Cosa ci è piaciuto dell’Ortigia Sound 2024 | Rolling Stone Italia
SUMMER FESTIVAL

Cosa ci è piaciuto dell’Ortigia Sound 2024

A pochi giorni dalla chiusura del festival siracusano, abbiamo ancora i piedi stanchi per quanto ballato. Ma a colpirci anche la resistenza e la sempre presente comunità di Ortigia

Cosa ci è piaciuto dell’Ortigia Sound 2024

Foto: Giacomo De Caro

A pochi giorni dalla fine dell’Ortigia Sound quello che rimane è la nostalgia. In realtà si inizia già a sentire sull’isola all’ultimo giorno del festival, la domenica, quando parte del pubblico festivaliero comincia una lenta migrazione al di là dei due ponti che collegano l’isola al centro di Siracusa. E poi nei giorni successivi, pensando a quello strano clima comunitario di facce più o meno conosciute durante la quattro giorni, non fa che aumentare.

Essere sull’isola durante l’Ortigia Sound è un’esperienza particolare. Da un lato c’è l’isola, coi suoi abitanti, dall’altra i turisti – spesso stranieri – venuti qui a scoprire la bellezza del luogo. E poi ci sono loro, quelli del festival, ventenni e trentenni con le Teva, le Crocs, le Salomon, marsupi e tote bag (di università, festival, cause sociali varie). Immancabili, che sia giorno o notte, gli occhiali da sole, spesso velocissimi. Queste tre realtà umane condividendo un luogo in cui si ritrovano spesso a stretto contato si mischiano, si parlano, si conoscono, sempre con un certo rispetto e un’apertura reciproca. In fondo il sole scalda e in ogni luogo c’è musica. Spesso, spessissimo, dj set.

In un contesto così fortunato e prolifico, l’Ortigia Sound cerca la sua dimensione. Da una parte – vista la line-up di artisti conosciuti soprattutto nel mondo clubbing (David August, Verraco, Bitter Babe, Objekt, Upsammy, Donato Dozzy) – l’idea è quella di posizionarsi nella geografia estiva come un festival danzereccio europeo, dall’altra è quella di proporsi come boutique festival in una location magnifica. Un festival che è anche un endurance, con musica a qualsiasi ora del giorno e della notte, un ritmo costante (anzi, vari ritmi, dalla techno alle nuove sonorità latine), così a terra così nelle barche sul mare. Il risultato è una giostra di balli, con i suoi pro e contro (fare un festival in Italia rimane un atto di resistenza cieca), un appuntamento clou dell’estate dei festival italiani.

Foto: Giacomo De Caro

Ballare senza sosta

Boat Party a Ortigia Sound. Foto: Giacomo De Caro

Anapo Stage. Foto: Stefano Mattea

Si parte la mattina dal Lido (che prosegue fino a aperitivo), si continua di giorno con i boat party, poi fino alle 2 al main stage e ancora fino alle 7.30 all’after oramai ufficializzato come second stage. L’ultimo giorno, oltretutto, un ulteriore after dell’after in barca, alle 6 del mattino, per vedere l’alba. Lasciato un filo indietro il mondo dei concerti in favore dei dj set, l’Ortigia Sound si è dimostrato la casa ideale per chi doveva sgranchirsi le gambe e scrollarsi via di dosso 12 mesi di lavoro e ufficio. Immaginiamo i contapassi degli smartphone impazzati.

Sempre e comunque resistenza

Foto: Stefano Mattea

Il lido. Foto: Claudiu Asmarandei

Utilizziamo il termine resistenza, e non l’abusatissimo resilienza, perché organizzare un festival in Italia oggi è un atto politico, e quindi di resistenza. Culturale e non solo. Se l’anno scorso le principali difficoltà erano state causate dall’incendio (probabilmente doloso) all’aeroporto di Catania, per questa edizione gli ostacoli burocratici e politici hanno colpito la parte organizzativa (il main stage che dal castello Maniace si è dovuto trasferire alle porte dell’isola, i permessi non concessi last minute per il parco archeologico). L’Ortigia Sound però ha tenuto duro, lavorato a piani b e risposto sul campo, valorizzando l’after e le altre attività circostanti (talk, performance, boat party).

L’importanza della comunità isolana

Ortigia. Foto: Stefano Mattea

Ex Convento. Foto: Stefano Mattea

L’Ortigia Sound ha dalla sua qualcosa che, probabilmente, nessun altro festival in Italia può vantare: un ecosistema unico di luoghi, persone e addetti ai lavori presenti nel territorio. La piccola isola di Siracusa è infatti viva e responsiva, aperta a collaborare e ad accogliere il pubblico (straniero e non) che ogni anno atterra per i giorni del festival. Il vostro paradiso è la nostra casa, recita uno slogan locale. E quando queste due visioni – paradiso e casa – trovano incontro, nasce la magia.

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