCX ha davvero tentato la strada averso l’Olimpo del pop o questo disco è stato solo una scusa, una sfida, un gioco per dimostrare a chiunque dentro e fuori dall’industria che lei è capace di fare qualsiasi cosa con il giocattolo del pop? Dopo due dischi, due mixtape e un EP di follie hyper-pop queer in cui, certamente, non ha raccolto quanto avrebbe meritato e quanto – sicuramente – ha sperato, Crash, più che un primo tentativo di fare il colpaccio, suona come una provocazione all’ambiente; dichiarare esplicitamente di fare un disco con intenzioni major sembra un esercizio di stile che urla: non avete ancora capito quanto sono brava? Certo, a nessuno piacciono le persone che sbattono in faccia la propria bravura così smaccatamente e di certo qualcuno si sentirà tradito e qualcun’altra non capirà questa scelta di Charli, ma quante nuove persone, grazie a quest’apertura e ai conseguenti giochi di algoritmi, partiranno da questi brani più semplici per trovarsi di fronte alle follie di dischi futuristici come Pop 2 o Charli, magari apprezzandoli, portando a una più grande libertà artistica nel breve futuro?
Ora per Charli XCX arriverà un nuovo contratto (o diventerà indipendente?), un nuovo inizio, un nuovo futuro. E siamo sicuri che ci stupirà ancora. Come? Troppo presto per dirlo. Nell’attesa Crash è un disco piacevole per un’attesa che speriamo possa portare a qualcosa di grandioso e innovativo. Con tutto quello che ci ha dato con gli ultimi lavori, Charli si è meritata la nostra fiducia.