Tony Banks, Mr. Genesis in persona, ha messo mano agli archivi del gruppo e ha lavorato alla scelta dei brani del più volte rimandato box set che racchiude le BBC session della band, svoltesi in un arco di tempo che va dal 1970 al 1988. Ovvero da quando i Genesis suonavano per dieci persone nei pub di provincia fino ad arrivare ai sold out in enormi arene.
Con tutti i componenti e i membri aggiuntivi che si sono succeduti nel corso del tempo, in particolare è la prima volta che nello stesso progetto discografico è possibile trovare raggruppate le voci di Peter Gabriel, Phil Collins e Ray Wilson. E BBC Broadcasts è un bel viaggio considerato che si parte con le atmosfere bucoliche del periodo pre Trespass e si finisce con l’ultra-pop di I Can’t Dance, due estremi pazzeschi, un cambiamento così radicale che nessun altra band ha mai messo in atto. In mezzo c’è un universo intero, e ancora ci si chiede come possano essere farina della stessa entità musicale cose come Watcher of The Skies e Invisible Touch.
Ascoltando di seguito ci si potrà però rendere conto di come sia avvenuta questa evoluzione (per moltissimi una involuzione), si passerà dall’ascoltare le loro composizioni vestite con mille bellissimi arzigogoli e poi farsi sempre più nude, essenziali. Da tutti i punti di vista. E ci si chiederà perché questo è avvenuto? La migliore risposta forse può darla solo Franco Battiato: «Solo gli scemi non cambiano mai».
Ecco cinque cose che l’ascolto di BBC Broadcasts evidenzia e che vale la pena sottolineare.
Esiste un anello di congiunzione tra From Genesis to Revelation e Trespass
I primi tre brani del box set (già apparsi in altre sedi, ma qui dal suono migliorato) danno la possibilità di capire cosa è successo nel lasso di tempo che separa i primi due album del gruppo. Molti si chiedono tutt’ora come sia stato possibile un salto così ampio tra il pop acerbo di From Genesis to Revelation e il sound già formato di Trespass. La risposta è in questi brani registrati durante una puntata di Night Ride nel 1970: Shepherd, Pacidy e Let Us Now Make Love sono il perfetto mix tra i due album, con dolci e bucoliche melodie che però si ampliano in strutture inaspettate. Evidentemente ritenuti poco a fuoco, la band decide di non inciderli e si concentra su materiale nuovo. Peccato perché in particolare l’inno Let Us Now Make Love, composto da Anthony Phillips, sembra già pronto per Trespass e fosse stato lanciato a dovere si sarebbe rivelato una sicura hit. Chissà cosa sarebbe successo a quel punto.
I Genesis riproponevano in modo maniacale le versioni incise in studio
I Genesis dal vivo erano altamente pignoli. Non mettevano nemmeno il naso fuori dalla sala prove se tutto il materiale che avrebbero proposto live non suonava come su disco. Ogni passaggio andava rispettato, ogni arrangiamento andava udito, non esisteva la possibilità di cambiare delle parti, stravolgere o inserire momenti di improvvisazione. La band si concentrava su ogni dettaglio e lo riportava così come lo aveva inciso. Se ciò da una parte poteva prestare il fianco alle critiche di chi li considerava freddi e riservava ben poche sorprese, dall’altra era ammirevole il lavoro certosino che veniva svolto. Ci avrebbero pensato poi i travestimenti di Peter Gabriel, la simpatia di Phil Collins, i light show e tutto il resto a rendere unico ogni evento.
Dal vivo, i Genesis di Collins spaccavano più di quelli di Gabriel
Si dice sempre che i Genesis con Peter Gabriel erano un’altra cos rispetto a quelli con Phil Collins, vuoi mettere Invisible Touch con Foxtrot. È vero che la creatività e le peculiarità del periodo gabrieliano sono state uniche ma dal vivo, a partire dal 1977, si è potuto assistere a un vero cambio di marcia, con una grinta prima assente. Ascoltare per credere gli estratti da Knebworth 1978 e Lyceum 1980: qui i Genesis fanno letteralmente faville, con le due batterie a dare una botta non da poco e gli altri belli sicuri di sé e pieni di energia. L’attenzione per riproporre le finezze dei dischi è sempre alta, ma c’è un sacco di testosterone in più. È un’esperienza esaltante.
Ray Wilson era un gran cantante
Ray Wilson è stato proprio sfigato. A metà ’90 molla una band grunge-pop di belle speranze come gli Stiltskin (reduci dal successo di Inside, la canzone dello spot della Levi’s) per raggiungere i Genesis orfani di Phil Collins. Realizza con loro l’ottimo Calling All Stations, si imbarca in un tour e alla fine gli viene dato un bel calcio nel sedere. Un vero peccato, il ragazzo era dotato di una voce stupenda, era un Gabriel ancora più caldo e potente. Se avessero continuato a lavorare insieme chissà quante ottime cose sarebbero uscite. Ma Banks e Rutherford senza Collins erano perduti. Rimangono quel disco in studio e, bontà dei due despoti, due brani in questo box nei quali Wilson dimostra tutte le sue capacità. Oggi Ray Wilson suona 365 giorni all’anno nei pub tedeschi e dell’Europa dell’est, tira a campare proponendo pezzi suoi e cover della band che l’ha trattato in malo modo. Avrebbe meritato di meglio.
I Genesis sono il gruppo più avaro del rock
Pensiamo ai Pink Floyd e a tutto il ben di Dio che hanno sparso negli ultimi anni tra deluxe, rimasterizzazioni, remix, inediti, live. I Genesis invece gestiscono il loro catalogo in maniera più parca che mai. Ogni tanto esce la solita compliation e ora il miracolo di questo box. Stop. Chiaro che non bisogna pubblicare l’impubblicabile, ma c’è una via di mezzo. Da anni si parla di un progetto per immettere sul mercato una serie di concerti di tutte le epoche. Che fine ha fatto la cosa? Boh. Inediti? Non ce ne sono più. Alternate tracks? Non esistono. Nuovi dischi? Manco a parlarne. E quindi? Vogliamo farli contenti questi fan, rovistare negli archivi e studiare una serie di operazioni che rendano giustizia alla storia del gruppo? Mr. Genesis, mi sente?