Come le canzoni sono diventate meme | Rolling Stone Italia
Musica sgangherabile

Come le canzoni sono diventate meme

In un estratto dal libro ‘L’industria della canzone’, che ricostruisce in modo sistematico il ruolo narrativo, produttivo e simbolico della canzone, la trasformazione della “song” in uno “spreadable media” da far circolare il più possibile e con cui l’utente può interagire. Chi ci guadagna? E chi ci perde?

Come le canzoni sono diventate meme

Jain

Foto: Manu Fauque

Nell’estate 2023 la canzone più cercata su Shazam è un brano del 2015, Makeba, della cantante francese Jain, che viene anche riprodotta per oltre 125 milioni di volte su Spotify. Il motivo è il frammento “Ooohe, Makeba, Makeba ma qué bella / Can I get a oohe? / Makeba makes my body dance for you”, diventato un meme riprodotto miliardi di volte in brevi video, soprattutto balletti, su TikTok. Nel 2019, Old Town Road di Lil Nas X con un processo analogo è diventata una delle canzoni di maggior successo dell’anno.

Il termine “meme” indica una sorta di virus culturale: l’origine è nella genetica, un contenuto che si replica e si modifica attraverso, come scambi sociali, come spiegava Dawkins nel 1976 in The Selfish Gene. Già Umberto Eco nel 1984, nelle sue Sei passeggiate nei boschi narrativi e parlando dei film che diventavano di culto, sottolineava la dimensione della sgangheratezza, l’unione improbabile di elementi diversi, e della conseguente sghangherabilità, ovvero il fatto che lo stesso oggetto mediale fosse smontabile e rimontabile in modo tale da permettere ogni gioco d’interazione possibile da parte dell’utente. Oggi meme è una parola ombrello per ogni tipo di contenuto che si diffonde esponenzialmente: la sua popolarità ha suscitato anche un vivace dibattito che si è allontanato sempre più dalle origini genetiche del termine, criticandone per esempio la natura casuale insita nel riferimento alla viralità. Henry Jenkins parla di spreadable media, ovvero contenuti pensati per essere diffusi, in maniera non casuale ma coinvolgendo gli utenti come parte attiva del processo.

L’industria musicale e l’artista hanno un atteggiamento ambivalente nei confronti dell’applicazione di queste dinamiche: da un lato la canzone è pensata come spreadable media, da far circolare il più possibile, ma dall’altro c’è il timore della perdita di controllo dei diritti, e quindi di non riuscire a monetizzare la circolazione. Il caso di Harlem Shake di Baauer è esemplare: tra il 2012 e il 2013 diventa uno dei primi meme musicali, oggetto di rielaborazioni e sfide (challenge) su YouTube e Reddit; l’artista ha cercato comunque di ottenere forme di riconoscimento monetario dalle opere degli altri utenti, nonostante la canzone fosse già a sua volta un assemblaggio di materiali precedenti.

Il successo di TikTok ha reso questo meccanismo di diffusione contemporaneamente più semplice e più complesso: le canzoni sono pensate all’origine per essere sghangherabili, smontate e rimontate e trasformate in meme. Il social media fornisce all’utente diversi strumenti che permettono di manipolare il brano, alterando il tempo (le sped-up songs, le canzoni velocizzate), togliendo o aggiungendo parti vocali. In sostanza, le canzoni vengono remixate dall’utente-creator per adattarle ai video, potenzialmente fino a far scomparire la versione e l’artista-autore-interprete originale. La domanda che si fanno i discografici non è più “qual è il singolo da mandare in radio o in tv”, ma “qual è il cut?”, ovvero qual è il frammento audio della canzone da caricare su TikTok, la frase o la melodia che si pensa possa essere più adatta alla viralizzazione, a diventare un balletto o una challenge; spesso è lo stesso artista a pubblicare una versione accelerata della sua musica, nella speranza che sia il suo frammento originale a diventare virale, e non la versione creata da un utente.

C’è un elemento di continuità tra le canzoni-singolo per i media classici e le canzoni-meme per i social media: la necessità per industria e artista di mettere in atto una conversione, ovvero spostare l’ascolto verso uno spazio in cui possa generare un ritorno economico diretto per industria e artista. Una volta l’obiettivo era che un passaggio in radio o in tv portasse all’acquisto del singolo o dell’album, ora che la viralità sui social media si trasformi in ascolti sulle piattaforme. Si tratta di un processo non semplice: se i video con un frammento di Makeba su TikTok sono stati visti decine di miliardi di volte, gli stream sulle piattaforme si contano nelle centinaia di milioni. Sempre Makeba mostra infine un altro cambiamento: le canzoni diventano meme dal basso, a partire dagli utenti, a prescindere dalle strategie di promozione dell’industria. I social media rilanciano canzoni uscite anni prima, sconosciute alle nuove generazioni: il ruolo della discografia è di gestione del fenomeno, attraverso software che monitorano l’andamento del proprio catalogo sui social network, capendo in tempo reale se una canzone improvvisamente viene inserita in un numero maggiore di “creazioni” e sta per diventare virale.

La trasformazione delle canzoni in meme non è che la manifestazione, con nuovi strumenti, di un processo storico e organico della musica pop: un medium che funziona da vetrina per il lancio della canzone e dell’artista. Con la non trascurabile differenza che quello che una volta era uno spettatore passivo, oggi è un utente che ha i mezzi tecnologici per arrivare a prendere il posto dell’artista.

Da L’industria della canzone di Gianni Sibilla (Editori Laterza).

Altre notizie su:  Jain Lil Nas X