Alzi la mano chi avrebbe scommesso un euro su un disco firmato da Francesco De Gregori e Checco Zalone. Fino a poco tempo fa un progetto del genere sarebbe stato al massimo un argomento buono per i meme o per i sognatori. Invece è successo, con tanto di canzone inedita contenuta in Pastiche, che uscirà domani e conta 15 brani che sono un «omaggio alla canzone italiana», come dicono loro, con alcuni dei pezzi più noti dei due, da Rimmel a La Prima Repubblica (con citazione di Viva l’Italia), oltre a quelli di autori come Paolo Conte, Pino Daniele e Antonello Venditti.
Nel pomeriggio il disco è stato presentato alla Santeria di Milano. Tra un welcome coffee e uno showcase affollatissimo (vietato registrare video) abbiamo scoperto cosa ha spinto De Gregori e Zalone a unirsi in questo lavoro basato su pianoforte e voce (con l’accompagnamento dalla band del cantautore e l’aggiunta di Gabriele Evangelista al basso, Massimiliano Filiosi al sax tenore e al baritono, Sergio Vitale alla tromba).
De Gregori, che aveva ammesso di avere il solo rimpianto di «non avere mai scritto una canzone veramente semplice», sembra essersi tolto anche l’ultima soddisfazione con Giusto o sbagliato, l’inedito su quanto è difficile stabilire con chiarezza, nella vita di tutti i giorni, cosa sia giusto e cosa no. «Ha aggiunto due note e preteso di firmarlo», ha scherzato ridendo con l’attore, che con l’operazione ha guadagnato punti reputazionali: un conto è ospitare o essere ospitato da De Gregori a uno spettacolo, un altro è stare chiusi in studio a creare un album a quattro mani. «Cosa ci siamo dati l’un l’altro? A livello economico niente. Ma è una soddisfazione suonare con il più grande, l’ultimo dei cantautori». De Gregori, scherzando: «Adesso basta con il cinema, ora arrivano i soldi veri».
A chi chiede perché due artisti tanto diversi abbiano sentito l’esigenza di realizzare qualcosa insieme, i due hanno risposto con semplicità e qualche battuta. Zalone: «Francesco è uno dei pochi amici che ho nel mondo dello spettacolo, spesso vado a casa sua e cucina una cacio e pepe strepitosa. E mentre lo fa, vado in salotto dove ha uno Steinway bellissimo che naturalmente nessuno ha suonato così bene come me. Mentre suonavo mi blandiva, mi faceva i complimenti e alla fine abbiamo fatto una marachella». De Gregori: «Sono sempre stato un fan del Checco autore cinematografico, siamo amici da molti anni e non vedevo l’ora di averlo accanto come musicista in questa strana e bellissima avventura. Lo abbiamo fatto per testimoniare questo rapporto, ma anche per il pubblico». In quanto al titolo, «è una parola antica per canzoni antiche, che contengono una contaminazione tra generi e stili diversi».
Che il disco sia nato da un rapporto unico tra i due è stato testimoniato anche dall’esibizione live senza alcuna formalità, con momenti ironici e prese in giro reciproche, con Checco concentratissimo nei panni del pianista jazz e De Gregori a tratti ispiratissimo, altri talmente rilassato da dimenticarsi il testo di Pittori della domenica di Conte. Hanno poi riproposto altre canzoni contenute nell’album, tra cui Buonanotte fiorellino e Rimmel di De Gregori e Alejandro di Zalone. Ma il vero show è stato durante la conferenza stampa. Anche per sfuggire a domande che non riguardavano la musica, Zalone ha stimolato il cantautore a intonare Generale in inglese (visto che l’ha tradotta, ma mai pubblicata) e alla fine l’hanno cantata in stile Vasco Rossi, con tutti gli “eeehh” del caso. Quando De Gregori ha detto che aveva reso il titolo con Field Commander, Zalone ha aggiunto che «c’è l’ha tradotto meglio con il termine Vannacci».
«Erano tanti anni che non pensavo di scrivere una canzone per essere pubblicata, avevo perso l’ispirazione», ha ammesso De Gregori parlando brevemente con Rolling. «Ma è meglio che sia tornato a pubblicare quando avevo qualcosa da dire, invece di farlo tanto per fare». Visto che la loro prima uscita pubblica, qualche anno fa, era stata a Bari quando Zalone trasformò La donna cannone in una neomelodica Non dirgli mai, li abbiamo provocati: il prossimo progetto potrebbe essere un trio insieme a Gigi D’Alessio? «Con Gigi? Perché no? Mai dire mai», ha risposto il cantautore, con Zalone letteralmente estasiato: «Per me sarebbe la chiusura di un cerchio».
Altre curiosità. Giusto o sbagliato rimanda a My Way? «Dopo aver tradotto Bob Dylan», ha spiegato De Gregori, «ci ho provato con questo brano, ma in italiano non suonava. Così ho attinto a quello, ma ho scritto un’altra canzone. Sono arrivato a un’età in cui è giusto fare un bilancio». La copertina del disco si rifà dichiaratamente a quella di Carosello Carosone n. 2. «Come quello volevamo un disco pianistico e ilare. Nasce dalla voglia di confrontare la mia voce con la tecnica pianistica di Checco. Ci siamo incontrati per fare musica e questo è il risultato». E Zalone: «So che posso deludere senza far ridere, però il gioco tra noi era questo».
I complimenti tra i due sono apparsi più che sinceri. «L’ho amato dal primo film, con quel suo sguardo innocente e dolce sulle creature umane. E come musicista è istintivo e affettuoso, cura la musica come qualcosa che ama», dice uno. E l’altro: «Gli artisti dopo i 60 anni diventano livorosi, invece io non ho mai sentito Francesco parlare male della trap o della musica contemporanea, anzi smitizza molto di più sé stesso e i suoi colleghi. Trovo che abbia una totale assenza retorica ma un profondo senso etico».
Ora li aspettano due concerti: il 5 e il 9 giugno alle Terme di Caracalla a Roma. Per il momento non è previsto un tour. «Preferiamo una toccata e fuga. Ogni tanto alla gente bisogna saper dire di no, altrimenti è un suicidio», ha tagliato corto De Gregori, che ha rivelato che in scaletta ci sarà anche Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano, che entrambi apprezzano e che per puro caso non è finita in Pastiche. Non ci è finita neanche una canzone che i due hanno fatto durante lo showcase, I uomini sessuali. Nel disco non c’è perché, come dice Zalone, «i classici non si toccano».