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Come sta andando il tour “pop up” di Jack White

È l’opposto degli eventi di massa annunciati con un anno d’anticipo. E pare sia un’esperienza strepitosa per i pochi fortunati che riescono a vederlo. Un po’ di video e impressioni

Foto: Scott Legato/Getty Images

«Ma quando annunci il tour?», chiedevano a Jack White fino a un paio di settimane fa. Lui però in tour c’era da un pezzo. Dopo aver pubblicato l’album No Name (qui la nostra recensione), ha messo assieme una band col bassista Dominic Davis, il tastierista Bobby Emmett e il batterista Patrick Keeler. Con loro s’è lanciato in una serie di concerti per lo più in piccoli locali negli Stati Uniti e annunciati con breve avviso. L’opposto dei grandi eventi che si tengono di fronte a decine di migliaia di persone e che spesso vengono lanciati con un anno e passa d’anticipo.

«Un sacco di gente chiede quando annunceremo le date del tour e non sappiamo che rispondere se non che il tour è partito dal Legion un paio di settimane fa», ha scritto White su Instagram nel presentare lo spirito del suo ultimo giro di concerti. «La gente dice che quello che facciamo sono “pop up shows”. Chiamateli come volete, il punto è che siamo già in tour e questi sono veri e propri concerti. Non annunceremo le date con grande anticipo, ci esibiremo per lo più nei club, in piccole feste e in qualche grande festival qua e là per pagarci le spese».

Alcuni concerti, continua, «decideremo di farli la mattina stessa». E poi, usando un’immagine che fa molto Jack White: «Voglio andare per frutteti e cogliere mele dagli alberi quando desidero e riempirmi la pancia se mi va. Voglio sentire quella brezza fresca, capite». In chiusura dello scritto firmato Johnny Guitar (Archibishop Harold Holm3s): «La musica è sacra».

Lo spirito è quello esemplificato da un un paio di video in cui White è alla guida del van con cui sta portando i suoi musicisti verso il soundcheck, ascoltando cumbia o hardcore.

Partito il 27 luglio da Nashville, il “pop up tour” di White ha toccato Georgia, Michigan, Washington DC, Pennsylvania, Ohio, con puntate in festival nella Corea del Sud, in Svezia, Norvegia e Danimarca. Poche sere fa hanno suonato a Ann Arbor in un posto da 400 persone, nella capitale si sono esibiti in tre diversi club in tre giorni consecutivi, a Detroit in una sala da 1000 spettatori, a Nashville da 600. I membri del Vault, la sottoscrizione della Third Man Records, l’etichetta e catena di negozi di dischi di White, hanno diritto di prelazione sui biglietti che vanno evidentemente esauriti subito.

In repertorio c’è un mix di pezzi tratti da No Name, da altri dischi solisti, dagli album dei White Stripes, dei Raconteurs e dei Dead Weather. Ogni tanto qualche cover blues come Stones in My Passway di Robert Johnson, I’m Your Hoochie Coochie Man di Willie Dixon, Evil Is Goin’ On di Howlin’ Wolf.

White ha anche suonato con gli Hentchmen (chi sono? È questo il punto) al Labor Day Festival di Hamtramck, Michigan, una festa di strada «gratis e per tutta la famiglia», come recita il manifesto. Gara di canoe a rotelle, un incontro di wrestling e poi la Dusty Rose Band (628 follower su Instagram) e Jack White.

La cosa curiosa è che, come riporta Consequence of Sound, negli show White si presenta come Johnny Guitar, l’alter ego con cui ha firmato il “manifesto” del tour. È un concerto rock molto diretto con riletture di alcuni pezzi orientate alla jam.

«Nel corso degli anni ho visto White in concerto in più occasioni e in varie incarnazioni: coi White Stripes, i Raconteurs, i Dead Weather e in varie versioni da solista», scrive Alex Young di Consequence che la scorsa settimana ha visto il musicista al 9:30 Club di Washington DC. «Non ha mai fatto un brutto concerto. Ma non l’ho mai visto più a suo agio e appagato come nei panni di Johnny Guitar. In un piccolo club gremito all’inverosimile solo da fan accaniti, si è liberato degli obblighi tipici di un grande tour».

Nel recensire lo show al Mr. Smalls Theatre di Millvale, Pennsylvania, TribLive parla di «fan rimasti fuori che offrono dai 250 ai 400 dollari per un biglietti e restano a bocca asciutta». Allo show presso la Saint Andrew’s Hall di Detroit («Ho visto un sacco di concerti qui, ma non ci avevo mai suonato», ha detto White dal palco) era presente la madre del musicista, Teresa Gillis, 93 anni, a cui ha dedicato Hotel Yorba.

«Devo far attenzione a suonare questo pezzo perché l’ultima volta che l’ho fatto a Detroit mi sono ritrovato sposato», ha detto White prima di Hotel Yorba, facendo riferimento alla proposta di matrimonio fatta a Olivia Jean sul palco del Masonic Temple Theatre nel 2022.

Quanto andrà avanti il tour pop up? Finché Jack White ne avrà voglia. Magari è già finito, magari domani annuncerà nuove date, magari farà un tour più tradizionale.

Intanto, «per pagarci le spese», come scriveva due settimane fa nel suo messaggio, White e i suoi si sono esibiti anche in alcuni festival. Qui sotto quello in Svezia.

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